Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Il significato dell'esistenza
Ogni cosa tranne il linguaggio conosce il significato dell'esistenza. Gli alberi, i pianeti, i fiumi, Il tempo non conoscono altro. Lo esprimono momento per momento come universo.
Perfino questo stupido corpo lo vive almeno in parte, e vi avrebbe piena dignità non fosse per l'ignorante libertà della mia mente parlante.
Non ho letto il libro di Alessandro De Roma edito da Il Maestrale - di cui si potrebbe avere fiducia per consuetudine - ma mi ha convinto un'intervista che leggo su Queer l'inserto culturale domenicale di Liberazione. In particolare una domanda ostetrica. La domanda è di Franz Krauspenhaar. La risposta è dell'autore sardo.
Un romanzo d'esordio indubbiamente ambizioso. Dall'idea fino alla stesura, quanto è durata la gestazione? Quattro anni fa ho trascorso nove mesi a Cala Liberotto, in una casa a due passi dalla cosiddetta spiaggia degli svizzeri. Lavoravo a Nuoro, a cinquanta chilometri di distanza. A Cala Liberotto nel pomeriggio e durante il fine settimana avevo tempo per scrivere. E' una località turistica molto bella, verdissima, e quasi del tutto deserta in inverno. E' stato uno degli anni più belli della mia vita. Ho lavorato al romanzo per tutto l'anno, senza risparmiare la fantasia. Volevo creare un intero mondo e mi trovavo nelle condizioni ideali per farlo: silenzio, tempo, e una casa meravigliosa per scrivere. Può sembrare un romanzo molto "ragionato", "costruito", invece è venuto fuori quasi di getto, piuttosto in fretta. Poi negli anni successivi, specialmente dopo l'interessamento da parte del Maestrale, ci sono tornato sopra moltissime volte, limando e soprattutto tagliando almeno un centinaio di pagine, prima da solo e poi con l'aiuto di Giancarlo, editor del Maestrale, che mi ha aiutato moltissimo. Credo sinceramente che il fatto di non conoscere nessuno nel mondo dell'editoria e di avere così poche probabilità di pubblicare mi abbia aiutato a concepire un progetto così in grande, ingenuo e ambizioso al tempo stesso.
Tutta l'intervista qui.
Ieri sentivo questa curiosa notizia di una pubblicità prima messa e poi tolta (rimossa) negli Stati Uniti a costo e promozione di un avvocato (donna) divorzista che incitava al ricrearsi una vita. Un invito al divorzio insomma consigliato e incentivato da due - statuario modello e procace modella (senza testa nella foto) - tentazioni acefale. In tv commenti perplessi, retorica, indignazione. Stamattina invece uscendo dalla metro una pubblicità di un parco acquatico invitava (da un cartellone una biondina in due pezzi succinto che cavalcava delfino gonfiabile) a scivolare insieme a lei. Ho messo in relazione le due pubblicità, le due nazioni, le due ragazze.
Di tutta la querelle sui maestri (buoni o no), sugli amici (effettivi e no), sui fratelli (di sangue, di latte, di sezione, di parrocchia, carcere o setta), i padri putativi e quelli semiotici me l'ha detta una collega. Che è una collega che pure scrive e che scrive senza preoccuparsi molto (molto meno di me) di queste querelle. E' lei che mi ha detto che la letteratura dovrebbe occuparsi del mondo ma che quando non riesce finisce per occuparsi di se stessa. Scrivo la sua frase dieci volte sul quadernetto. In bella copia. E senza accorgermene la declino. La letteratura che non si occupa del mondo si occupa di se stessa. La letteratura che si occupa di se stessa non si occupa del mondo. Il mondo non si occupa della letteratura che non si occupa del mondo. A furia di scrivere la grafia peggiora. Riscrivo: la letteratura si deve occupare del mondo.
A pensarci bene non c'è una motivazione profonda. Ad ascoltare non è che si deduca chissà quale particolare ascolto (di lei) e d'altronde si capisce pure che non c'è una malia né una semplice attrazione (di lui verso lei). Neppure una tentazione. Non si capisce quindi, a pensarci bene, perché lui stia confidando alla sua collega cose molto intime. Pagine della sua vita in casa. Con una punta di sindacale richiesta di considerazione per il suo operare nel contesto famigliare a dispetto della moglie che, si sottintende, gli manca di rispetto davanti ai figli. Descrive una scena di tavola silenziando appena, per non infastidire gli altri clienti del bar aziendale, le urala ben maggiori della consorte. Il racconto continua ispirato ad una remissività che non cambierà, a pensarci bene, neppure dopo questo inutile sfogo.
Non mi piacciono le trasmissioni con gli scherzi telefonici. Radiofoniche o televisive. Non mi piacciono perché non ci vuole molto a trovare una persona che casca dalle nuvole, che ha ottant'anni o una cultura non elevata. Non mi piace in realtà l'umorismo sulle disgrazie altrui. Eppure molte mattine mi sveglio con una radio che intervista sprovveduti e mette risate finte come base alle loro perplessità.
Di Carvelli (del 22/05/2007 @ 08:55:34, in diario, linkato 1338 volte)
Vado a ritirare la moto. Ad un tagliando che si prevede usuale, normale. Ma come arrivo, alla rampa d'imbocco del garage-officina, un camion fermo e assembramento. Dicono: un uomo è stato assalito. Dicono: per ragioni futili. Dicono: perché era stanco di aspettare nel traffico formato dal camion fermo, fermo perché non riesce ad entrare nella discesa. Scendo e vedo l'autista che si preme stoffa sul naso che cola sangue. Il panno bianco è rosso (e bianco) nella officina nervosismo. Denunce inutili per linee polizia e carabinieri intasate. Mi preoccupo, collaboro. Poi tutti vanno via. Ritiro il mezzo e scopro una cifra spropositata e inattesa (hanno sostuito una cosa che chiedevo dal terzo mese del veicolo di sostiuire per problemi forse a quel punto in garanzia). Ma non riesco ad essere rissoso, a polemizzare. Faccio solo mostre di perplessità. Dico che siamo ad un decimo del valore della moto per la normale amministrazione dell'usura del veicolo. E me ne vado. Amareggiato, non iroso, non bellicoso. Mi domando se la mia reazione sarebbe stata diversa se non ci fosse stata la sequenza del mio arrivo. O se fosse un film al contrario uno sliding doors dell'assistenza al mio motoveicolo, la versione Tarantino.
Di Carvelli (del 23/05/2007 @ 09:04:53, in diario, linkato 1348 volte)
Il corpo è stanco, gli occhi gonfi di sonno, le spalle indolenzite, le gambe molli. Faccio le previsioni del mio corpo come quelle del tempo. Verso le 12 vedo qualche nube di stanchezza e capogiri. Verso le 16 individuo piogge di dolori e non prima delle 24 segnalo l'abbandono del riposo. E' un clima sfavorevole alla pace.
Di Carvelli (del 23/05/2007 @ 16:14:33, in diario, linkato 1332 volte)
Mi è sembrata interessante la via alla recensione - come una specie di prodromo alla recensione - di Stefano Giovanardi all'ultimo libro di Sandro Veronesi. In effetti, un libro vecchio che esce come nuovo è un nuovo libro o un complemento ex post (non mi sembra bello usare post mortem ma è al norma di queste operazioni da fondo manoscritti) di una carriera? Un uscire per completare che di solito ha ragione in una esegesi definitiva, finale (appunto postuma)? Deve o non deve (riesce o non riesce) il critico a compiere lo scarto della eventualità del libro?
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