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Una delle mie parziali idiosincrasie filmiche è quella per i film in costume. Spesso la storia (e la biografia storica su tutto) è un cancello che fatico a varcare. E' forse per questo (oltre che per il minutaggio: 228!) mi ha trattenuto sinora dal vedere il Ludwig di Visconti. Che invece ho visto e con meraviglia (mia) apprezzato come il grande capolavoro che è. Un film sulla forbice tra potere per sé e potere sugli altri, valori alti e mediocirità. Ideale vs Realismo. Mi spiace non trovare su YT il bellissimo dialogo in cui Elizabeth rimprovera Ludwig per il suo amore astratto, un amor che sembra per sé e non per lei a ben vedere tanto è alto ma mi spiace altrimenti riassumervi io queste pagine di riflessione sublime che vi invito a vedere da soli. Un film sontuoso, che trascende la perfezione formale consueta.
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Fu lungo il mio cammino fino a te, la vita intera quasi ti cercai per serpeggianti avidi incontri con altri, e tu non venivi. E fino a dove s'apriva il tuo sguardo, ombre attraversai e rumori sordi, ma trapelava da me soltanto purezza di suoni - per amor tuo. Ogni tua carezza io piansi, Prima che fosse nata la difesi, e il nostro futuro incontro custodivo con pazienza nel mio petto. Fu lungo il mio cammino fino a te, immensamente lungo, e quando tu davvero finalmente davanti a me sei apparso, ho riconosciuto te, ma me stessa a stento. Immensi spazi avevo in me raccolto, sconfinati aromi, timbri e desideri, e abbracciavo ormai uno spazio così vasto che accanto a me dovevi fermarti. Fu lungo il mio cammino fino a te, e ci ha unito per un incontro breve. Sapendolo... di nuovo sceglierei
Blaga Dimitrova
Di Carvelli (del 20/05/2011 @ 15:06:05, in diario, linkato 1716 volte)
"Per il resto la sua autobiografia era priva di interesse quanto lo sarebbe stata la sua autopsia". Così scrive Nabokov in Lolita. Speriamo di scrivere pagine più ricche della nostra vita. Una vita piccola ma che ha possibilità di squarci improvvisi proprio partendo dal poco che è, che sembra. Ieri Don DeLillo ha deliziato la platea con un racconto di grande acume. Nessuna struttura pensata per stupire. Solo un incessante bisogno di verità. Che, in definitiva, guardando ai miei tanti generi e autori amati è il tratto che li accomuna. Anche dei libri bisognerebbe poter dire il contrario di quel che scrive Nabokov.
Saranno le 23e30 giù di lì. Ho appena visto il film dei fratelli Dardenne e mi domando come mai non sbaglino un film. Mi domando come mai non mi annoino nonostante facciano in pratica sempre lo stesso film. Mi domando anche come mai sia tanto soggiogato dal loro cinema e allo stesso modo, per dire, da quello di Ozon che è l'esatto contrario di questo parossismo di un tema. Saranno le 23e30 giù di lì. Sono in giardino. Nel giardino dietro la casa che leggo Lolita di Nabokov mentre bevo uan grappa e fumo il sigaro. Ogni tanto dietro la siepe c'è un rumore piccolo. Più piccolo di un rumore da gatto. Il libro, come saprete, è arguto e barocco. Il linguaggio però (nel caso di Lolita, almeno) non perde l'aderenza con la strada. E questo lo rende non inutilmente ricercato. C'è odore di gelsomino tutt'intorno. Io dovrei avere anche tante cose da pensare. Alcune non belle. Eppure mi sembra tutto così bello. E non c'è un vero motivo perché sia così. Ma è così. E il merito, ora lo so, non è né del gelsomini, né di Nabokov, né della notte. E forse neppure della grappa. Ci vorrebbe una formula di questa piccola felicità. Come una sigla di questa tavola chimica. Ci vorrebbe. O c'è.
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