Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Mi diverte sempre la pagina delle domande della Repubblica delle donne. Questo sabato due mi hanno colpito. Una sull'incanto dei calzini che si sfilano dai piedini dei bambini (un gesto che mi piace a oltranza - una piccola forma di piacere - è quello di sfilarmi le calze in poltrona senza usare le mani). L'altra sui porcospini che fanno l'amore.
Di Carvelli (del 01/03/2011 @ 11:31:42, in diario, linkato 1025 volte)
Pudore
Se qualcuna delle mie povere parole ti piace e tu me lo dici sia pur solo con gli occhi io mi spalanco in un riso beato ma tremo come una mamma piccola giovane che perfino arrossisce se un passante le dice che il suo bambino è bello.
Ci sta o ci starebbe che ora vi parlassi di My fair lady per chiudere un'ideale trilogia per gli hepburniani. Ma lo farò solo parzialmente. Per dirvi che è difficile vedere questo musical un po' retro e maschilista (che si chiude con l'invito a farsi portare le pantofole). Doppiato in ciociaro o pugliese. Viene meglio vederlo in orginale. Viene meglio pensare che sia un frutto un po' esotico di un tempo che non c'è più. Viene meglio pensare che il mondo ha fatto grandi passi anche se magari ha perso la grazia che fa credere ai miracoli dal vivo per sostenere il miracolo della morte e della fine. Unica speranza poco colorata di futuro. Chiudo. Anche l'ideale trilogia.
Di Carvelli (del 01/03/2011 @ 14:37:32, in diario, linkato 1082 volte)
Parla di sé come di un frigorifero o una dispensa. Quello che posso offrirti. Come un vassoio di paste. Come una contrattazione sindacale. Ma forse è giusto così. Quello che puoi o non puoi offrire.
UN AVIATORE IRLANDESE PREVEDE LA SUA MORTE
So bene che incontrerò il mio destino Da qualche parte, lassù fra le nuvole; Io non odio coloro che combatto, E non amo coloro che difendo: il mio paese Si chiama Kiltartan Cross, e i miei compaesani Sono i pezzenti di Kiltartan, e nulla può accadere Che possa menomarli, o che li possa Rendere più felici che in passato. Né legge né dovere mi costrinsero alla guerra, Non gli uomini politici, non le folle plaudenti, Un impulso di gioia solitario Mi guidò a questa furia fra le nuvole; Ho valutato ogni cosa, mi sono chiesto tutto, Gli anni avvenire mi parvero spreco di fiato, Uno spreco di fiato gli anni ormai passati, In equilibrio con questa vita, con questa morte. (William Butler Yeats)
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Vi succede mai che delle parole a un certo punto si mettono ad inseguirvi, tutte assieme? Esempio? Ieri: salve e salme (come uno scarto da Settimana Enigmistica). Un altro? Arianna. Un nome che mi ha sempre detto poco (poche Arianna nella mia vita). Poi Arianna, collega di Cristina che ha una figlia che si chiama Arianna. Poi una collega di un corso. Tutto in poco tempo. Ho usato il nome (un altro) di una collega per un racconto (e anche questo è un nome inusitato per me) e stamattina alla radio è stata la prima parola che ho sentito. Certe volte le parole vogliono qualcosa da me che non credo di sapergli dare. Mi metto lì e ci penso e non so che farci. Oggi le ho scritte.
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