Ieri concerto di Stefano Bollani. Ho capito una cosa. Divertimento e struggimento. Note e istrionismo. Il pianoforte (solo) suonato come una batteria o come il corpo amato. Il pianoforte suonato come pianoforte. Ne è valsa la pena. Anche del freddo e della fila. Riempire la sala grande dell’Auditorium è stata impresa. Segno di stima e passaparola. E io la ripasso. Andateci appena vi capita. Non vi tolgo la sorpresa di andarci e scoprire che, e scoprire come. Andate appena potete. Nella sbornia dei riconoscimenti contemporanei… non capita a tutti, fra un po’ ne parliamo… ma l’importante che capita, anche tardivi e postumi purché arrivino… Dicevo… ho capito una cosa: che il talento, quello forgiato dallo studio duro, non fa sconti, non cerca scorciatoie e che solo la mediocrità insegue parole dolci, pacche e sorrisi. Solo la sicurezza di uno sforzo continuo e al limite della (im)possibilità dà la sicurezza del lavoro e anche la sana gloria personale, quella non frutto di egotismo.
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