Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Carvelli (del 15/12/2010 @ 15:51:15, in diario, linkato 1084 volte)
Cascamorto è parola desueta. Ha avuto un po' di tempo per passare nella sacca delle parole in via di estinzione (nasce nel XVIII secolo). A estinguersi non è purtroppo il significato secondo. La svenevolezza del corteggiamento, la concentrazione sullo stupore che dovrebbe suscitare in chi lo riceve. Da cui la fastidiosa significazione: fare mostra di un'emozione che non si ha e che invece si vuole suscitare per ottenere l'attenzione necessaria alla conquista. Non mi piace quello che rappresenta. Non mi è mai piaciuto. L'ho sempre osservata alla stregua di un vizio capitale. Alla fine dispiace pure quando una parola scompare soprattutto se non si porta dietro anche tutte le bruttezze di cui si ammantava pria. Forse bisognerebbe trovare una brutta parola per dire un brutto comportamento. E che caschi morta pure quella e il suo significato.
Faccio un piccolo omaggio a uno scrittore che amo molto, la cui scoperta devo a un consiglio di un'amica. E' Franco Stelzer. Questa pagina viene da L'ansito della mia sposa che si trova in Ano di volpi argentate. Ecco:
Bene. Arriva in effetti la sera di marzo in cui ci spogliamo del tutto. Angeli sono scesi a questa festa di tessuti e di mani. Si sdraiano attorno a noi. Curiosi. Ficcano il naso dove i nostri ventri si toccano. Lo ritraggono bagnato. Starnutiscono. Poi tentano di asciugarsi con la manica delle loro tuniche. Infilano di nuovo il naso. Ancora si rialzano stupiti. Un angelo non lascia nulla di intentato.
Il resto andatevelo a leggere. Vi auguro ogni fortuna.
Tiro un filo da ieri. Un filo, quello della differenza di genere. Lo do alla mano di Giacomo Leopardi e al suo Zibaldone:
Che poi oltre la bellezza, una grande e somma origine di compassione sia la differenza del sesso, è cosa troppo evidente, quando anche l'amore non ci prenda nessuna parte.
Cerco un sostituto per tutto quello che non mi va di fare: salutare chi devo, disconoscere i miei valori (quando non riesco a farlo e non posso non farlo), mangiare quel che non mi va, vestire bene se non ho voglia, andare dove devo andare se ci devo andare. Per il resto vado io. Per il resto sono io.
Visto We want sex. Suona come una protesta morbida un po' retorica, di quella retorica tutto sommato accettabile per chi vuole dichiarare uno scopo. Nobile. Eppure al cinema quasi solo donne e qualche maschio illuminato o convinto solo dai trailer "simpatici". Sembra di stare all'8marzo. Autocoscienza in salsa "divertissement". Sometimes ci si emoziona. dall'inizio alla fine si trema di freddo. Maestoso senza riscaldamenti. Nel cine (a ricalco del film) tutti ci parliamo con fare politico e/o sedizioso. Protestiamo per chi ha scritto in corpo 8 e in laterale che non funzionano i caloriferi. E mentre stiamo con alcune amiche e amici ragionando sul pensiero della differenza mi domando con il film in cosa consista la differenza di genere. Non in un'omologazione (anche se necessaria lo è stata e lo sarà ancora)? In cosa allora? Non basta dire. Non basta approvare. Non basta gridare. Sia detto per inciso non basta nulla nel breve. Serva che cambiamo tutti insieme mentalità. Che ci aiutiamo a farlo. Un fatto culturale che forse ci sopravviverà. Ma lo facciamo ora.
Mi sembra più ricco, diversificato e leggibile il nuovo Domenicale del Sole24Ore. Apprezzo la visione di Roberto Escobar del film di Allen che a me non è piaciuto (banale, facile, semplicistico) e a lui sì. E' raro sperimentare un disaccordo e questa volta però faccio tesoro della sua critica "seconda". Ci sono cose da scoprirci dentro. Anche se a me è sembrato uno spreco la disponibilità di tanti grandi attori per una storia piccola dove la gente ride appena entra nel fotogramma la bonazzona fortemente caricaturata (a somiglianza di tanti film di serie B). Curiosamente scopro di un Cameron stmithsiano (hard times!) e apprezzo molto la recensione di Nicola La Gioia al libro di Celli. Approvo le sue titubanze generazionali. O approvo il fatto che un giornale aziendale e aziendalista dia voce a voci di controcanto rispetto all'indiscussa autorialità di un operatore che la fa da padrone sul tema e ne vive la leadership. Diciamo che in generale approvo l'ingresso di valide voci giovani e argute (l'articolo di Raimo sulla mascolinità se non esaustivo è problematizzante e utile alla discussione come già provocò sull'impegno politico in letteratura). Un atto coraggioso - questo reclutamento - verso la movibilità del pensiero di cui si sentiva il bisogno in questo austero inserto. Da sempre interessante ma ora variegante.
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