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 firenze... di Carvelli
 
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Fuggi da ogni grandezza: la vita nostra in una povera casa può andare oltre quella dei re e degli amici dei re. (...) la roba che non ci si adatta è come il calzare del proverbio che troppo largo ci inciampa e troppo stretto ci piaga.

Orazio
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Carvelli (del 07/01/2011 @ 14:55:18, in diario, linkato 733 volte)
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Di Carvelli (del 10/01/2011 @ 08:54:28, in diario, linkato 693 volte)

L'altroieri notte (continuo con al notte) non so cosa è successo ma la mattina avevo le mani sporche. Poteva essere sangue o vernice o ruggine ma intorno niente altro era macchiato e la mattina non si sono levate via le macchie. Solo stamane.

Ieri pomeriggio una mia amica mi ha invitato ad andare a vedere i due bimbi. Stavano nella vasca e si facevano il bagno giocando ai pirati con una barca galleggiante. Poi lui con lo scopino della tazza ha batezzato lei. Come un rito di passaggio. Sapranno che stanno facendo un rito di passaggio?

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Di Carvelli (del 10/01/2011 @ 08:58:40, in diario, linkato 649 volte)
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Di Carvelli (del 11/01/2011 @ 09:41:00, in diario, linkato 737 volte)
Pare che sto scrivendo solo di notte (a proposito di). Pare. Stanotte non so se ho dormito mai. Non so se ho preso sonno e quando. O forse mai. A un certo punto un rantolo da dove non so. Come un modo di russare (vicino) che sembrava più uno strillo. Passi sul tetto (il gatto?). Macchine con lo stereo alto. Silenzio soprattutto. Ma non so se c'è mai stato il dormire.
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Di Carvelli (del 11/01/2011 @ 18:22:49, in diario, linkato 872 volte)

Tutto è prevedibile. Tutto è già stato previsto. Quello che è nel destino non lo si può evitare. Nemmeno questa patata lessa. Questa forchetta. Questo tozzo di pane nero. Nemmeno questo pensiero...
Nonna che spazza il marciapiedi lo sa. Dice che non c'è nessun dio, solo un occhio qui e là che ci vede chiaro. I vicini sono troppo distratti dalla TV per metterla al rogo come strega.

Da Charles Simic "Il mondo non finisce" (Donzelli)

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Di Carvelli (del 11/01/2011 @ 18:24:27, in diario, linkato 614 volte)
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Di Carvelli (del 12/01/2011 @ 08:57:16, in diario, linkato 647 volte)

Se hai tempo, hai anche soldi e salute. Se hai tempo, hai anche felicità e tranquillità. Ma se hai tempo e non lo usi o lo usi male, non hai nulla.

Mi piacerebbe leggere un oroscopo così. Oggi o anche domani.

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Di Carvelli (del 12/01/2011 @ 09:03:32, in diario, linkato 712 volte)
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Di Carvelli (del 13/01/2011 @ 09:13:12, in diario, linkato 1077 volte)

Leggevo sempre Barbara Spinelli su La Stampa nel lungo periodo (forse due anni) in cui quotidianamente l'acquistavo . Ora è a LaRepubblica e comunque è più facile per me e sempre bello leggerla. Ecco l'articolo, interessante, di ieri.


Trovare nel Corano  l'Islam dell'amicizia
di BARBARA SPINELLI

LE STRAGI dei cristiani in una cattedrale di Baghdad e nella chiesa copta Al-Qaddissin a Alessandria d'Egitto sono segni non equivocabili, che qualcosa di grave sta succedendo in terre musulmane: la lenta e brutale estromissione dei cristiani, anche i più refrattari al proselitismo, i più inseriti nel luogo che abitano, non molto diversa dalla cacciata degli ebrei dai paesi arabi dopo il '48. Non importa, qui, chiedersi come mai quella cacciata scosse l'Europa meno dell'odierna oppressione di cristiani. Forse perché la martirologia cristiana ha riti consolanti antichi. Forse cominciamo appena a comprendere la catastrofe che fu la fine dell'impero asburgico, il nazionalismo identitario e le persecuzioni delle minoranze che essa generò dopo la prima guerra mondiale. Mentre ancora non comprendiamo, sino in fondo, i disastri nati dalla caduta dell'impero ottomano: che produsse nazionalismi etnici e religiosi e fu occasione, per i colonizzatori, di ridisegnare frontiere a vanvera, di usare i popoli dividendoli o accostandoli senza criterio. È uno dei motivi per cui quel continente ha Stati spesso falliti. L'ossificazione di vecchi confini impedisce di ricostruire le istituzioni, l'imperio della legge.

Ma la divisione più grave è quella che colpisce i cuori, che nelle religioni del Libro sono la sede non dei sentimenti ma della mente, del raziocinio. Tanto più essenziale è divenuto capire l'Islam: perché è ormai la seconda religione in occidente. Perché il soffrire dei cristiani nei Paesi musulmani assume proporzioni calamitose. Perché col tempo non cresce negli uni e negli altri l'unica dote che salvi: il sapere, il conoscersi reciproco. Questo degrado s'è esteso quando l'Islam è entrato, brutale, nella vita d'Occidente dopo l'11 settembre 2001.

Fu allora che molti, ansiosi di compiacersi più che di sapere, corsero a cercar lumi in saggi che descrivevano, in particolare, la disfatta dell'Islam (i libri di Bernard Lewis, di Samuel Huntington, lo stesso testo ben più antico dell'imperatore Paleologo citato nel 2006 a Ratisbona da Benedetto XVI). I più ispirati erano forse quelli che si chinavano su letteratura o testi originali: si pensi, in Italia, all'erudizione di Pietro Citati, o alla sapienza indagata da Sabino Chialà, monaco di Bose, o alla precisione con cui è stato riproposto il Corano, nel 2010 per Mondadori, dal curatore Alberto Ventura e dalla traduttrice Ida Zilio-Grandi.

Ma per scrutare un grande monoteismo è al testo base che urge tornare: al Corano, anche se tante sono le prescrizioni che vengono abrogate man mano che il Libro si snoda, provocando perenni conflitti d'interpretazione. Dobbiamo cominciare seriamente a leggerlo noi e forse anche i musulmani, che a volte lo dimenticano come i cristiani o gli ebrei sovente dimenticano i propri Libri.

Usiamo pensare, ad esempio, che nell'Islam non esistano la misericordia, la pietà, l'aiuto agli ultimi, il perdono. Non è vero, soprattutto quando in questione è la giustizia uguale per tutti. Certo, una separazione fra legge di Dio e leggi laiche è ardua nell'Islam, ma costantemente, nel Corano, la giustizia è definita "la cosa più prossima alla pietà". Nella sura 4:135 si intima: "Agite con ferma giustizia quando testimoniate davanti a Dio, anche se è contro voi stessi o contro i vostri genitori o contro i vostri parenti, siano essi poveri o ricchi, agli uni e agli altri Dio è più vicino di voi, dunque non seguite le passioni che vi fanno errare dalla rettitudine". Dio ordina di non seguire neppure l'impulso opposto, odiando gli avversari: "L'odio che nutrite contro un popolo miscredente non vi induca a essere ingiusti". Uccidere in assenza di premesse (la presenza di un assassino, un corruttore della terra) "è come uccidere l'intera umanità". Incolpevoli, nei preganti di Baghdad e Alessandria è stata uccisa, secondo la sura 5:32, l'intera umanità.

Anche se col passare dei secoli si dilatò nell'Islam la diffidenza verso ebrei e cristiani (non a causa della fede delle genti del Libro, non per l'aderenza alle loro Scritture, giudicate antesignane del Corano), il rispetto è grande perché il Dio è unico (Allah è traduzione del nome di Dio, tendiamo a scordarlo). L'accusa, risentita, non è di adempiere le Scritture, tutte e tre sacre, ma di adulterarle e credersi figli di Dio "più degli altri uomini" (5:18). Rigettate sono le idolatrie, le passioni incontrollate. L'uso della ragione (nel Corano discernimento, perspicacia) è intenso nell'Islam.

Illuminanti a questo proposito i detti islamici di Gesù, raccolti da Chialà per l'edizione Lorenzo Valla (2009). Vorremmo citarne qualcuno. "Inguaribile è lo stupido, come sabbia dalla quale niente germoglia". Gesù ammette di aver guarito il lebbroso e il cieco nato: invece "ho curato lo stupido, ma mi ha spossato" (362). E prima ancora, nel detto 303: "Non mi è stato impossibile riportare in vita i morti, ma mi è stato impossibile guarire lo stupido". Rumi racconta che Gesù fuggiva a gambe levate, se incontrava uno stupido. Stupido perché del tutto privo di discernimento, di giustizia, è il massacro dei cristiani d'Iraq e Egitto. Tanti morti, e Cristo dipinto imbrattato di sangue a Alessandria: con quale risultato? Con quale giardino radioso in vista, per il giorno in cui morte ti coglie? Gli stessi musulmani alessandrini sono sgomenti, e si offrono di presidiare loro le chiese.

Il Corano è contrario agli anatemi, alle scomuniche: il giudizio di miscredenza viene solo da Dio. La gentilezza ha uno spazio ampio nel Libro, così come vasto spazio è dedicato alle donne, che hanno meno diritti ma sono pur sempre soggetti giuridici ("Può darsi che voi disprezziate qualcosa in cui Dio ha posto un bene grande", sura 4:19). Quanto agli anatemi, la sura 2:256 è chiara: "Non c'è costrizione nella fede". Nella storia dell'Islam non potrebbero esistere conversioni forzate.

Che cosa guida allora, se non stupidità, ignoranza, e una vendetta ripetutamente scoraggiata dal Libro, la mano degli assassini o la mente degli indifferenti musulmani che sì malamente accolgono le condanne di Benedetto XVI, considerandole empie interferenze? Sembra guidarli l'incapacità radicale di mettere faccia a faccia fede e ragione, non a discapito l'una dell'altra. Un grande poeta dell'XI secolo, Abu L-Ala Al-Ma'arri, divideva la terra in "due sorti di persone: quelle che hanno la ragione senza religione, e quelle che hanno la religione e mancano di ragione".

Mille anni sono passati da allora, e ancor più dalla stesura del Corano: terzo grandioso tentativo monoteista di ingentilire la storta e cupa umanità. L'ultimo decennio di violenze, invece di stordire ancor più le menti, può esser l'occasione di tentare una memoria meno ostruita, un sapere meno trasandato. Dieci anni sono poco per iniziare a capire, e ognuno deve fare lo sforzo partendo da sé, perché le memorie comuni sono spesso una truffa, come accade in Italia attorno alla Resistenza. È un compito alto, difficile: per noi e anche per i musulmani. Nessuno è sconfitto, se si rimette a pensare.

Il Corano non pretende cose impossibili dall'uomo ("è una religione facile", diceva Muhammad), ma è severo quando parla di giustizia, pietà, ragione. Il sincretismo, oltre a non essere auspicato, è impossibile perché troppe sono le soperchierie che gli uni hanno fatto agli altri. Anche in religione, come in politica, dovrebbe esserci quella riconciliazione che memore del passato costruisca un futuro diverso. Gli arabi e persiani fra loro, gli arabi e gli ebrei in guerra continua, non hanno ancora prodotto (se si escludono, agli esordi dello Stato d'Israele, figure come Hannah Arendt o Judah Magnes), persone capaci di condividere un futuro storico, una federazione laica di etnie e religioni diverse, evitando i tranelli minimalisti della memoria condivisa.

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