Una poesia di Filippo Strumia
Sono grato all’attesa e alle sue sale, nessun luogo è casa mia più di quella del dentista. E’ lì che trovo pace per quello che non c’è: si giustifica da sé la mia presenza. Tamburello quanto voglio e leggo solo di sciocchezze. Non mi chiedi d’essere altro che quello che non sono: arcata e premolari mandibola e dentina. E’ ben visto che stia poco e pensi a nulla. Ho diritto alla paura, mi fai carico leggero di un’innata codardia. Posso attendere impaziente anche quello che non voglio. Un corpo aspetta grato a bocca chiusa.
Da Pozzanghere di Filippo Strumia, Einaudi
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