Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Se durassimo in eterno
Se durassimo in eterno Tutto cambierebbe Dato che siamo mortali Molto rimane come prima
Sul numero di marzo in edicola di Paese Sera ho scritto "A passo di libro. Guida d'autore per scoprire Roma". Inizia così:
Qualche anno fa parlare di città e di nuovi attraversamenti urbani era un tema nell’aria. Uno spiritello che girava, fluttuava e, infine, vorticò. Era stato annunciato, per rimanere a Roma, dalle pagine cittadine de la Repubblica e dal lavoro di Accattone. Ma laboratori di scrittura sul racconto si erano diffusi anche prima e in tutto lo stivale. In quel giro di anni (più o meno dieci anni fa) sono usciti tanti libri che concretizzavano quel sentimento e trasformavano in viaggi le vecchie passeggiate urbane. Gli scrittori di viaggio – e non più i giornalisti di settore – che le officiavano sembravano dire che, così come il superamento del genere era ormai conclamato (ma da noi era successo ben prima con la fantascienza di Landolfi e il poliziesco di Gadda e comunque ben dopo che il feuilleton assurgesse alla letteratura tout court), era tempo di affrancare quello “letteratura di viaggio” ancorandolo al raggio ristretto di una promenade cittadina. Eccoli allora deporre le armi più o meno affilate delle storie e dei personaggi per raccontare gli sfondi, facendo diventare i luoghi gli oggetti primari delle loro narrazioni sostituendoli al primo piano molto umano che prima le colonizzava. Anche questa era letteratura e non più letteratura dei luoghi.
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Limpido, lento il passo verso il vero fa di una strada aggrovigliata di arbusti un sentiero. Poi dirai che sono servite lame. Dirai che è stato faticoso. Che era meglio cercare una via già segnata. Ma è la stanchezza, la stessa che ti ha portato dove sei ora, che ha fatto tutto il lavoro. Non tu. Che ero la riposi, quella stanchezza. Placido, sazio. Quanto prima eri gravido di tensione e confusione.
Credere nell'uomo - Nazim Hikmet
Non vivere come un inquilino o come un villeggiante nella natura. Vivi in questo mondo come se fosse la casa di tuo padre. credi al grano alla terra, al mare, ma prima di tutto credi all'uomo. Ama la nube, la macchina, il libro ma prima di tutto ama l'uomo. senti la tristezza del ramo che secca, del pianeta che si spegne, della bestia che è inferma, ma prima di tutto la tristezza dell'uomo. Che tutti i beni terrestri ti diano a piene mani la gioia, che l'ombra e la luce ti diano a piene mani la gioia, ma prima di tutto che l'uomo ti dia a piene mani la gioia.
Pinocchio: disegni di Mattotti, poetici, surreali. Musiche/Musical deboli/e. Anche la canzone di Dalla non mi sembra un gran che. Alla fine il film sconta una mancata scelta di direzione registica. Un ibrido che brucia per poco coraggio la poesia e l'arte del grande disegnatore in un falò di debole ispirazione nipponica. Anche la scelta dei tagli nella storia non è condivisibile (troppo lunghe marachelle). Alcune sequenze rimangono impresse come quella della città dei balocchi. Da vedere in tutti i casi.
Educazione siberiana: Salvatores crede nell'amicizia come percorso di formazione. E' il suo tema. Ribadito senza ossessione, con metodo. E una sorta di allegria che qui diventa "resistente". Il film non manca di nulla. Buona scrittura, buona recitazione, capacità di racconto e di visione internazionale a cui potrebbe ambire - per dire - un Tornatore (quello della Leggenda, ad esempio). Il risultato è una pellicola che sta bene ovunque. Anche in un cinema e questo è abbastanza per andarlo a vedere, comunque.
Viva la libertà: quando tutti gridano alla morte del "cinema italiano" all'improvviso dà segni di vita. L'eutanasia diventa così la contestata definizione di un metodo di chiusura troppo giusto per essere anche buono. Gli obiettori che avrebbero avuto gioco facile a staccare la spina delle sale (attaccandola magari ai serial tv) si devono qui ricredere. Certo c'è da chiedersi come sarebbe stato il film senza Servillo. Ma la storia, efficace anche nel salto "spaziale", ci lascia ben sperare sulla capacità di racconto sia civile che psicologico dei prossimi film di Andò.
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