Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di un simpatico ritornello
Di un simpatico ritornello di cui ti faccio oggetto, le mani, le risposte incerte, un tappo di sughero, una ruota di bicicletta (bucata), e un silenzio. Anzi due. E tu? (non te lo chedo più).
La parola di oggi è: sollecitare e il suo strano etimo (http://www.etimo.it/?term=sollecito). Contrariamente a quel che potete pensare la uso spesso e più spesso "mi viene" usata. Di frequente all'imperativo. Sollecitalo! O locuzioni: fagli un sollecito! Che faccio? Lo faccio?
IL FUTURO
Quando alla fine ci arriverò – e ci vorranno molto giorni e molte notti – mi piace pensare che ci saranno altri in attesa e che vorranno perfino sapere com’era.
E così mi abbandonerò al ricordo di un cielo particolare o di una donna con un accappatoio bianco o della volta in cui ho visto uno stretto molto angusto dove si era svolta una famosa battaglia navale.
Poi squadernerò su un tavolo una grande mappa del mio mondo e spiegherò al popolo del futuro dagli abiti sbiaditi com’era –
come le montagne si alzavano tra le valli e questa era detta geografia, come le navi cariche di merci percorrevano i fiumi e questo era detto commercio,
come il popolo di questa zona rosa si spostava in questa zona verde chiaro e come incendiava e uccideva chiunque trovasse e questa era detta storia –
e loro ascolteranno, con lo sguardo gentile e in silenzio, mentre altri arriveranno a unirsi al cerchio, come onde che non si allontanano, ma si muovono verso un sasso lanciato in uno stagno.
Billy Collins - Balistica - Fazi
da www.subliminalpop.com/?p=3975
Dominerį il colore rosso, la calca nei negozi, la fretta e gli spintoni alla cassa. Per sbrigarsi, per non perdere la buona abitudine di essere primi anche se questi sono i giorni degli ultimi.
"Smoke" in via Tagliamento di Roberto Carvelli
Questo l’ingresso del Piper Club su via Tagliamento. Un giorno canonico: il sabato pomeriggio. Quello in cui il locale è la discoteca dei ragazzi, uno spazio divertimenti che ha traguardato epoche. Da quelle ampiamente storicizzate di Patty Pravo all’odierna. In mezzo la mia epoca. E sì, a questo punto mi vedo costretto a riconoscerlo, ho anch’io un’epoca. Di attese senza biglietto fuori. Attese di qualcuno che ci girasse una riduzione o un pass per l’interno. Nell’epoca delle tessere vip per pochi fortunati che Mister Franz – morto qualche anno fa – concedeva per simpatia e molte indiscrezioni al riguardo. Leggende metropolitane o no, noi non entravamo. O solo quando avevamo messo insieme le lire che servivano e di cui, spesso, non disponevamo. O negoziando una riduzione, un due per uno. Qualcosa che considerasse le magre fortune di non essere figli di papà. Ma anche se non entravamo eravamo lì fuori a verificare i nostri motorini significativamente modificati con espansioni varie e marmitte che parevano bazooka attorcigliati. La speranza era quella di veder uscire uno che imbonisse i buttafuori con un permesso, un lasciapassare medievale. La nostra vita ha conosciuto da subito i vantaggi e gli svantaggi di fare (o non fare) parte di una cerchia ristretta e fortunata, privilegiata. Ma anche l’amicizia. Quella di chi si sa fare compagnia con nulla nella cattiva sorte. Ricordate Smoke, il film di qualche anno fa dalla sceneggiatura di Paul Auster? Un tabaccaio scattava ogni giorno alla stessa ora una foto a cavalletto davanti al suo negozio e così fissava e conservava in maniera un po’ situazionista il passare del tempo. Il Piper avrebbe dovuto fare altrettanto per salvare in un album di foto epoche e stili, mode di tutta questa attesa davanti a sé. Prima che si risolvesse nella discesa infernale nella catacomba dei decibel o si sciogliesse la sospensione in una fuga in sì o ciao verso il centro a spendere l’unica cosa che avevamo: miscela (nell’epoca in cui i benzinai la smerciavano a percentuali), poche lire per un pezzo di pizza e soprattutto tempo. Tanto tempo: ci sembrava allora. Ecco faccio parte di questa generazione: quella che avrebbe voluto ma neppure tanto. Che trovava il modo facile e divertente di sfangarla con poco. Divertendosi resistendo alla povertà delle possibilità. E di questo – ora mi tocca ammetterlo – non posso che riconoscerne il merito, anche inconsapevole, ai miei genitori “braccine corte”. Ma allo stesso tempo mi sento di ringraziare non loro ma qualche entità soprannaturale – il vento nei capelli sul motorino allora senza casco? Il Dio della chiesa tutta mosaici all’angolo su piazza Quadrata o Buenos Aires che dir si voglia? Il blando sole invernale? – per tutta quella attesa. E’ stata quella, ora penso, la formazione più importante per la mia adolescenza impaziente. La considerazione che anche senza quelle aperture – le uniche che ricordo con piacere – con i Talk Talk di Life’s what you make it si poteva passare lo stesso un bel pomeriggio girovagando da un bar all’altro a cominciare dal chioschetto in piazza, quello del lemoncocco. E poi turbinare sgasando e smarmittando imprecati lungo via del Tritone per poi risalire e andare a vedere l’uscita dei fortunati all’ora giusta. Avevano rimorchiato? Ci avrebbero presentato qualche ragazza – come un avanzo della tavola a cui non avevamo avuto l’onore di sedere? Andavamo a vedere. Ora che lo guardo, in questo pomeriggio di sabato molto vuoto e senza i capannelli degli sfortunati tipo me al tempo, penso che il Piper, come altre discoteche, ha due posizioni: aperto e chiuso. E due situazioni: esterno e interno, fuori o dentro. E quest’ultimo più che un pensiero spaziale, è proprio una legge della Vita.
http://www.paesesera.it/Societa/Smoke-in-via-Tagliamento
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