Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
In Parla con lei di Almodovar ci sono due battute tra il divertente e il filosofico. La portiera chiede di Benigno in carcere a Marco e Marco dice che Benigno è innocente e la portiera "sì ma innocente di cosa?". Già, si può essere innocenti rispetto a e forse non lo si può essere in assoluto. Insomma si può essere innocenti solo di una cosa. Chissà. Verso la fine del film Marco parla con la maestra di danza interpretata da Gerladine Chaplin. Un giorno dovremo parlare io e lei e sarà più semplice di quel che crede. E la maestra: "Sono insegnante di ballett(o) e so che non esistono cose semplici". Questa battuta mi piace perché mi fa pensare al fatto che anche un'arte di apparente fluidità ha origine in un grande sforzo. Ma un po' mi fa anche ridere. E non so perché.
Ho mancato di dirvi alcune cose. 1 Vidi tempo fa e - contrariamente a quanto mi fu detto ("vedilo poi ne parliamo") dico la verità di cui mi prendo responsabilità NON ANDATE A VEDERE COPIA CONFORME. Pur apprezzando Kiarostami da tempi non sospetti e pur avendo una grande ammirazione per la Binoche ho vergogna a pensare di aver convinto una persona a venire con me (mal me ne incolse), a pagare il biglietto e ad attendere nervosamente la parola FINE che poi nessuno mette più nell'ansia della morte. Sospiri finali dunque ma prima un'involontaria comicità e clima da avanspettacolo a dispetto di tanta inutile e vacua intellettualità profusa in modi incontinenti. Un clamoroso autogol per cui tento una riflessione: non sarà che Kiarostami, quello dei grandi film iraniani ci piaceva perché ci raccontava un mondo che non conoscevamo e ora che ci racconta un mondo che ben sappiamo ci viene pesante? 2 Vi consiglio di vedere il film (cercate qua dentro il mio passato giudizio) Il padre dei miei figli che ora esce in italiano. Può essere che riandrò a vederlo anch'io. 3 lascio uno spazio.
Mi è stato regalato questo libro di Herta Muller. Il titolo è Lo sguardo estraneo ma è il sottotitolo che lascia un brivido. La vita è una scoreggia in un lampione. Della Muller Nobel so poco. Lessi venti o più anni fa Bassure che credo fosse in omaggio con l'Unità. Non ricordo nulla di quello. Poi questo piccolo libro in regalo dal mio amico Ale. Lo prendo sotto gamba come tanti libri che mi sembrano distanti da me. Cosa mi sembra distante da me? La letteratura contemporanea tedesca (e non si sa il perché, e non si sa il perché). I libri con le copertine fatte da un'unica immagine, un particolare sgranato e molto colorato. Altre cose che non so dire o che dirò circostanziandole.
Il persecutore non ha bisogno di essere fisicamente presente per esercitare la sua minaccia. Sotto forma di ombra si annida comunque nelle cose, la facoltà di incutere paura l'ha trasmessa alla bicicletta, alla tintura dei capelli, al profumo, al frigorifero, rendendo minacciosi quegli oggetti usuali e inanimati. Gli oggetti privati di chi si sente minacciato diventano la personificazione del persecutore.
Così scrive la Muller facendo seguito a e commentando gli episodi di controllo patiti durante gli anni di regime in Romania. E' terribile scoprire quello strano nesso che lega episodi distaccati. Tornare a casa e scoprire che qualcosa è stato spostato da qualcuno ma senza vedere o scoprire altri segni del passaggio di questo qualcuno. Sentirsi ripetere da uno frasi dette a terzi senza che ci sia legame tra le due persone e le due situazioni. Quello che mi stupisce in questo racconto di persecuzione è la violenza perpetrata in nome di quel miracolo della vita che è la coincidenza. La naturale coincidenza che hanno le cose. Dire una cosa che un altro dirà appena dopo senza sapere di noi. Incontrare due volte uan persona in una stessa città, momenti e orari diversi. Ecco - so che è poco e che non può non essere notato altro in questa terribile pianificazione del Male - ma quello che trovo intollerabile nella persecuzione è questo essere entrati in questo matrix corrompendone le leggi consuete. Per deformazione provo a pensare a cosa ha da insegnarmi questo libro, questa storia. Mi domando se questa meccanica del terrore e del controllo può essere portata altrove. Può.
Domani cito con più precisione visto che sono pensieri che vengono dalla Muller di cui già ho parlato. Estensioni di un passaggio del suo libro in cui reclama la piccolezza, l'ovvietà, le cose in apparenza meno profonde. Ma da qui già sto estendendo, appunto. Felice, davvero felice, lo sono stato e lo sono. Se mi ricordo il perché è un perché stupido. E allora ecco che cerco di ricavare non la legge, non dico la regola, neppure il meccanismo. Forse una contingenza. E la contingenza mi sembra che fosse/è sempre la stessa. Sono felice quando mi dimentico di me. Non che mi annulli, no. Sono felice quando sono con me, senza solo me. Sono felice quando sono uno qualsiasi, un nessuno qualsiasi. Quando tutto è pieno ma è niente. Tutto e niente. Ecco questa piccola fotografia che voglio salvare sul mio desktop, una cartolina che mi voglio spedire oggi sperando che mi arrivi un giorno, quel giorno lì, in cui mi starò domandando che cosa sono e perché non sono quello che sono. Nell'immagine a ben vedere non mi si vede. L'immagine è piena di cose, una paesaggio stracolmo di cose e gente. Se ho tempo, se la guardo bene ecco che comincio a riconoscere qualcuno, se fisso punto per punto quell'inquadratura vedo cose che hanno avuto un legame con me. E poi, a furia di guardare, eccomi. Laggiù, in un angolo. Un punto poco chiaro dell'immagine. Fianco a fianco con persone che ricordo a malapena, oggetti che ho avuto per poco. Eppure sì, quello sono io. Continuo a fissare l'intera inquadratura e mi sembra di percepire un senso unico di tutto. Qualcosa che tiene in sé il resto. Qualcosa che è in tutto. Che è tutto. E che non so dire. Ma che - ne sono certo - non sono io. Ed è bello perché ci arrivo dopo. La prima risposta - una risposta un po' facile, la prima che veniva da dare - era stata "Io". Ma era sbagliata. Un errore facile da fare. Un piccolo tranello, uno di quelli che ti fa pentire di aver risposto subito. Uno di quelli che a scuola doveva essere seguito da un "guarda bene!" dei professori. Ecco, il tema di oggi: la seconda risposta, quella giusta, a una domanda importante, la più importante che ci sia.
|