Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Mi incuriosiscono i finestrini delle auto. Dato che la gran parte delle persone viaggiano singole in auto, la curiosità è come ci si relaziona al finestrino di destra. Aperto o chiuso? Scostato, due dita o quattro? E che significa l'una o l'altra cosa? Apertura? Coraggio? Estroversione o introversione? E qual è il rapporto singolo con l'asfissia e il senso di imprigionamento?
Di Carvelli (del 03/11/2005 @ 09:19:08, in diario, linkato 1102 volte)
Discutendo animatamente di Iran e pace. Animatamente. Troppo animatamente. E senza pace.
Un caldo consiglio...
Di Carvelli (del 04/11/2005 @ 09:05:55, in diario, linkato 1327 volte)
"Ci vogliono giorni, passano anni":/ Goethe, mio eroe/ e maestro del dire essenziale,/ anche questa volta hai colto nel segno:/ la durata ha a che fare con gli anni,/ con i decenni, con il tempo della nostra vita:/ ecco, la durata è la sensazione di vivere.
Questo è Peter Handke, da CANTO ALLA DURATA uno dei libri che ogni tanto amo e rileggo come in questa mattina di sole alle serrande e silenzio del vicolo. Mattino felice di pensieri di morte e tempo. Di anni e ricordi personali come una piccola cassaforte che non si vuole forzare né aprire.
Di Carvelli (del 07/11/2005 @ 09:19:05, in diario, linkato 1007 volte)
Mi è accaduto di pensarci l'altro giorno in relazione a delle cose che mi hanno raccontato. Mi è accaduto di pensare a quanto spesso sia scombianato il nesso, staccato il contatto tra come vorremmo che gli altri ci percepissero, tra come ci diamo da fare affinché ci conoscessero il quelle nostre intenzioni e quanto alal fine tutto si riveli diverso. Un classico di questa schizofrenia è femminile verso i maschi e maschile verso le femmine. L'idea è: fai di me carne da macello, non chiedo di meglio. Ed è un invito, spesso è un invito facile e fruttuoso. Ma a conti fatti, al dopo, a seguire, però, uno strascico di dolore, di delusione, di frustrazione. Spesso ad una presentazione così limpidamente sbarazzina, ad un incontro spumeggiante segue l'invenzione di un innamoramento come se l'effetto mistificasse (o cambiasse) la cause. Come se ci fosse bisogno di pasturare (il verbo della pesca, quello che indica il pecorino in mare come invito ai pesci) l'acqua per poi buttare meglio l'amo. Il nome del dolore successivo e conseguente invece alle premesse da cui si è partiti qual è? Poca sincerità verso se stessi? Autoinganno? O magari è la perversione del proprio sentimento in una certezza, la paura di un vuoto che pure abbiamo desiderato, dichiarato, scelto e vissuto?
Di Carvelli (del 08/11/2005 @ 08:45:54, in diario, linkato 2055 volte)
Una delle più divertenti testimonianze raccolte nel mio libro sulla pornografia LA COMUNITA' POLNO (sono costretto a pronunciarlo alla cinese altrimenti il server al mio lavoro mi inibisce l'ingresso!) raccontava di un attore francese che accompagnava il suo tambureggiante assalto all'attrice di turno con un (onomatopeico?) zinedinzidan zinedinzidan zinedinzidan zinedinzidan. Mi riviene in mente stamane sentendo che l'incosapevole calciatore Zinedine Zidane avrebbe vaticinato con un "purtroppo" il sicuro scudetto della Juventus. Certo le stranezze fanno parte dei set polno (e 2!) ma anche dell'intimità casalinga e mi sono chiesto se ad altri sia capitato di sentirsi guidare da simili unduetré che ricordano il due con del canottaggio. E naturalmente mi è venuto da ridere.
Di Carvelli (del 10/11/2005 @ 09:06:17, in diario, linkato 1027 volte)
Copro un'assenza di lettura e mi porto dietro il meridiano mondadori con Petrolio. In treno. Leggo tutto preso ma con quell'aria un po' distaccata e rispettosa che ti suscitano i meridiani. Forse la paura di rovinarlo, sporcarlo: lo tengo tra le mani osseguioso (l'ho portato senza la sovraccoperta di plastica e, naturalmente, la scatola di cartone...ognuno ha le sue abitudini di viaggio o di trasporto dei libri - sovraccoperta sì o no - fodera di carta e quale sì o no...). Lo tengo come un bambino appena nato e mi viene una faccia odiosa, distaccata, premurosa. Senza volerlo. Me ne vergogno. Anche perché penso che qualcuno potrebbe scambiarlo per un messale e a me per un prete in borghese o un mormone.
Di Carvelli (del 11/11/2005 @ 08:57:07, in diario, linkato 1067 volte)
Ancora John Berger.
Letto in piedi lungo le strade del rione Monti, nella pausa del pranzo di lavoro. Come una corrente alternata tra le cose da fare, un residuodi carica del telefonino, un risveglio improvviso nel cuore della notte.
Di Carvelli (del 11/11/2005 @ 10:53:48, in diario, linkato 1072 volte)
Qui si dice A PORTAR VIA. Qui, a Roma. Si dice APPORTàVIA come un'unico fiato di voce. un caffè a portavvia... Ma nel mio bar dicono UN CAFFè DA VIAGGIO...Uno da viaggio, due da viaggio... uno qui e due da viaggio....Non so perché dicano così. Forse per distinguersi da altri bar. Ma qui il caffè non è apportavvia...
|