Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Quindi tu sei un personaggio pubblico? E' omosessuale? No, sembra. Mi vuoi un po' di bene? Hai fatto tutto per il viaggio? Secondo me devi pensare meno. Fai un po' come vuoi. Secondo me dovresti fare un figlio, una cosa creativa. Tu resti sempre, illogicamente, il mio amore più grande dal quale non ho mai saputo difendermi... Scusami se ti bastono. Perché non li mandi a fare in culo? Stai bene e continua a deliziarci del tuo eterno metterti in discussione.
Oggi mi sono svegliato così. Bene? Male? Così, con questa canzone di Prince (di cui invero si parlava da giorni). Ero del tutto sveglio? Boh. Mi sono ricordato di aver sentito suonare questo brano coverizzato nel pre concerto U2 stadio Flaminio. Anno? 198... Elettrizzati scendemmo dalle gradinate (da dove avevamo pensato di assistere un po' tristemente allo spettacolo) e conquistammo il prato dove avrei conosciuto B. S. e M. - B. e poi S. sarebbero state due persone importanti per la mia vita di quell'anno (forse anche in assoluto). Dovremmo sempre avere una musica elettrizzante nelle orecchie per fare cose giuste. O sbagliate. Questa è la musica per oggi.
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Di Carvelli (del 22/12/2009 @ 16:10:52, in diario, linkato 1111 volte)
Forest nell'intervista da me linkata giorni fa citava il Kierkegaard che dice che la sola cosa che un individuo possa fare per un altro individuo è di renderlo inquieto. E concludeva che la letteratura non ha valore se non inquieta il lettore. In Schulz (Le botteghe color cannella) c'è in appendice un'intervista in cui dice: "L'arte, però, opera in una profondità anteriore alla morale, in un punto in cui il valore si trova ancora in statu nascendi. E' l'arte che, come espressione spontanea della vita, assegna compiti all'etica, e non il contrario. Se l'arte avesse solo la funzione di confermare ciò che è già stato stabilito, sarebbe inutile". Metto in relazione i due pensieri destabilizzanti. E invito alla lettura del libro di questo grande scrittore polacco. La sua è una scrittura preziosa che trasuda perfezione dalla normalità. Solo con l'apoteosi dei sensi nel racconto.
Di Carvelli (del 23/12/2009 @ 08:47:12, in diario, linkato 1040 volte)
Di Carvelli (del 23/12/2009 @ 09:30:33, in diario, linkato 1040 volte)
Viviamo come in un film horror. Qualcuno a un certo punto è entrato dentro di noi. E ora non vuole più uscire. Avvertiamo questa presenza aliena. Desideriamo che esca da noi. Bramiamo essere liberati. La presenza ha diverse facce: un amore che non ci abbandona, un dolore che non ci lascia, un modo di pensare sbagliato, un atteggiamento che ci fa male, una chiusura. Tutto il film è retto dalla paura. Se abbiamo paura quell'elemento non esce da noi. E allora serve un esorcismo. Serve un aiuto esterno. Ma per quanto la fortuna possa munirci del miglior artefice, se abbiamo paura anche la formula di rito non funzionerà. Ecco alle volte penso alla nostra vita come a un film horror. Dove vince chi non ha paura. Da cui si esce solo quando smetti di averla. Bisogna chiudere gli occhi e pensare che tutto quello che pensiamo che sta dentro di noi è in realtà già fuori di noi o non c'è mai stato.
Questi gli auguri dell'altra madre che io ho Etain per il solstizio invernale. Una poesia di Milosz (Héron) che vorre diventasse una preghiera semplice per me e per le persone che amo. Un buon proposito buono di questi tempi.
L'amore significa imparare a vedersi come si guardano le cose lontane perché sei solo una cosa fra molte. Chi vede così guarisce il proprio cuore, senza saperlo, da vari mali - un uccello e un albero gli dicono: Amico. Dopo si desidera trattare se stesso e le altre cose in modo che siano sempre nello splendore della maturità.
Di Carvelli (del 24/12/2009 @ 09:17:28, in diario, linkato 1183 volte)
Di Carvelli (del 24/12/2009 @ 09:19:44, in diario, linkato 1030 volte)
Lascio un cielo nuvoloso. Prendo una birra media e patatine fritte. Lascio un cane alla porta che mi aspetterà. Porto una canzone che canterò e ballerò al momento giusto. Lascio una gonna a fiori che nel frattempo saranno ormai appassiti. Porto il pensiero inflessibile del mio amore universale. E di quello un po’ particolare, inflessibile pure lui, che in parte lascio. Come lascio le sfuriate, le litigate, i musi lunghi, un bicchiere scheggiato, una sciarpa infeltrita. Prendo con me un altro po’ di pazienza, un sorriso che non meritavo, una carezza che ho immaginato. Lascio cartoline non spedite, non ricevute, non ancora stampate. Prendo un cappuccino caldo. Lascio un sorso di qualcosa, che non ricordo cosa fosse ma era alcolico, nel bicchiere. Porto un maglione che porto da anni, una fedeltà tutto sommato preziosa. Lascio quello che pensate di me ad altri che non lo pensano, e lo dico sia per il bene che per il male. Anche le lenzuola lascio, le lascio sporche che chi vuole sentire il mio odore lo senta sia che l’ha già sentito, sia che avrebbe voluto. Porto una cosa da dire sperando che ci sia tempo. Una cosa da fare, sperando di farla bene anche se non sarà giusta – si fanno spesso cose non giuste e non sempre è per averne del male. Lascio la speranza della pace, lì non mi servirà perché parto in pace, qualsiasi cosa possa essere successo, qualsiasi cosa possa ancora succedere. Porto un animale da compagnia invisibile che si siederà quando mi siederò, che si alzerà quando mi alzerò e andremo via insieme. Lascio tutto sommato molte cose da fare e molte già fatte. Qualcuna fatta male, d’accordo, ma che magari qualcun altro sistemerà – delle volte ho sbagliato pensando che fosse meglio fare che non fare ma ormai. Prendo un po’ d’aria, un po’ di caldo, un po’ di pioggia, un po’ di tempo. Lascio un sistema di fedeltà non so dire se utile o inutile e comunque lo lascio a chi servirà – a me è servito. Porto un thermos con qualcosa di caldo. Lascio il colore viola, un paracadute, un aquilone, una foglia – tutte cose che volano, differentemente da noi, senza sforzo. Metto un pacchetto di cracker che magari avrò fame. Lascio qualche volto poco sereno e anche la fiducia che cambierà, cambierà ne sono certo, siatene certi. Come sono certo che potranno cambiare tante altre cose che ora non cambiano nonostante tanto dolore. Porto un pezzo di carta e dovrò pensare bene a cosa scriverci. Starò attento a dire le parole giuste, a scriverne meno, anche se non potrò giurare di riuscirci e già sto andando contro i miei proponimenti. Così la chiudo qui e vada come vada.
Di Carvelli (del 28/12/2009 @ 03:49:42, in diario, linkato 1007 volte)
Questo il titolo di un articolo dell International Herald Tribune Asahi Shimbun di oggi. Parla di nuove tecnologie. Non non e abbastanza... Mi sono ricordato di un odore. Era un odore di una zia che arrivava da fuori dopo un viaggio notturno in corriera. Mi sono ricordato di quell ultima lacrima *di dispiacere? e ho sognato. Molto. Protetto dai grattacieli, dal cielo ovunque. Ho lasciato senza mai perdere. Questo il segreto della compresenza. Ho lasciato che tutto si depositasse qua dentro. Un piccolo affollato recinto di gente che non mi ha abbandonato e che non abbandono. Non basta neppure incontrare, desiderare. Bisogna tenere. Tengo.
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