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 Il letto di Nadia... di Carvelli
 
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“Cos’è questa? Tristezza? Chissà, forse./ Un motivo che conosco a memoria./ Che sempre si ripete. E sia./ Che continui così./ E risuoni anche nell’ora estrema,/ come la gratitudine degli occhi/ e delle labbra per ciò che qualche volta/ ci costringe a guardare lontano./ E fissando in silenzio il soffitto,/ perché visibilmente la calza resta vuota,/ capirai che tanta avarizia è solo indizio/ del diventare vecchio./ È tardi ormai per credere ai prodigi./ E sollevando lo sguardo al firmamento/ scoprirai sul momento che proprio tu/ sei un dono sincero.”

Josif Brodskij
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Carvelli (del 03/09/2007 @ 09:21:08, in diario, linkato 1185 volte)

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Su Queer, inserto culturale domenicale di Liberazione, recensione-intervista di Barbara Romagnoli su La rivoluzione spiegata alle commesse. La leggete qui in versione grafica e di seguito in versione testuale. 

Bad boy Bebo, commesso in una merceria e aspirante rivoluzionario, è tornato a farci visita in libreria

B ad boy Bebo, commesso in una merceria e aspirante rivoluzionario, è tornato a farci visita in libreria. Dopo cinque anni dall'uscita di Bebo e altri ribelli (Nonluoghi, 2002), Roberto Carvelli, scrittore e giornalista romano, ha ripreso in mano il suo piccolo eroe di periferia per vedere come si finisce a voler spiegare la rivoluzione a tutti, commesse di via del Corso comprese. Il risultato è un altro bel libro che riprende il titolo dal sottotitolo del precedente ( La rivoluzione spiegata alle commesse ), non proprio romanzo e neanche solo racconti brevi, ma tante narrazioni che si incrociano tra realtà e desideri spesso non realizzati. Una scrittura godibile, lucida e ironica, dissacrante in poche battute e molto divertente nel raffigurare alcune manie mediatiche del nostro tempo. Qui a piangere sangue non sono Madonne ma i nani di Biancaneve che ancora non son stati liberati dal giardino di Zagalot.
«Bebo mi è subito venuto in mente come un serial hero. Non un killer ma un personaggetto - uso il diminutivo-vezzeggiativo per prendere immediatamente le distanze dal superomismo che accompagna sovente le figure eroiche nei libri - fuori dal comune e per questo speciale. Il seguito quindi era atteso prima di tutto da me che volevo sapere dove e come andava a finire un eroe per quanto piccolo dei nostri giorni». Così Carvelli spiega il ritorno di questo giovane che vive in una delle tante periferie romane, una Torreverde che non esiste sulle mappe della città ma nei connotati e nelle caratteristiche dei personaggi che la abitano e che rispecchiano il "cuore" di possibili quartieri della capitale.
«In anni lontani annunciai subito il seguito del libro attraverso un casting letterario che interpellava precari e "eroi" simili a lui - continua Carvelli -, ma il tempo mi ha sopravanzato e sono esplose le narrazioni sul precariato. Tuttavia le pagine "un po' più disilluse" del seguito del libro sono il frutto di quelle conversazioni, di quelle mail, di quella ricerca».
Accanto ai noti compagni del nostro eroe (Zagalot, Stinchi Pirinchi, Doctor You), personaggi improbabili eppure così genuini nella loro quotidianità metropolitana, il mondo di Bebo si popola di altri corpi in cerca di lavoro, forse anche di un po' di amore e di pace se non è troppo "sovversivo" pensarlo. Babbi Natale che lavorano due giorni e diventano quasi ricchi con poco, precari flexotranquilli che come Giada preferiscono non avere la certezza di un contratto e se la godono nel ricominciare sempre da capo. C'è chi ce la fa e chi no, di certo la rivoluzione a cui pensavano Bebo e i suoi amici viaggiando verso la Liguria sembra fallita davvero; c'è chi è finito in carcere e chi come Bebo in esilio volontario. Il ritorno è in incognito, Bebo non è più ben voluto, approfitta della notte per andare nuovamente a Torreverde e fatica a ritrovarsi nel suo vecchio mondo. Che peccato, per chi come lui è sempre stato dell'idea «molto pratica, non teorica, badate bene, che senza la gioia di tutti nessuno può essere felice». Evidentemente non la pensano tutti così e in molti non hanno né voglia né passione da dedicare alla rivoluzione.
Mentre per Bebo «la passione è un po' tutto», o almeno lo era. Un sentimento che lo spingeva a parlare con i simpatici avventori del Bar Libano, a ragionare con il suo amico avvocato intellettuale, a scribacchiare in giro per la città un'antologia del dissenso che poi diventa storia orale e resta impressa nelle teste più di tanti programmi politici. Uno slogan per tutti, di quelli riportati nel testo e nella fantasia attribuito al nostro Bebo, è «Lasciamo vivere gli abeti, coloriamo le suore», sicuramente più anticlericale del «manipolo di tipi umani dal nevrotico al maniaco depressivo al paranoico al narciso» che pilotano le rivolte universitarie. Bebo non ha dubbi, a loro preferisce le commesse, considerando che «il mondo dei contestatori è pieno di coglioni».
Alla fine della storia - «non è facile uscire bene dalle storie, belle o brutte che siano» - Bebo ci appare un po' spaesato, perso nella contemporaneità "di televisioni satellitari", stufo del disfarsi della politica in "extutto". Di sicuro non andrebbe alle primarie del partito Democratico o di chissà quale altro. Carvelli si chiede «se voterebbe ancora» o «se scapperebbe, andando in un altrove più agreste o occidentale. Se intraprenderebbe un viaggio senza ritorno a caccia di origini e di italianità di primo esodo». Chissà, il futuro è aperto anche se c'è disillusione in giro. «Ci sono attese deluse e grandi questioni irrisolte. Ripeterle ci farebbe solo del male, mentre può fare del bene pensare che se anche qualcuno prima di noi o attorno a noi ha sbagliato forse noi possiamo evitare di ripetere quegli errori e chiedere a chi per noi di non ricaderci». Conclude Carvelli: «la domanda è se tutto questo possa e debba ancora passare per organizzazioni o organismi che quegli errori hanno contenuto. Nel dubbio penso che bisogna fare. Ogni giorno».

Roberto Carvelli
"La rivoluzione spiegata alle commesse"
Coniglio Editore
pp. 212, euro 13



02/09/2007

Nell'intervista faccio riferimento al progetto del seguito di Bebo, il casting letterario dei precari di cui parlo in questa intervista a Francesca De Sanctis su l'Unità del 22 febbraio del 2003 e  di cui scriveva criticamente Roberto Carnero su l'Avvenire negli stessi giorni.

AGITATORI E PRECARI, RACCONTATE LE VOSTRE STORIE… ENTRERETE IN UN ROMANZO Siete dei precari? Vi considerate degli agitatori? Avete voglia di raccontare la vostra storia? E di diventare protagonisti di un romanzo? Se avete risposto sì a tutte queste domande, allora esiste un progetto che circola in rete fatto apposta per voi: un “Casting letterario”. L’idea è di Roberto Carvelli, giovane scrittore alle prese con il seguito del suo primo romanzo: Bebo e altri ribelli. La rivoluzione spiegata alle commesse (Nonluoghi libere edizioni). Cosa c’entra con il casting? C’entra eccome, perché il progetto lanciato sul sito www.nonluoghi.org potrà considerarsi concluso quando sarà pubblicato il seguito delle avventure di Bad Boy Bebo, previsto per la fine del 2003. Ma andiamo con ordine. Il sito di Nonluoghi libere edizioni sta raccogliendo le storie, scritti di persone che poi diventeranno i personaggi di una sezione del libro: “Precari ed Agitatori”. Perché un casting letterario si può fare, soprattutto se l’intenzione è quella di “confrontarsi con il reale, creare un romanzo civile”, spiega Roberto Carvelli. Così saranno le storie di precariato, di sopraffazione nel mondo del lavoro e di mobbing a popolare il prossimo libro di Carvelli. Nel frattempo, ci spiega l’autore, il casting procede: “Le storie possono essere inviate all’indirizzo di posta elettronica Roberto@carvelli.it . Poi ci sarò io stesso ad informare il pubblico su come procede il lavoro raccontando le storie dalle trasmissioni di Radio K Centrale, a Bologna”. “La particolarità del progetto – continua Roberto – sta nel documentare tutto chiaramente. L’invito è quello di creare una sorta di girone infernale di persone che cercano di reagire. Ci sono tante storie da raccontare. Posso citare l’esempio di un gruppo di persone che alle porte di Roma ha iniziato a coltivare spontaneamente delle terre abbandonate, oppure il caso di una persona che ha cambiato otto lavori nel giro di poco tempo (da segretaria a commessa, dal supermercato all’azienda Ducati), o ancora l’esperienza della comunità di Monte Peglia (nella Marche) che vive alla stato naturale”. Chiaramente il casting letterario diventerà solo una sezione del libro. Ci sarà, infatti, una trama e un protagonista che rimane Bebo. Nel primo volume lo abbiamo lasciato mentre scriveva letere al Doctor, arrestato per banda armata dopo la manifestazione: Bebo è un giovane disilluso, offeso dalla politica e dalla storia, un ragazzo in fuga dal presente ma con un forte sentimento di ribellione, agitazione mal espressa che trova una guida, un Maestro, il Doctor, in una borgata alle porte di Roma. Nel seguito, che è ancora in formazione, Bebo dopo la marcia finale e dopo aver perso il Doctor, inizia a cercare persone precarie ed agitatori, altri esempi di identità rivoluzionaria”. Nel romanzo ci sarà anche la sezione “Storie di nomadismo sentimentale”, dove gli agitatori sono le coppie mascherate che si fanno riprendere dalle telecamere delle banche mentre fanno l’amore. Lo scopo di tutto questo? Ce lo dice Carvelli: “Voglio creare un romanzo civile: troppo spesso nella narrativa mancano personaggi veri, marchi autentici”. Francesca De Sanctis – l’Unità – 22 febbraio 2003 

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Di Carvelli (del 03/09/2007 @ 13:32:50, in diario, linkato 830 volte)

LA RIVOLUZIONE SPIEGATA ALLE COMMESSE

La divertente vita di un ribelle

Chi è Bebo? Chi è questo strano rivoluzionario che si aggira a Torreverde, una delle tante periferie che galleggiano attorno ai nostri centri urbani? Un millantatore? Un agitatore? Un sognatore? E come pensa di mettere in moto la sua rivoluzione: seducendo commesse di improbabili mercerie, o trascorrendo oziose ore al Bar Libano? Forse Bebo ha un suo piano recondito, una sua trama gentile, un suo progetto sentimentale. Forse Bebo ci assomiglia, forse i suoi piani ci appartengono; forse il cielo al quale tenta l’assalto, è il nostro stesso cielo. Insomma, ecco la storia di un ribelle, o aspirante tale, raccontata con umorismo e ironia.

Stefano Clerici - Scaffale Romano - la Repubblica-Roma 3.09.07

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Di Carvelli (del 04/09/2007 @ 14:47:58, in diario, linkato 853 volte)
Sarà perché alle volte ci sono parole che suonano bene anche se significano male (o malamente). Millantatore è una di queste. Sarà perché sembra che ci sia dentro mille. O forse è solo il suono delle due elle ma pare allegra. Forse succede il contrario, pure. E così per le persone succede. Sembrano male e invece... C'è una fisiognomica delle lettere?
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Di Carvelli (del 05/09/2007 @ 12:54:03, in diario, linkato 807 volte)
"Un terremoto, una frana, una valanga soverchiano l'uomo incidentalmente, per così dire senza passione. La furia dell'uragano invece lo attacca come un nemico personale, cerca di afferrargli le membra, gli s'abbarbica alla mente, tenta di sradicare da lui perfino l'anima". Questo è Joseph Conrad in TIFONE. E questa è stata la mia notte, un po' meno uragano ma molto vento. Molto. In piena notte. To be continued
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Di Carvelli (del 05/09/2007 @ 14:35:23, in diario, linkato 862 volte)
L'altro giorno sentivo i risultati di una raccolta fondi tsunami. Di straordinaria generosità. Soprattutto paragonata ad una per i bambini del Libano. Perché? - e ci siamo fatti molte domande. Io mi sono risposto - senza citare Conrad - che è più facile essere generosi contro la Natura (contro la forza uniforme ed equidistante della Natura) che contro l'uomo (e la sua opera con o contro Natura e a vantaggio proprio). Il disastro della guerra, delle fazioni inibiscono le mani ai portafogli. Forse.
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Di Carvelli (del 06/09/2007 @ 13:49:52, in diario, linkato 839 volte)
Tutti i libri che hai letto a cosa ti sono serviti? Tutta la tua libreria, la cultura, gli studi? A che cosa ti servono le cose che sai? A chi è utile la tua erudizione? Le cose che pensi e quelle che dici cambieranno la vita a qualcuno?
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Di Carvelli (del 06/09/2007 @ 16:40:05, in diario, linkato 1236 volte)

A Karen

di Franz Krauspenhaar

Mia cara,
fino a pochi giorni fa non sapevo nemmeno chi tu fossi. In un pomeriggio di agosto, nel marasma di una vita sempre indietro e in ritardo, nella ricerca di qualcosa che allontanasse per un poco la grigia noia, ho visto un film porno, Fuga dall’Albania, nel quale apparivi proprio tu. Facevi la parte di una giovane che lascia clandestinamente quel paese per sfuggire alle violenze del padre, finisce in Italia e qui diventa una prostituta per gente ricca e influente. Ecco, di albanese e di slavo non avevi proprio niente, così che pensai tu dovessi essere di un altro paese d’ Europa, molto più occidentale. Il tuo viso dai tratti raffinati e dai colori scuri mi fece subito pensare alla cugina Francia. Quando alla fine del film vidi scritto il tuo bel nome, Karen Lancaume, ne fui certo senza controlli, eri francese. Non eri proprio una delle solite facce magiare o ceche, belle ma plastificate, che circolano a tonnellate nel porno d’ogni provenienza e ordine e grado. Eri un bel corpo estraneo. Bella di una bellezza ben diversa. Karen Bach, o Angel Paris, o Carene Lancome, o Karen Lancom, insomma sempre tu con tanti nomi diversi ma tra loro simili, e in trenta film, ho saputo poi, su internet - che ogni volta che un volto d’attore o l’intelligenza di uno scrittore o di un regista mi colpiscono m’informo, affamato di vita e di vite come sono – e ragazza di Lione, della buona borghesia, vissuta spesso in campagna. Che si sposa presto con un dj e sempre presto si divide. Che si dà al porno per pagare i troppi debiti. Bum. Una vita buttata in pasto ai cani dalla bava lunga, sporchi, cattivi. Eri un corpo estraneo. Con quel viso di una dolcezza disperata; e il corpo certo lo avevi bello, ma come mille altri corpi di quell’ambiente, dove è il mezzo di sussistenza dell’essere. Così, quando ho letto su Wikipedia che eri morta – nata nel gennaio del 73, morta a Parigi nel gennaio del 2005 – sono rimasto molto male, colpito duro, sì. Eri morta a 32 anni appena, giovane e per me molto bella, e anche se avevi lasciato quei mattatoi a luci rosse e adesso non sapevi bene più che fare, in fondo eri sempre giovane e avresti potuto rifarti bene, la tua grande partita in fondo era solo iniziata. Nel 2000, col tuo vero nome di Karin Bach, avevi partecipato a quel film “normale”, Baise-moi, che aveva anche avuto successo. E forse avresti potuto tentare persino strade molto alternative a quella del cinema - che comunque tu avevi studiato, da ragazza, comunicazione. Ma insomma, difficile entrare nella vita di chi ha scelto il suicidio per terminarla, come tu avevi fatto. Sonnifero in una dose ingente, in un  weekend a casa di amici, in pieno inverno, a Parigi, tutta sola. Hai detto infine basta al cinema del mondo, a questo spettacolo mortale, anche alla speranza che è davvero alla portata di tutti, inclusi i moribondi. Tu hai detto un enorme no, dolce, splendida Karen. Hai preferito chiudere nel sonno più profondo, hai voluto cadere nel sonno del sempre, di prima che tu nascessi, nel sonno prenatale. Sei tornata ad essere stella dopo la caduta. Tu, tesoro, non ce l’hai fatta a sopportare il tuo obbrobrio di fronte alla grandezza della tua stessa vita. E’questo.

www.nazioneindiana.com

 

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Di Carvelli (del 07/09/2007 @ 09:42:28, in diario, linkato 814 volte)

"E' tutto qui?" ha chiesto
"Sì, è tutto qui".

Alba su Parise. Su Amore, primo racconto dei Sillabari. Alba su questa canzone di Cristina Donà.
iL RACCONTO FINISCE COSì:
"Invece erano passati solo pochi mesi ma il sentimento che lui e la giovane signora avevano provato (e qui descritto) era tale che essi, senza volerlo e senza saperlo, avevano vissuto e disperso nell'aria in così poco tempo alcuni anni della loro vita".

Alba su un'idea fissa:
non si può desiderare insieme di SALVARSI, ESSERE SALVATI e SALVARE.

"E' tutto qui?" ha chiesto
"Sì, è tutto qui".

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Di Carvelli (del 10/09/2007 @ 10:00:59, in diario, linkato 916 volte)
Tante volte la salute è meno importante di quello che sembri. Contrariamente all'adagio. Tante volte almeno la salute del corpo e dello spirito si piegano sotto i colpi necessari di uno stare bene più immediato, con gradini di accesso brevi e uscite rigorose ma secche anche queste. Il bene è semplice. Persino i discorsi della salute alle volte sembrano pleonastici, ridondanti e barocchi rispetto all'immediatezza di quello che ci rende realmente e concretamente felici.
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Di Carvelli (del 10/09/2007 @ 16:04:32, in diario, linkato 2080 volte)

Rivedendo BACI RUBATI di Truffaut.

Quando si racconta l'aneddoto della differenza tra tatto ed educazione. Avete presente? Un uomo sorprende e scopre una donna svestita in un camerino "scusi signora" dice. Questa è educazione. Un uomo sorprende e scopre una donna svestita in un camerino "scusi signore" dice. Questo è tatto. Questo è cinema anzi è letteratura. O sia quel che sia: questa è arte del racconto. Questa.

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