Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
E' la seconda volta che viene. E trova sempre tanta gente. Che è pure un caso. Un caso fortunato. Alla fine si avvicina e mi parla. Ti volevo dire una cosa - non è italiana ma parla una lingua forbita, ricca di termini, rotonda - ti volevo dire (dice) che la tua casa è una metafora. Penso alla tua casa come a una metafora dell'accoglienza.
Sono di qua a vedere l'effetto di litigi stupidi (esistono litigi stupidi? litigi non stupidi?). Di qua a vedere come si possa fare di una mattina piovosa una mattina piagnucolante. Basta poco, serve nulla. Sono dall'altra parte della barricata a fare la parte di chi aiuta a ricucire: piccola arte sartoriale che non cura le ferite nostre ma forse aiuta a pensare che con due giri di filo regge anche la stoffa più consunta. Se dati bene. Se dati presto.
Visto al Quirino la compagnia MK in Comfort Geografia. Interessante. Ricerca di sincronia: forse... vedi sopra. Forse serve una ricerca infinita di equilibrio (a rischio pur sempre di cadute) per riuscire solo alla fine e solo giocando ad andare a un ritmo speculare, una danza allegra in cui finalmente due è uno. Nessuna rivalità, nessuna competizione. ma non è facile da questa e da quella parte della barricata.
Di Carvelli (del 22/09/2009 @ 09:27:53, in diario, linkato 2348 volte)
Rubo da www.nazioneindiana.com i preziosi consigli-tesi di Walter Benjamin. 13 o XIII (per dirla alla romana).
I. Chi intende procedere alla stesura di un’opera di vasto respiro si dia buon tempo e, al termine della fatica giornaliera, si conceda tutto ciò che non ne pregiudica la continuazione. II. Parla di quanto hai già scritto, se vuoi, ma non farne lettura finché il lavoro è in corso. Ogni soddisfazione che in tal modo ti procurerai rallenterà il tuo ritmo. Seguendo questa regola, il desiderio crescente di comunicare diverrà alla fine uno stimolo al compimento. III. Nelle condizioni di lavoro cerca di sottrarti alla mediocrità della vita quotidiana. Una mezza quiete accompagnata da rumori banali è degradante. Invece l’accompagnamento di uno studio pianistico o di uno strepito di voci può rivelarsi non meno significativo del silenzio tangibile della notte. Se questo affina l’orecchio interiore, quello diventa il banco di prova di una dizione la cui pienezza soffoca in sé persino i rumori discordanti. IV. Evita strumenti di lavoro qualsiasi. Una pedante fedeltà a certi tipi di carta, a penne e inchiostri ti sarà utile. Non lusso, ma dovizia di codesti arnesi è indispensabile. V. Non lasciarti sfuggire alcun pensiero, e tieni il tuo taccuino come le autorità tengono il registro dei forestieri. VI. Rendi la tua penna sdegnosa verso l’ispirazione ed essa l’attirerà a sé con la forza del magnete. Quanto più lento sarai nel decidere di mettere per iscritto un’intuizione, tanto più matura essa ti si consegnerà. Il discorso conquista il pensiero, ma la scrittura lo domina. VII. Non smettere mai di scrivere perché non ti viene più in mente nulla. E’ un imperativo dell’onore letterario interrompersi solo quando c’è da rispettare una scadenza (un pasto, un appuntamento) o quando l’opera è terminata. VIII. Occupa una stasi dell’ispirazione con l’ordinata ricopiatura del già scritto. L’intuizione ne sarà risvegliata. IX. Nulla dies sine linea: sì, però qualche settimana. X. Non considerare mai perfetta un’opera che non t’abbia tenuto una volta a tavolino dalla sera fino a giorno fatto. XI. La conclusione dell’opera non scriverla nel solito ambiente di lavoro. Non ne troveresti il coraggio. XII. Gradi della composizione: pensiero, stile, scrittura. Il senso della bella copia è che in questa fase l’attenzione va ormai soltanto alla calligrafia. Il pensiero uccide l’ispirazione, lo stile vincola il pensiero, la scrittura ripaga lo stile. XIII. L’opera è la maschera mortuaria dell’idea.
Walter Benjamin, La tecnica dello scrittore in tredici tesi tratto da: Strada a senso unico (Einaudi, 1983)
Faccio un appello veloce. Ci sono solo io. Di tutti a quelli a cui avevo detto di esserci, solo io. Ma solo a me l'avevo detto. E dunque cos'era questa attesa? Cosa e chi aspettavo? Forse è solo che me lo sono ricordato così tante volte che l'attesa è montata. Avrebbero dovuto essere presenti almeno tutti i me a cui l'ho detto nei giorni precedenti. Tanti me diversi. Provo a capire di tutti chi è venuto.
">.
Finalmente trovo e linko la sequenza di Baci rubati in cui la Madame racconta per lettera l'apologo della differenza educazione/tatto. In francese è ancora più bella. Poi, va a casa di lui (dopo essersi fatta dare l'indirizzo in negozio) senza farsi annunciare e gli propone un contratto (un patto?)... invita il povero Antoine a superare l'imbarazzo (nella scena prima Antoine era scappato da casa di lei e si era licenziato). E' bello quando dice la rissposta sono io. Eccomi: la lettera diventa persona.
Di Carvelli (del 23/09/2009 @ 17:22:12, in diario, linkato 1129 volte)
Una volta mi disse che a New York l’arte del farsi strada dipende da quanto si è bravi a esprimere il proprio malcontento in modo interessante. L’aria è satura di rabbia e lagnanze. La gente non ha pazienza di stare ad ascoltare uno che si lamenta dei propri problemi, a meno che non lo faccia in modo divertente.
Don De Lillo – Rumore bianco
|