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 Il letto di Akureyri... di Carvelli
 
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Com'è, o Mecenate, che nessuno vive contento della sorte che la ragione gli ha dato o il caso gli ha gettato davanti, e tutti invece non fanno che esaltare chi persegue una vita diversa?

Orazio
"
 
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Carvelli (del 12/09/2007 @ 10:02:21, in diario, linkato 755 volte)
Dici "non sono all'altezza", dici "mi sento inadeguata", "tutto questo stare male...un male che dipende da me". Come faccio a convincerti che non è così severa la Legge? Che è rigorosa sì ma non così sanguinaria? Come faccio a convincerti che il tuo finirà solo per essere un solidarizzare con la sconfitta e che non serve piangersi addosso né alzare bandiera bianca? Rompo una tazza. O meglio la faccio scivolare dal tavolo e quella rimbalza sul pavimento - anche rumorosamente - e non si rompe. Tu dici "è un buon auspicio" e ti torna il sorriso.
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Di Carvelli (del 11/09/2007 @ 16:01:26, in diario, linkato 764 volte)
Tra qualche giorno saremo invasi dal piacere. Questa è la novità. O meglio il futuro. Il futuro dell'advertising. Ovvero la pubblicità di qualcosa che sta per arrivare senza altri profili. Francamente non voglio sapere di più. Non sono curioso di avere delle anticipazioni. Mi dà solo da pensare il fatto che il piacere si visualizzi e si prefiguri come un'invasione. Sinceramente ho un immaginario del piacere diverso e ve lo risparmio. Sinceramente continuo ad accontentarmi della mia semplicità e mi viene da riflettere che spesso queste pubblicità a indovinello e al futuro prossimo si traducano in un pericolo e ricordino certe barzellette con il finale che mai arriva e quando arriva è ormai tardi per ridere e per esserne sorpresi.
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Di Carvelli (del 11/09/2007 @ 09:21:47, in diario, linkato 781 volte)

Un numero preferito?
Il 14 o il 17.
Un colore?
Il verde scuro o il marrone scuro.
Un cane?
Il pastore tedesco o il maremmano.
Un gatto?
Siamese o soriano.

Due di ogni cosa. Alla fine è sempre così. Sono nemico delle domande per recuperare la password: una serrata lotta alle definizioni, all'unico. Sarà una malattia? Per me malattia sarebbe (è) decidere di scegliere uno e poi basta.

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Di Carvelli (del 10/09/2007 @ 16:04:32, in diario, linkato 2080 volte)

Rivedendo BACI RUBATI di Truffaut.

Quando si racconta l'aneddoto della differenza tra tatto ed educazione. Avete presente? Un uomo sorprende e scopre una donna svestita in un camerino "scusi signora" dice. Questa è educazione. Un uomo sorprende e scopre una donna svestita in un camerino "scusi signore" dice. Questo è tatto. Questo è cinema anzi è letteratura. O sia quel che sia: questa è arte del racconto. Questa.

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Di Carvelli (del 10/09/2007 @ 10:00:59, in diario, linkato 916 volte)
Tante volte la salute è meno importante di quello che sembri. Contrariamente all'adagio. Tante volte almeno la salute del corpo e dello spirito si piegano sotto i colpi necessari di uno stare bene più immediato, con gradini di accesso brevi e uscite rigorose ma secche anche queste. Il bene è semplice. Persino i discorsi della salute alle volte sembrano pleonastici, ridondanti e barocchi rispetto all'immediatezza di quello che ci rende realmente e concretamente felici.
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Di Carvelli (del 07/09/2007 @ 09:42:28, in diario, linkato 814 volte)

"E' tutto qui?" ha chiesto
"Sì, è tutto qui".

Alba su Parise. Su Amore, primo racconto dei Sillabari. Alba su questa canzone di Cristina Donà.
iL RACCONTO FINISCE COSì:
"Invece erano passati solo pochi mesi ma il sentimento che lui e la giovane signora avevano provato (e qui descritto) era tale che essi, senza volerlo e senza saperlo, avevano vissuto e disperso nell'aria in così poco tempo alcuni anni della loro vita".

Alba su un'idea fissa:
non si può desiderare insieme di SALVARSI, ESSERE SALVATI e SALVARE.

"E' tutto qui?" ha chiesto
"Sì, è tutto qui".

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Di Carvelli (del 06/09/2007 @ 16:40:05, in diario, linkato 1236 volte)

A Karen

di Franz Krauspenhaar

Mia cara,
fino a pochi giorni fa non sapevo nemmeno chi tu fossi. In un pomeriggio di agosto, nel marasma di una vita sempre indietro e in ritardo, nella ricerca di qualcosa che allontanasse per un poco la grigia noia, ho visto un film porno, Fuga dall’Albania, nel quale apparivi proprio tu. Facevi la parte di una giovane che lascia clandestinamente quel paese per sfuggire alle violenze del padre, finisce in Italia e qui diventa una prostituta per gente ricca e influente. Ecco, di albanese e di slavo non avevi proprio niente, così che pensai tu dovessi essere di un altro paese d’ Europa, molto più occidentale. Il tuo viso dai tratti raffinati e dai colori scuri mi fece subito pensare alla cugina Francia. Quando alla fine del film vidi scritto il tuo bel nome, Karen Lancaume, ne fui certo senza controlli, eri francese. Non eri proprio una delle solite facce magiare o ceche, belle ma plastificate, che circolano a tonnellate nel porno d’ogni provenienza e ordine e grado. Eri un bel corpo estraneo. Bella di una bellezza ben diversa. Karen Bach, o Angel Paris, o Carene Lancome, o Karen Lancom, insomma sempre tu con tanti nomi diversi ma tra loro simili, e in trenta film, ho saputo poi, su internet - che ogni volta che un volto d’attore o l’intelligenza di uno scrittore o di un regista mi colpiscono m’informo, affamato di vita e di vite come sono – e ragazza di Lione, della buona borghesia, vissuta spesso in campagna. Che si sposa presto con un dj e sempre presto si divide. Che si dà al porno per pagare i troppi debiti. Bum. Una vita buttata in pasto ai cani dalla bava lunga, sporchi, cattivi. Eri un corpo estraneo. Con quel viso di una dolcezza disperata; e il corpo certo lo avevi bello, ma come mille altri corpi di quell’ambiente, dove è il mezzo di sussistenza dell’essere. Così, quando ho letto su Wikipedia che eri morta – nata nel gennaio del 73, morta a Parigi nel gennaio del 2005 – sono rimasto molto male, colpito duro, sì. Eri morta a 32 anni appena, giovane e per me molto bella, e anche se avevi lasciato quei mattatoi a luci rosse e adesso non sapevi bene più che fare, in fondo eri sempre giovane e avresti potuto rifarti bene, la tua grande partita in fondo era solo iniziata. Nel 2000, col tuo vero nome di Karin Bach, avevi partecipato a quel film “normale”, Baise-moi, che aveva anche avuto successo. E forse avresti potuto tentare persino strade molto alternative a quella del cinema - che comunque tu avevi studiato, da ragazza, comunicazione. Ma insomma, difficile entrare nella vita di chi ha scelto il suicidio per terminarla, come tu avevi fatto. Sonnifero in una dose ingente, in un  weekend a casa di amici, in pieno inverno, a Parigi, tutta sola. Hai detto infine basta al cinema del mondo, a questo spettacolo mortale, anche alla speranza che è davvero alla portata di tutti, inclusi i moribondi. Tu hai detto un enorme no, dolce, splendida Karen. Hai preferito chiudere nel sonno più profondo, hai voluto cadere nel sonno del sempre, di prima che tu nascessi, nel sonno prenatale. Sei tornata ad essere stella dopo la caduta. Tu, tesoro, non ce l’hai fatta a sopportare il tuo obbrobrio di fronte alla grandezza della tua stessa vita. E’questo.

www.nazioneindiana.com

 

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Di Carvelli (del 06/09/2007 @ 13:49:52, in diario, linkato 839 volte)
Tutti i libri che hai letto a cosa ti sono serviti? Tutta la tua libreria, la cultura, gli studi? A che cosa ti servono le cose che sai? A chi è utile la tua erudizione? Le cose che pensi e quelle che dici cambieranno la vita a qualcuno?
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Di Carvelli (del 05/09/2007 @ 14:35:23, in diario, linkato 862 volte)
L'altro giorno sentivo i risultati di una raccolta fondi tsunami. Di straordinaria generosità. Soprattutto paragonata ad una per i bambini del Libano. Perché? - e ci siamo fatti molte domande. Io mi sono risposto - senza citare Conrad - che è più facile essere generosi contro la Natura (contro la forza uniforme ed equidistante della Natura) che contro l'uomo (e la sua opera con o contro Natura e a vantaggio proprio). Il disastro della guerra, delle fazioni inibiscono le mani ai portafogli. Forse.
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Di Carvelli (del 05/09/2007 @ 12:54:03, in diario, linkato 807 volte)
"Un terremoto, una frana, una valanga soverchiano l'uomo incidentalmente, per così dire senza passione. La furia dell'uragano invece lo attacca come un nemico personale, cerca di afferrargli le membra, gli s'abbarbica alla mente, tenta di sradicare da lui perfino l'anima". Questo è Joseph Conrad in TIFONE. E questa è stata la mia notte, un po' meno uragano ma molto vento. Molto. In piena notte. To be continued
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