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 Il letto di monastiraki... di Carvelli
 
"
Avevo amato le donne con le quali ero vissuto. Tutte. E con passione. Anche loro mi avevano amato. Ma sicuramente con maggiore sincerità. Mi avevano dato un po' di tempo della loro vita. Il tempo è una cosa essenziale nella vita delle donne. Per loro, è reale. Per gli uomini, relativo. Mi avevano dato molto. E io, cosa avevo regalato? Tenerezza. Piacere. Felicità sul momento.

Jean-Claude Izzo
"
 
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Carvelli (del 08/07/2010 @ 10:00:12, in diario, linkato 690 volte)

BLACK SEA

One clear night while the others slept, I climbed
the stairs to the roof of the house and under a sky
strewn with stars I gazed at the sea, at the spread of it,
the rolling crests of it raked by the wind, becoming
like bits of lace tossed in the air. I stood in the long
whispering night, waiting for something, a sign, the approach
of a distant light, and I imagined you coming closer,
the dark waves of your hair mingling with the sea,
and the dark became desire, and desire the arriving light.
The nearness, the momentary warmth of you as I stood
on that lonely height watching the slow swells of the sea
break on the shore and turn briefly into glass and disappear…
Why did I believe you would come out of nowhere? Why with all
that the world offers would you come only because I was here?

MARE NERO

Una notte chiara, mentre gli altri dormivano, ho salito
le scale fino al tetto della casa e sotto un cielo
fitto di stelle ho scrutato il mare, la sua distesa,
il moto delle sue creste spazzate dal vento, divenire
come pezzi di trina gettati in aria. Sono rimasto nella lunga
notte piena di sussurri, aspettando qualcosa, un segno, l’avvicinarsi
di una luce lontana, e ho immaginato che tu venivi vicino,
le onde scure dei tuoi capelli mescolarsi col mare,
e l’oscurità è divenuta desiderio, e desiderio la luce che approssimava.
La vicinanza, il calore momentaneo di te mentre rimanevo
su quell’altezza solitaria guardando il lento gonfiarsi del mare
rompersi sulla riva e in breve mutare in vetro e scomparire…
Perché ho creduto che saresti venuta uscita dal nulla? Perché con tutto
quello che il mondo offre saresti venuta solo perché io ero qui?

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Di Carvelli (del 08/07/2010 @ 10:17:24, in diario, linkato 694 volte)
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Di Carvelli (del 09/07/2010 @ 09:10:38, in diario, linkato 639 volte)
Scegliere il tempo giusto per esserci e per andare. Avere talento per individuare il momento che è ora. Nei suoi occhi la breve ombra della gratitudine. Fra poco sarà altrove. Per sempre. Potrebbe essere anche l'ultima volta che ci vediamo. Uno di qua e uno di là sulla cartina del mondo. Penso a cosa ho fatto per lui. Solo esserci. Poco più di una piccola disponibilità. Solo un minimo mettermi a disposizione e poi via. Cercare nuove sfide. Non stare troppo nel posto in cui sono stato. Lasciare un buon ricordo. Fare quello che è giusto. Niente di più o di meno di quello che si è chiamati a fare. E andare.
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Di Carvelli (del 09/07/2010 @ 09:15:20, in diario, linkato 822 volte)
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Di Carvelli (del 09/07/2010 @ 12:29:38, in diario, linkato 722 volte)

Mi sono fatto tanti amici e amiche citando Cristina Campo qui. Gli amici della Campo (al secolo Vittoria Guerrini) sono tanti eppure conservano l'aria da iniziati che meritano certi lettori di certi libri e autori. Sentite che bella questa lettera letta l'altro giorno su laRepubblica (7.VII.2010) come estratto di un volume (Il ramo fiorito) che esce ora per Marsilio. Indirizzata al suo amico Remo Fasani.

Caro R.,
a me sembra che la primavera abbia tutti gli attributi del poema perfetto; ritmo e controritmo, sapore massimo di ogni istante, capovolgersi continuo di tempo e di spazio - Non prova lei, in questi giorni, una sensazione come di bocci che si distacchino con dolore dai rami mentre le foglie cadute vi ritornano in volo? Non le accade di attendere pallido, col cuore in gola il suo passato, di piangere rabbiosamente il suo futuro? Non la prende l'impulso di dare tutto il suo sangue a ciò che ama e insieme quello di fuggire nel più lontano chissàdove, solo come il primo uomo, in un' aria di schiuma e di buona ventura? E una voglia di vivere tale da desiderare d' esser già morto (...). A presto, caro amico. Molto affettuosamente Vittoria 23.3.1952

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Di Carvelli (del 09/07/2010 @ 16:39:49, in diario, linkato 670 volte)
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Di Carvelli (del 12/07/2010 @ 09:36:54, in diario, linkato 727 volte)

E' sabato. Saranno le 7 e mezza o forse le 8 meno un quarto. E sto uscendo dal giardino di casa in bicicletta. Fuori, sul marciapiede a grandi numeri qualche bambino ha disegnato una campana enorme. Come questa più o meno.

I gessetti sono bianchi e gialli. I numeri non sono perfetti ma grandissimi. Sorrido. Sembra quasi un regalo. Proprio di fronte al mio cancello, al mio campanello senza nome, alla mia buca delle lettere. Numeri. Occupano tutta la fascia del marciapiede. Comincio a pedalare. Accendo l'I-pod. C'è questa canzone. 
">.

The colours run away as the sun fades the day
I find it so hard to find the right words to say
I know that when I have to leave and close it all down
I'm losing everything that you have made me

Fa già un po' caldo. Incontro poca gente. Ma c'è quella strana sensazione di anticipo. Fra poco da queste case usciranno persone. Da tutto questo cemento fra un po' qualcosa. Lavoro? Fare la spesa? Continuo a pedalare. Ora sono solo in mezzo al verde. Deve essere parecchio che non passa nessuno. Il sentiero è segnato ma è stato invaso da rami di rovo che devo schivare con molta attenzione. Un cane abbaia. Esce la catena della bici. La rimetto. Ora è cambiata canzone. Questa.
">.

Pedalo un po' più forte. A fianco mi scorre immobile e antica la magnificenza delle antichità romane piene di tag, firme, erbacce. Pedalo e sudo. Penso che dovrei guardare l'ora ma non lo faccio. Smetto quando sono stanco, mi dico. Pedalo ancora. Qualcuno/a sta correndo qui a fianco. Ripenso all'altra sera. Troppo complicato da dire: penso ora e penso mentre pedalo. Ma il concetto è - per grandi linee - che le cose sono le cose. Che non è un grande concetto ma rende l'idea. Mi guardo a destra. E non c'è nulla di particolarmente perfetto ma è questo che mi piace. Qualcosa o qualcuno mi ha chiesto di amare l'imperfezione e la santifico fotografandola col cellulare. Ecco.

Di perfetto c'è forse solo quel lontano tratto di acquedotto. Posso scrivere la parola "vestigia"*. Forse no ma ormai è andata. D'imperfetto c'è solo la rete? D'imperfetto c'è solo l'erba mal tagliata? Ecco già due "solo". Imperfetto mi pare pure quel tratto di nubi lì a sinistra come una via lattea un po' strisciata e mal posizionata e i due canneti scarmigliati. Ma è un fatto personale. E il palo più alto e quello più basso? Sto parlando di nuovo della recinzione. E quelle case laggiù in fondo a sinistra? Un grande edificio in mezzo alle vestigia (ormai ci siamo, usiamolo). Riprendo a pedalare. Ora la canzone è cambiata ed è questa.
">.

Esco dal verde e sono di nuovo su strada. Sul cellulare ho visto che siamo ben oltre le 8. Vado a comprare i giornali sotto casa. Ripasso dalla campana che spero non scolorisca per un bel po'. A parte la manutenzione delle strade dovrebbe resistere. Sarebbe bello poter dire "la mia casa è quella davanti alla campana!" Poso la bici, mi stendo fianco a fianco al mio gatto nell'erba. Poi vado nell'altro giardino dietro casa e raccolgo una ventina di more (quest'anno ne avrà fatte centinaia il roveto dietro casa) e faccio colazione con quelle, uovo strapazzato con erba cipollina che ho raccolto nel giardino, caffè freddo. Leggo i giornali. Si parla dei mondiali, un po' di politica ma non trovo nulla che mi interessi in particolare. Così leggo articoli stupidi con la leggerezza imperfetta che merita la considerazione delle cose stupide. Poi sono attraversato da un pensiero. Qualcosa che non so dire. Forse qualcosa che dovevo dire e non ho detto. Ma mi sembra tardi e mi sembra caldo. Troppo caldo. Come non detto.

*

vestigio [ve-stì-gio] s.m. (pl.m. vestigi, più freq. pl.f. vestigia) 1 lett. Impronta che il piede lascia sul terreno SIN orma 2 fig. (freq. al pl.) Traccia, resto: le v. di una necropoli greca. sec. XIV


 


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Di Carvelli (del 12/07/2010 @ 14:24:32, in diario, linkato 845 volte)

Prendendo spunto dalla nuova canzone di Dalla con Servillo, Fiuto, vi linko un saggio di Andrea Severi su un racconto poco conosciuto di Italo Calvino dal titolo La poubelle agréée. Scrive Calvino:
Delle faccende domestiche, l’unica che io disimpegni con qualche competenza e soddisfazione è quella di mettere fuori l’immondizia. L’operazione si divide in varie fasi: prelievo della pattumiera di cucina e suo svuotamento nel recipiente più grande che sta nel garage, poi trasporto del detto recipiente sul marciapiede fuori della porta di casa, dove verrà raccolto dagli spazzini e vuotato a sua volta nel loro autocarro".
www.griseldaonline.it/percorsi/6severi.htm
">.

 

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Di Carvelli (del 13/07/2010 @ 09:19:39, in diario, linkato 574 volte)
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Di Carvelli (del 13/07/2010 @ 09:55:26, in diario, linkato 844 volte)
Senza bussola
 
Secondo Darwin avrei dovuto essere eliminato
secondo Malthus neppure essere nato
secondo Lombroso finirò comunque male
e non sto a dire di Marx, io, petit bourgeois
scappare, dunque, scappare
in avanti in indietro di fianco
(così nel quaranta quando tutti) ma
permangono personali perplessità
sono ad est della mia ferita
o a sud della mia morte?

Luciano Erba

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