Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Non me ne frega niente di niente. Ho fatto tutto da me. Dove sto ci sono arrivato da solo. Dove non sono andato era perché non ci volevo andare. Almeno non a quel prezzo. Le persone con me stanno finché ci sanno stare. Dopo che vadano. Quello che ho dato non me lo riprendo indietro ma non è detto che lo debba ridare all'infinito. Non ho pagato nessun abbonamento con nessuno. Chi ha sbagliato deve pagare. Io compreso. Se ci saranno stati errori saranno provati.
Mi mancavano un po' le recensioni di Roberto Escobar (ora non più al Domenicale del Sole a cui un po' manca la sua attenzione nitida) e lo ritrovo ora in L'Espresso (che di solito non compro e che ho trovato molto migliorato, senza più quella patina stilosa di tempo fa). Sabato (ho intercettato su una tv non mia che non ho) un bel documentario sui linciaggi degli italiani emigrati negli USA alla fine di due secoli fa (e già). Molto interessante.
Estate di San Martino
Le colline e le rive del Po sono un giallo bruciato e noi siamo saliti quassù a maturarci nel sole. Mi racconta costei - come fosse un amico - Da domani abbandono Torino- e non torno mai più. Sono stanca di vivere tutta la vita in Prigione. Si respira un sentore di terra e, di là dalle piante, a Torino, a quest'ora, lavorano tutti in prigione. Torno a casa dei miei dove almeno potrò stare sola senza piangere e senza pensare alla gente che vive. Là mi caccio un grembiale e mi sfogo in cattive risposte ai parenti e per tutto l'inverno non esco mai più. Nei paesi novembre è un bel mese dell'anno: c'è le foglie colore di terra e le nebbie al mattino, poi c'è il sole che rompe le nebbie. Lo dico tra me e respiro l'odore di freddo che ha il sole al mattino. Me ne vado perché è troppo bella Torino a quest'ora: a me piace girarci e vedere la gente e mi tocca star chiusa finché è tutto buio e la sera soffrire da sola. Mi vuole vicino come fossi un amico: quest'oggi ha saltato l'ufficio per trovare un amico. Ma posso star sola così? Giorno e notte - l'ufficio - le scale - la stanza da letto - se alla sera esco a fare due passi non so dove andare e ritorno cattiva e al mattino non voglio più alzarmi. Tanto bella sarebbe Torino - poterla godere - solamente poter respirare. Le piazze e le strade han lo stesso profumo di tiepido sole che c'è qui tra le piante. Ritorni al paese. Ma Torino è il piú bello di tutti i paesi. Se trovassi un amico quest'oggi, starei sempre qui.
Di Carvelli (del 19/07/2011 @ 18:30:00, in diario, linkato 1065 volte)
Sull'album di fotografie di una signorina
Alla fine mi hai concesso l'album, che, Appena aperto, mi ha scombinato. Tutte le tue età In lucido o in opaco su erti fogli neri! Troppa pasticceria, e troppa sostanza: Immagini così nutrienti da ingozzarmi.
Strabico mi avvento su una posa dopo l'altra: Con le treccine e un gatto restio stretto in braccio; O adorna tu di pelliccia, il giorno del diploma; O con la mano a rialzare una rosa pendula Dal graticcio fiorito; o con il cappello da uomo
(Un po' inquietante, questa, per molti versi). Da ogni Iato tu attenti al mio controllo, E anche con quegli sgradevoli tizi Che s'aggirano disinvolti fra i tuoi anni verdi: Nell'insieme, direi, non certo alla tua altezza.
Ma la fotografia! Fedele e deludente Quanto nessuna delle arti, che registra come insipidi I giorni insipidi, come finti i sorrisi a comando, E non censura presenze incongrue tipo un bucato steso O la pubblicità di una marca di colori,
Che svela la riluttanza del gatto e ogni piega Di un doppio mento, oh quanta grazia Con l'istantanea riversa sul tuo viso! Mi convince perentoria che qui c'è Una ragazza vera in un posto vero
Empiricamente reale in tutti i sensi. O è soltanto il passato? Quei fiori, quel cancello, Quei parchi brumosi, quelle auto ci straziano Solo perché non ci sono più; e tu Mi stringi il cuore con la tua aria datata.
Sì, certo; dopotutto però noi non piangiamo solo Per quello che è ormai escluso, ma perché l'esclusione Ci fa liberi di piangere. Sappiamo che ciò che fu Non verrà a chiederci di giustificare La nostra pena, per quanto urlata sopra
II gran vuoto fra l'occhio e il foglio dell'album. Resto così A rimpiangere (sicuramente senza effetto) Te in equilibrio sulla bicicletta contro una staccionata, A chiedermi se ti accorgeresti del furto Di questa di te che fai il bagno; a condensare,
Insomma, un passato che nessuno ora può dividere con te, Di chiunque sarà il tuo futuro; fermo e impassibile Ti tiene come un cielo dove tu stai, Invariabilmente bella, più piccola e più chiara Man mano che passano gli anni.
La persona che ero è la pesona che sono? C'è un filo che lega il carattere di prima e quello di oggi? Era meglio prima o ora? Molti si fanno queste domande inutili come se il passaggio da un tempo a un altro sia un accadimento atto da noi - noisoli - e nell'irreversibilità. E comunque e sempre letto da noi. Ieri ascoltavo una persona che notava come un'altra persona fosse molto cambiata negli anni. Più chiusa, più riservata. Lei aveva avuto la fortuna di conoscere quella che a lei sembrava la versione migliore. ma mi sono chiesto: migliore per chi? Siamo sicuri che lui non si trovi meglio ora? Con una riservatezza maggiore, quello stare in punta di piedi? Magari gli è servito nel lavoro. Magari lo ha aiutato a gestire il matrimonio. Non so. E poi: quante volte ancora cambierà? Magari facendo un piccolo scostamento da quello che ora è?
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