Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Pantano Ciuf Ciuf
di Roberto Carvelli
Proprio in questi giorni stavo leggendo un libro che racconta del mitico El Tronchita, un treno ora solo turistico che si avventurava per 400 chilometri di Patagonia disegnando avventure di gente e merci. Con la Transiberiana e l’Orient Express questo treno argentino rappresenta quel po’ di leggenda su rotaia che ci è rimasta attaccata addosso. Il libro di Raúl Argemí, ora tradotto in italiano col titolo Patagonia Ciuf Ciuf (la Nuova Frontiera), disegna delle avventure strampalate, le stesse che viene da immaginare sul trenino Laziali-Pantano che si appresta a vedere la fine dei suoi giorni immolata alla Metro C. Salgo come in un ultimo viaggio della speranza (del ricordo) sotto una cappa di caldo vigoroso. Tutti i radio e telegiornali ci invitano a bere e vedo salire mani aggrappate a bottigliette da mezzo litro come all’ancora di salvezza di questo andare verso il far west della Casilina che ci traghetterà dal caos di Termini al nulla agreste di Pantano. Uno sull’altro, una razza sull’altra, come se dovessimo salvare tutte le specie dell’homo sapiens a futura memoria. Davanti a me due signore nere si stanno passando una medicina con il relativo bugiardino. Sembra che una non ce la faccia a leggere per l’inedia e chieda all’altra. La scatola ritorna nel silenzio. Da una fila di quattro all’altra due pachistani si stanno lanciando parole che rotolano sospinte in una pallavolo fatta con palloncini gonfiati. Al Pigneto il trenino incontra i più seri convogli diretti a Napoli, un affiancamento pudico mentre le stazioni raccontano l’hip hop dei writers. Si riparte, superato ogni timore di confronto, per vedere la festosa Tor Pignattara. E’ tutto un salire e scendere. Di romantico poco o nulla. Sinceramente il dottor Zivago, se fosse in salsa romana lo ambienterei al lato del 19 o del 14. Non correrei lungo queste pensiline gridando il nome di Lara. Dal finestrino vedo un ragazzo con la casacca gialla della Metro C: sta prefigurando un futuro radioso e intanto interroga un viaggiatore sul domani di questi viaggi che avranno bus sostitutivi in attesa che si compia il miracolo sotterraneo della nuova linea. Gli allunga un depliant che decanta un eldorado da piazzale Clodio a Pantano. Al mio fianco due signori anziani provano a immaginare la Talpa, la mitica creatura degli Inferi che attraverserà il tracciato per portarne a termine i lavori.
A Centocelle dove il trenino rincontra un museo romano su rotaia – l’altro era stato a Porta Maggiore – si ha la prima impressione di un passaggio di civiltà, come se da qui in poi si succederanno ere. Viene da pensare per coppie: Città/Periferia, Quartieri/Campagne, Residence/Borgate, Pittoresco/Squallido, Miseria/Ricchezza. Coppie che si succederanno in alternanza rapidissima tagliando la ricchezza di Torre Gaia che ricorda quella di un film felice della nostra stagione cinematografica, La Zona. Quello era il Messico questa è Roma ma i muri, le telecamere e la sbarra per proteggersi dalla circostante povertà sono gli stessi.
Intanto è passato anche Casilino 900 con le sue baracche a strapiombo sulla spiaggia di questo stradone e un andirivieni di furgoni carichi di famiglie Rom. Il cartello: FIGLI DI UNO STESSO PADRE. Torre Spaccata, Torre Maura, Torrenova, Torre Angela, Torre Gaia. Una successione di antichità e umiltà. Case pensate finite e case completate per abusi continui che hanno lasciato pezzi di muri grezzi. A Giardinetti si smantella. Ruspe e bagni chimici per operai che stanno poggiando la loro bacchetta magica su una stazione della futura Metro C. A Finocchio è bastata una P all’inizio e l’atmosfera è diventata quella di una fiaba anche se non sembra di vedere il lieto fine. Pantano. Game over. Campagna arata e poco altro. Un’insegna dice SEMILAVORATI e BASCULANTI: parole operose. Torno indietro pensando che un giorno forse neppure un succedaneo storico conserverà la memoria di questo treno d’avventure e le nostre pelli finiranno nel gorgo segreto della terra sotto neon sbiancanti.
Lo amo ma lui dice che siamo amici: mi rendo conto che è un problema e vorrei poter dire anche io la mia su questo. Come "lo amo" e come "lui". Invece mi limiterò a consigliare a chi avesse bisogno di una soluzione a questo annoso e spinoso problema della "compatibilità" e della "reversibilità" e della "reciprocità"...beh a consigliare...a dire...Niente da fare. Ce l'avevo sulla punta della lingua ma ora mi è passata. Io non ti amo tu non mi ami. Semplice no? La risposta è nel "battimuro". Chi l'avrebbe detto!
C'era un vento impetuoso per quanto possa essere impetuoso un vento d'estate a Roma, in un piano terra. Un vento che mischiava le chiome degli alberi. Dal limone, al pino, al nespolo fino lontano all'abete e all'eucalipto, laggiù. Mi sono detto che non è importante quello che succede. Ma quello che non succede. Almeno nella nostra percezione. Mi sono detto che da questo malinteso dipende tanta infelicità. Ma come fare a contrastare questo errore di metodo? Non c'è una risposta univoca e soprattutto non c'è una risposta convincente. Se accettassimo di non essere convinti dalle risposte - spesso le risposte non convincono - tutto andrebbe meglio. Soluzioni comode o scomode. Soluzioni. A portata di mano. Belle o brutte ma quelle. Cose che ci sono - che sono così - inequivocabilmente quelle. Mi sono detto questo e sono andato a letto.
Il mio tormentoso dopo cena. Tormentoso? Di quale tormento parli? Il mio dopo cena, allora. Va bene?
Di Carvelli (del 10/07/2008 @ 09:09:35, in diario, linkato 1121 volte)
Chi é colui che amo? Non lo saprete mai. Mi scruterete gli occhi per scoprirlo e non vedrete mai il fulgore dell’estasi. Io lo imprigionerò perché mai sappiate immaginare chi ho dentro il mio cuore, e lì lo cullerò, silenziosamente, ora dopo ora, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Vi darò i miei canti, ma non il suo nome. Lui vive in me come un morto nella sua tomba, tutto mio, lontano dalla curiosità, dall’indifferenza, dalla malvagità.
Una poesia della Storni tratta da questo sito www.carlosluistorres.net/archivos/versitaliano/stornital.pdfdove trovate altro. E poi c'è il solito http://it.wikipedia.org/wiki/Alfonsina_Storni
La funzione che vorrei disattivare ora è PENSARE e alcune sue derivate. Ovvero: PENSARE IN GRANDE PENSARE CHE CE LA POSSO E/O NON POSSO FARE PENSARE CHE HO SBAGLIATO PENSARE CHE SE AVESSI FATTO QUELLO... PENSARE COME FARE PENSARE AL PENSARE COME FARE PENSARE AL DOPO E AL PRIMA PENSARE AL DURANTE.
E altre derivate ancora che, per brevità, qui ometto.
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