Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Carvelli (del 27/12/2010 @ 12:31:51, in diario, linkato 1026 volte)
Gli auguri della mia amica Etain Addey per il solstizio invernale come ogni Natale sono versi meravigliosi, sorprendenti, nuovi, diversi. Ma quest'anno lo sono di più. Sono di Robyn da La nascita dell'aringa, del 2009 (di cui nulla so). Ma sono belli e ve li riporto in un invito all'amore universale e alla procreazione assistita da tutta la Natura.
Quando il Sole
vide Oceania per la prima volta il cuore gli si riempì. E lei rispose scintillando con delle ondulazioni di gioia così dorate e argentate che lui capì
che per lei era lo stesso. Fece l’amore con lei quella mattina
e di nuovo alla fine
della giornata.
Più tardi, tornò in veste da donna
e le versò addosso
un chiaro di luna
così soffice e ricco
che le portò estasi e conforto
al tempo stesso.
Non passò molto tempo che Oceania aprì le sue gambe e partorì diecimila aringhe.
Ecco com’è quando fai l’amore con me.
Tutti quei pesci che girano e si rimescolano nel mio oceano di qua e di là
aspettando solo di rovesciarsi nei mari.
Di Carvelli (del 29/12/2010 @ 08:35:09, in diario, linkato 1344 volte)
David Foster Wallace risponde a una curiosa intervista di Arnaldo Greco (pubblicata in un laRepubblica delle donne recente). Lo fa accettando l'ingaggio un po' "fuori registro". In una delle risposte ribadisce il suo amore per Calvino qui da noi adombrato dalla fine (appannarsi) di una moda. Il suo scrittore di riferimento è Melville mentre Pynchon lo approva 2 libri contro 4 (e il tennis sembra sempre una delle sue metafore preferite). Dichiara di non amare le traduzioni delle sue opere in altre lingue. Per il resto e per tutto dimostra coraggio e apertura cosa che nella norma agli scrittori seriosamente presi sul serio (da se stessi) manca spesso. Spesso da noi.
Di Carvelli (del 30/12/2010 @ 08:54:25, in diario, linkato 1188 volte)
Ho conservato un articolo di Massimo Ammaniti apparso su laRepubblica 10.12.10 dal titolo è il caso di dire sintomatico "Il narcisismo non è più malattia". Fa riferimento all'atteso (2013, ma molto ritardato) DSM5, sigla che sintetizza il sistema diagnostico più diffuso al mondo in campo psichiatrico. Oggetto dell'articolo è l'esclusione del disturbo narcisistico di personalità. Mi ha colpito questo brano: "Era questo il contesto in cui ha preso corpo il concetto di narcisismo patologico, caratterizzato da un senso grandioso di sé e dal costante bisogno di conferme da parte degli altri. Inevitabilmente la vita emotiva dei narcisisti è particolarmente povera e superficiale, con un bisogno di costanti rassicurazioni e una incapacità a provare empatia per gli altri, soprattutto per le loro sofferenze". E le conclusioni (anche un po' ad effetto) da leggere nell'era di facebook e dei blog - mea culpa - del Grande Fratello ecc): "Ma forse il mondo sta cambiando: il narcisismo non solo aiuta a vivere, può addirittura, se assume un carattere di grandiosità personale, predisporre verso una carriera politica". Il resto lo trovate qui http://formazioneinrete.myblog.it/tag/massimo+ammaniti
La domanda è: il narcisimo si toglie dalle diagnosi per esubero, soprannumero (e quindi l'eccezionalità diventa normalità)?
Di Carvelli (del 30/12/2010 @ 16:15:08, in diario, linkato 1048 volte)
SMS di notte è una mia amica vicina di casa che sta male. Sono le 3e30 ma non si può far finta di nulla. La chiamo. Ci parlo, piange. Oggi penso: è tutta questione di miccia. Ognuno di noi dilata lo scoppio come può. Srotola una miccia e spera che più lunga è più si dilata il rischio. Eppure - se pure si è visto un solo film western - si sa che la miccia (dopo che uno si è stancato di srotolarla) brucerà comunque in un attimo. E allora? Tanto vale fare esplodere quello che deve esplodere. Che poi, non è detto che sia male. In chiave entropica, dico. In senso risolutivo, definitivo, mi capite?
Cena di capodanno: pesce spada affumicato, fregola con vongole veraci, orata sotto sale. Film: Heimat2. Il tutto in buona compagnia. Ovvero, solo. Ma lo sarebbe stato comunque con una buona compagnia. Ma così mi andava. Spendo due parole su Heimat. La considero una delle opere in senso universale più importanti del secolo passato. La prima volta che l'ho visto - tutto - è accaduto in un momento per me speciale. Un tempo in cui sui stavano giocando attorno a me carte decisive. Separazioni, volute o meno, che mi avrebbero lasciato un po' diverso. Più grande? Più solo? Ci sono cose che non ti lasciano uguale. Anche con Heimat è stato lo stesso.
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