Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Carvelli (del 20/09/2011 @ 12:20:45, in diario, linkato 1963 volte)
Il pezzo di carne
Ogni pezzo di carne è una specie di fabbrica, mulini e frantoi per il sangue. Tubature, altiforni, vasche vi coabitano con i magli, con i cuscini di grasso. Il vapore vi sorge, bollente. Fuochi cupi o chiari avvampano. Ruscelli a cielo aperto trascinano scorie con il fiele. E tutto ciò si raffredda lentamente verso la notte, verso la morte. Avvengono subito, se non la ruggine, per lo meno altre reazioni chimiche, che emanano odori pestilenziali.
da Il partito preso delle cose (Einaudi)
www.nazioneindiana.com/2010/03/14/da-francis-ponge-il-partito-preso-delle-cose/
Matteo B. Bianchi ha scritto un bel racconto sull'accoglienza. Al sangue: è uscito sabato in allegato al Corriere della Sera. E' la storia della zombie Elena raccontata in diario da una ragazza che si fa forza, a dispetto delle ostilità del suo paese, e tenta gli approcci che altri evitano. Gli altri si accontentano di titubanza e piccole rappresaglie. La protagonista no. Ci prova. Prova a essere curiosa dell'altro, aperta all'altro. da qui una storia che non ha mai i toni della retorica ma piuttosto di una inattesa e morbida ironia. Il piacere secondo - secondo alla lettura - è quello di trovare uno scrittore a cui molta narrativa italiana molto deve (scouting, incoraggiamento, riferimento autoriale) nell'Olimpo dei nomi da antologia di successi editoriali recenti (in quella di un culto personale ci potrebbe finire con più facilità). Ci finisce come un alieno e con una zombie. Anche questa, a ben vedere, una nemesi esemplare.
« Io dovrei essere solo al mondo, io, Steiner e nessun'altra forma di vita. Niente sole, niente cultura, io nudo sopra un'alta roccia, senza tempeste, senza neve, senza banche, senza soldi, senza tempo e senza respiro. Allora di sicuro non avrei più paura »
(Scritta che appare in coda al film di Herzog La grande estasi dell'intagliatore Steiner, ripresa da una poesia di Robert Walser)
Ho visto Carnage. Avevo già visto a teatro Il Dio della Carveficina. Ho avuto modo di rappresentarvi, come si dice, il mio apprezzamento per Yasmina Reza (che qui lavora anche allo script). Che ho recensito positivamente a suo tempo per il suo libro su Sarkò. Non c'è che dire Polanski ha una grande abilità da mettitore in scena. Riesce a costruire un meccanismo perfetto in cui la ristrettezza dello spazio scenico respira e fa continuamente dimenticare l'angustia. Il fuori, evocato dalle parole dei protagonisti, è trasmesso dal continuo entrare e uscire nel pianerottolo (a volte fuga a volte ritorno), dalle chiamate al cellulare (simbolo di una disattenzione e di un non voler essere dove si è). E alla fine si respira. Oltre alla rabbia, alla mefitica aria buonista e cordialmente fasulla anche il resto. Quel che non si vede. E questo è talento. Quel talento che venezia non ha avuto coraggio di premiare per ossequio delle leggi che condannano il regista (e su cui non entro in merito non avendone conoscenza). E mi sembra che si tratti di una nemesi. Anche questa.
Sto leggendo Eugenio Baroncelli - Mosche d'inverno. 271 morti in due o tre pose (Sellerio). E mi sta piacendo. Come mi piace la letteratura di catalogo (e come non mi piace che si usi la parola divertissement per "catalogare" quel che non si riesce a catalogare). Baroncelli usa una prosa attiva e capace di immaginificità ed esattezza al tempo (al tempo opportuno). Apre con esergo ben scelti. Come questo di Cioran: "Chiunque non muore giovane presto o tardi se ne pentirà". E chiude con estro da prosatore navigato. Il libro (che consiglio con grande calore) è, per chi non lo sapesse, un "vite di uomini illustri o quasi" colti nel loro atto ultimo. La morte. Come gesto definitivo e carico di senso e destino (destino che la precedente e la compie, definendola). Ne cito una così, per farvi esempio.
Julio Cortàzar Parigi, 12 febbraio 1984. Muore finito dalla leucemia. Chissà se con lui finisce anche quel sogno, non esserci del tutto in quelle ragnatele che ci prepara la vita e in cui siamo un giorno ragni e un altro mosche.
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