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Se era il 1980 io avevo 12 anni. Se era in Yugoslavia - ed era lì - era a Capodistria o a Koper o Kopar (così abbiamo accontentato tutti) è lì che ho comprato questo LP. In un piccolo negozio frusto e triste, tra un ferro da stiro e un centrino. Questo brano lo avrò, tornato a Roma, lo avrò dicevo ascoltato almeno un migliaio di volte. E me ne ricordo ora. I can't stand it no more. Peter Frampton. Oggi, 3 febbraio 2010.
Di Carvelli (del 03/02/2010 @ 09:33:32, in diario, linkato 1163 volte)
"Viaggiò. Conobbe la malinconia dei piroscafi, i freddi risvegli sotto le tende, lo smarrimento dei paesaggi e delle rovine, l’amarezza delle amicizie troncate. Ritornò. Partecipò alla vita di mondo ed ebbe altri amori. Ma il ricordo incessante del primo glieli rendeva insipidi; e poi anche la veemenza del desiderio e la freschezza delle sensazioni erano svanite. La sua stessa forza d’animo s’era affievolita. Erano trascorsi anni grigi a puntellare l’ozio dell’ intelligenza e l’inerzia del cuore".
Gustave Flaubert, L’educazione sentimentale. Che titolo straordinario (sottotitolo a parte). Lo avrà dato lui?Sarà stata la convenzione a imporgli il sottotitolo "Storia di un giovane"? Siamo nel sesto capitolo e penultimo. Una specie di finale, prefinale visto che poi il libro si chiude con un settimo capitolo e con quasi questo titolo del post. E' quello che abbiamo avuto di meglio. E il meglio è il passato vissuto insieme e raccontato o raccontabile nella ricomposizione di sguardi tra due amici che fanno bilancio di una vita vissuta insieme. La citazione non la trovo nella versione di Lalla Romano in cui ho riletto il capolavoro di Flaubert. E' passato un po' di tempo e, purtroppo, non ricordo molte delle cose che avrei voluto dire a proposito. Del doppio finale, del gioco della dilazione. Del fatto che spesso l'amore che non si compie è il più perfetto. Quello che rimane nell'incertezza delle tante possibilità, nel perfetto dispiegarsi delle ambizioni e dei sogni. Così quello del protagonista per l'Arnoux. Un amore messo alla prova continua dell'incertezza e tempestato di ripensamenti. Sistole e diastole. Eppure, in definitiva, in conclusione, alle conclusioni definitive quello che abbiamo avuto di meglio.
In fondo cosa chiede? Qualcuno che capisca chi è. Uno che accetti come è fatta. Una persona che si curi di lei. A distanza e poi da vicino: così a caso. Se poi ci pensiamo non è molto. Ha passato una settimana terribile che non dice. Non dice che è stata male. Ha da sempre preso le consegne della durezza. Un po' è stata la famiglia un po' ha fatto il resto per lei: le scuole che sono state scelte per lei, lo sport che ha pensato di scegliere, i passatempi che ha creduto di prediligere rispetto ad altri che ha creduto di odiare. Ora mette in discussione tutto. Ora prova a cambiare e questo le dona un'aria bella anche se un po' infantile. Ma le dà un brivido di pace. Pace che non dura perché pace esterna. Solo un insieme di tecniche di resistenza. Solo io vedo tutto questo? Altri lo vedono? E, soprattutto: lei lo sa? Se ne accorge. Faccio finta di non capire. Faccio finta di non sapere per non bruciare le sorprese. Un giorno vedrà mi dico. Cose che spero per lei.
Sto per cancellare anche se a malincuore gli SMS che conservavo nella memoria del cellulare. A malincuore mi separo dai miei 23 mesi di letteratura (non sempre felice no) ricevuta con il cellulare. Lo faccio perché un bug ha creato dei terribili scambi di persone e testi. Non mi va di entrare nello specifico dei nomi e delle cose ma... è imbarazzante leggere sotto il nome di persone con cui ho rapporti assolutamente formali un "ti voglio bene". O anche a voce di persone che non lo scriverebbero mai. Insomma cancello 23 mesi di incomprensioni, cose dette o pensate, non dette ma pensate. Cancello parole di uno schermo bianco pronto a ricevere nuove rivelazioni. Resetto quel che c'è per fare spazio a quel che ci sarà. E non è detto che questo debba chiamarsi necessariamente ottimismo.
Invito a sostenere La locanda dei Girasoli www.lalocandadeigirasoli.it dove siamo andati a mangiare sabato e dove non andavo, nonostante la vicinanza, da un anno almeno. Da vedere anche se senza tremori Tra le nuvole, il nuovo film del regista di Juno e siamo ad una nuova sollecitazione canadese nello stesso giorno. Visto finalmente Calder, nella retrospettiva romana che unisce ai mobiles e ad alcune tele anche una bella mostra di Mulas sull'artista americano. A tutto questo associo la bella ospitalità napoletana (ma anche romana) di amici con la domanda sottesa "in quanto tempo si può preparare un buon pranzo con le cose che si hanno in casa?". la risposta di ieri è 20 minuti. Sfida a chiunque.
A latere: dire di sé non è dire di sé ma parlare di un altro che non c'è più. Da cui: chi risponde a te, risponde a un te che già non sei più. Ma è lunedì e basta così.
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