Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Con che devozione scrivi. Come sei fedele. Mi pari un sacerdote. Se non ti piace, un monaco. Con che spirito sei lì a ticchettare. Persino esili ti si sono fatte le mani che persino viene difficile pensare che mani come le tue possano stringere altre mani, toccare il corpo di una donna, sollevare pesi. deve venire ora qualcuno lì a da te a sollevarti quel pacchetto leggero che porti dall'alimentari. E che sguardo sereno e pensoso che hai. Sono passati venti anni e non ti riconosco più. I libri ti hanno cambiato il corpo. Prima pensavo il contrario. E ora? Cosa cambierà ancora. Ora e fra vent'anni.
Da Nuovi Argomenti, da Il primo amore...
12. Che il meglio sia nemico del bene, lo sostenne Voltaire in una sua poesia. Bisognerebbe tuttavia precisare che il filosofo francese, per rafforzare la propria affermazione, l'aveva attribuita a un nostro compatriota: "Dans ses écrits un sage Italien / dit que le mieux est l'ennemi du bien". Ovvero: "Nei suoi scritti un saggio italiano / dice che il meglio è nemico del bene". Non so chi fosse la fonte di tanta sapienza, ma è già una soddisfazione immaginare i nostri antenati decisamente più avveduti di noi. Il perché è presto detto, e ci riporta dai cieli del pensiero, alla terra, e più in particolare al risorto problema delle centrali atomiche. Il motivo per cui diffido del nucleare risiede appunto nell'esempio di Voltaire. In una società incapace di dividere i resti umidi da quelli cartacei, prostrata da incompetenza e corruzione, come sperare nella complessa manutenzione di un impianto? Anche senza affrontare la questione sollevata dallo smaltimento delle scorie di uranio, è ovvio che l'Italia andrebbe trattata alla stregua di quegli "stati canaglia" cui viene proibito l'accesso al nucleare, e questo non per dichiarata aggressività, ma per conclamata insipienza. Non sarebbe più auspicabile dedicarci a sistemi eolici o solari, facilmente controllabili anche con la nostra scarsa affidabilità tecnica e il nostro inesistente senso civico? Questo intendeva dire l'antico motto "il meglio è nemico del bene", nato da una tradizione che da noi sembra ormai tristemente declinata.
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Capire, non capire, sapere non sapere. Spiegare e correggere. Eccola la commedia umana. Tragica e ridicola. Rappresentata coi difetti dei pupazzi, grossolano espressionismo per risate e pianti facili. Che tristezza tutta la nostra piccolezza, la rappresentazione fatua della nostra grandezza. Dell'intelligenza, del potere, delle capacità. Sì, la commedia umana.
Perdo il mio tempo. Con (segue elenco). Per (segue elenco) Perdo il mio tempo inutilmente e per nessun ritorno. Perdo il mio tempo, regalo il mio tempo. Perdo il mio tempo e sorrido e stringo la mano. Perdo il mio tempo con la falsità malcelata nelle facce buone (ne sono circondato). Perdo il mio tempo nel sorridere di quella bontà, nel compiacermene. Perdo il mio tempo e basta Forse basterebbe utilizzarlo un po' meglio per non essere ora qui a dirselo "Perdo il mio tempo".
La casa di cui parliamo non esiste. Voglio dire, quella casa non c'è. Sei tu che la dici, la immagini. Io ne immagino un'altra. Non è la stessa casa quella di cui parliamo eppure ne parliamo come se fosse una. Quella. Ma non torna. Stanze spostate, mobili diversi: come se parlassimo di due case ma è una. Una che non c'è e che non potrebbe esserci nella realtà di tutte le nostre incongruenze.
Dove sono finiti questi chili? E cosa c'era dentro? Cosa si è perduto? Cosa resta? In dieci chili c'era qualcosa che ora non c'è e non è la sostanza specifica di questa mancanza (grassi, liquidi ecc). Altro manca. Altro è andato via e senza neppure avvisare. Non è come con le taglie: una di meno, due di meno. Una specie di metro secondo. Qui qualcosa è sparito e cercarlo appare quasi inutile, fuori dalla storia.
"Ehi dico a te merda, mi senti, dico a te". Dice che mi riescono meglio i dialoghi. "Sembri Tarantino". Non si offende, no. Alla fine ci facciamo una risata su. "Ehi dico a te merda, mi senti, dico a te": dobbiamo molto al cinema, anche alla televisione sì. E dopo devi accettare che tutto questo sia così. Un po' brutale. Un po' cattivo. E' così. Un po' più a strappi di una volta. Più su una frontiera di rabbia e spari di offese. Come in un film. Di Tarantino.
"Mia gentile carogna". Lascia che ti parli così. Lascia che sia sincero e che butti giù questa coltre di bugie dolci che mi apparecchi davanti al viso. Eh sì non è più il tempo del miele, non posso più cibarmi di queste tue seduzioni zuccherine senza mentire a me stesso e sentire la caduta della stupidità. I tuoi malesseri infiniti e le tue finite manifestazioni di debolezza sono alla corda. Ti do una nuova apertura di credito. Faccio finta ancora che sei buona, che non sei cresciuta da quella bambina con le code bionde che ricordo decine di anni fa. Allora una piccola marachella poco pesava ora è una coltellata anche se mi chiedi scusa e levi la tua mano sporca di sangue stupita quasi del tuo fendente distratto e sorridi.
Ora è solo pioggia che benedice la strada
e nell'acqua che trema quasi una luce redenta da seguire.
Sarà una piccola distanza dal fulgore.
Dal forno dove il cibo si innalza
alle nuvole brune
tutto appena diverso dalla vita di sempre:
uno scarto nel gesto che depone i piatti per la sera
una luce nella crepa del muro
schiusa verso terre di pace.
Fuoco di cedro lungo i bordi del campo.
Così vedremo i volti degli assenti
le iniziali dei nomi travolte dai lapilli
nessun dolore ma il moto delle mani
che allontanano il fumo
e notte tra la notte: una fessura.
(Da Notti di pace occidentale)
Fare veloce anche se non tutto. Fare piano più di una cosa. Fare finta di nulla. Fare la spesa. Fare i conti. Fare il bucato. Non fare tante cose. Non tutte quelle richieste. Non fare quelle pretese e non sempre quelle attese. A volte chiedere qualcosa in cambio. A volte no.
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