Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Carvelli (del 11/12/2012 @ 10:11:32, in diario, linkato 1526 volte)
MARIANGELA GUALTIERI Sii dolce con me. Sii gentile da "Bestia di Gioia"
Sii dolce con me. Sii gentile. E’ breve il tempo che resta. Poi saremo scie luminosissime. E quanta nostalgia avremo dell’umano. Come ora ne abbiamo dell’infinità. Ma non avremo le mani. Non potremo fare carezze con le mani. E nemmeno guance da sfiorare leggere. Una nostalgia d’imperfetto ci gonfierà i fotoni lucenti. Sii dolce con me. Maneggiami con cura. Abbi la cautela dei cristalli con me e anche con te. Quello che siamo è prezioso più dell’opera blindata nei sotterranei e affettivo e fragile. La vita ha bisogno di un corpo per essere e tu sii dolce con ogni corpo. Tocca leggermente leggermente poggia il tuo piede e abbi cura di ogni meccanismo di volo di ogni guizzo e volteggio e maturazione e radice e scorrere d’acqua e scatto e becchettio e schiudersi o svanire di foglie fino al fenomeno della fioritura, fino al pezzo di carne sulla tavola che è corpo mangiabile per il mio ardore d’essere qui. Ringraziamo. Ogni tanto. Sia placido questo nostro esserci - questo essere corpi scelti per l’incastro dei compagni d’amore nei libri.
Con la raccolta, di cui qui spesso abbiamo parlato, Catalogo dei giorni felici (Sciascia editore). Da cui traggo la poesia di oggi:
Facciamo che una notte di queste ti vengo a trovare sulla bocca la luna, il tuo nome. Ti vengo a trovare sciolti i capelli, la pentola vuota i denti una piena rapida, appunto.
Le costellazioni dell'io di Friederike MAYRÖCKER (1924) (in "Poesia" - Crocetti Editore Luglio/Agosto 1992) Traduzione di Luigi Reitani
Come ti chiamo quando non ci sei e ti penso: mia fragola-di-bosco mia lucertola-di-zucchero mio cartoccio-di-consolazioni mio filator-di-seta mio scacciapaure mia Aurelia mio fior-di-ghiaia mio bambin-che-dorme mia mano-del-mattino mio dimentichi-molto mio telaio-finestra mio nascondi-luna mia bacchetta-d'argento mio raggio-di-sera mio refe-di-sole mia lepre-con-proboscide mia testa-di-cervo mia zampa-di-lepre mio ranocchio-sulle-scale mia corona-di-luci mio rubaprimavera mio ronzin-che-trema mia lumaca-d'argento mio calamaio mia volpe-scopa mio tagliaboschi mio fuggitempeste mio guardian-d'orsi mio mostra-i-denti mio orecchio-di-cavallo mio albero-del-Prater mio corno-ad-anelli mia borsa-di scimmia mia virata-d'inverno mio carciofo mia mezzanotte mio conto-alla-rovescia (da capo!)
http://letture-e-riletture.blogspot.it/2011/10/wenn-du-nicht-da-bist.html
Una canzone che non vi piace e dopo vi piace. Una persona che vi piaceva e poi basta. Una casa dove volevate abitare e poi non più. Quella stessa persona che vi ripiace ancora ma in un modo diverso. Una casa dove ritornate e non è più quella (prima accogliente o prima fredda, non so). E sono passati quasi vent'anni. E forse è normale. Un regista prima sì o dopo no. Un quadro no e sì. Gli animali sì o no. Il soufflè no e sì. Le fave, il riso, i fegatini, il vino rosso, le calamite, il verde, le auto decappottabili, l'odore della varechina. E in tutto questo, credo, non c'è niente di male.
Lei forse non si è accorto che nel presente articolo eccezionalmente le quattro o cinque ultime righe non provengono dal territorio della matita bensì sono state aggiunte all'ultimo minuto frettolosamente e in modo abborracciato. Forse troverà ridicolo il fatto di prendere tanto sul serio la nascita di un articolo. Tuttavia per me il metodo della matita ha una sua importanza. Poiché ci fu un'epoca per l'autore di queste righe nella quale egli ebbe spaventosamente in odio la penna, nella quale egli ne fu stanco a un punto tale che non saprei veramente descrivere, nella quale egli diventava del tutto stupido appena si metteva un pochettino a servirsene, e per liberarsi da questo disgusto della scrittura si mise ad abbozzare a matita, schizzare, folleggiare. Le posso assicurare (e questo è già cominciato a Berlino) che ho assistito, con la penna, ad una vera rovina della mia mano, una sorta di crampo dalla cui presa mi sono faticosamente, lentamente liberato per mezzo della matita. Un crollo, un crampo, una confusione, sono sempre di natura corporale e psichica al tempo stesso. Fu per me un periodo di sfacelo che si manifestò nella mia scrittura, nella sua dissoluzione, ed è copiando i miei appunti a matita che, come un bimbo, reimparai a scrivere.
Robert Walser da www.zibaldoni.it/seconda_serie/2005_11_07.htm
Poi decideremo cosa farci dei calcinacci che rimangono. Per ora li mettiamo in delle buste con la tentazione di ritirare fuori tutto e rimettere come stava prima. Adesso appoggiamo le buste in un angolo. Dentro riconosco resti di cose che non mi va di lasciare del tutto. Faccio finta di non vedere. Le cose non sono più le cose. Quelle che abbiamo conosciuto. Quelle che ci sono servite. Di cui abbiamo pensato "non ne posso più fare a meno". Tutto ora sta in dei sacchi. Pronti ad essere buttati. Io sto davanti a loro. Con la persuasione del nuovo. E nella cautela verso il vecchio comunque non c'è nessuna paura.
“Ah, se la gente cominciasse a bruciare le staccionate e lasciasse vivere le foreste! Ho visto staccionate a metà distrutte, con le estremità disperse nella prateria, e un qualche miserabile avaro verificare con un agrimensore i propri confini, mentre il cielo viveva ovunque intorno a lui, ed egli non vedeva gli angeli volteggiare, ma cercava un vecchio buco per piantare un palo in mezzo al paradiso. Guardai ancora, e vidi l’uomo ritto nel mezzo di una palude infernale, assediato da demoni, e aveva di certo trovato i propri confini, tre piccole pietre con un palo rizzato al centro, e guardando più attentamente vidi che l’agrimensore era il Principe delle Tenebre.” (“Camminare” di H.D. Thoreau).
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