Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Ho dimenticato di dirvi che domenica scorsa sono stato all'evento di cui vi scrissi. Tra l'altro la foto che mi era toccata in sorte per la scrittura del racconto era quella scelta per il manifesto. Il racconto, letto da un'attrice, si intitolava Una verità diversa dei numeri. E, per chi non mi conosce, tirava uno dei fili dal mio La rivoluzione spiegata alle commesse (Coniglio editore). Quello del BarLibano e di Carlo.
Di Carvelli (del 31/03/2011 @ 08:58:06, in diario, linkato 1007 volte)
Te
Te lasciarti essere te tutta intera Vedere che tu sei tu solo se sei tutto ciò che sei la tenerezza e la furia quel che vuole sottrarsi e quel che vuole aderire Chi ama solo una metà non ti ama a metà ma per nulla ti vuole ritagliare a misura amputare mutilare Lasciarti essere te è difficile o facile? Non dipende da quanta intenzione e saggezza ma da quanto amore e quanta aperta nostalgia di tutto- di tutto quel che tu sei Del calore e del freddo della bontà e della protervia della tua volontà e irritazione di ogni tuo gesto della tua ritrosia incostanza costanza Allora questo lasciarti essere te non è forse così difficile
Erich Fried
La letteratura che mi piace è un corpo a corpo con se stessi. La letteratura che amo è quella dove, senza farsi sconti se possibile, si ingaggia una lotta con i propri mostri (il successo è ovvio è dato da quanto i propri mostri siano o divengano, grazie alle proprie arti, intellegibili agli altri), i demoni, le paure. Lorenzo Pavolini - che leggo ahimé in ritardo - ha davvero composto l'opera della sua vita. Ha scelto il suo campo di disfida: quello più urgente (urgente ma forse dolorosamente o silenziosamente rimosso) e ingombrante. La figura del nonno. E senza farsi sconti. E senza farli a lui. Alessandro e Lorenzo: mai conosciuti, mai presentati eppure l'uno almeno all'altro presente. Presenze: questa sì una parola che vale molto, che pesa molto come un'azione sicura - magari con pochi rialzi ma stabile. Presenze: anche quelle che non vediamo (e perciò crediamo di poter esorcizzare nella distanza). Presenze che affianchiamo o ci affiancano. Accanto alla tigre (che è poi il titolo del libro, Editore Fandango), diventa la metafora di questo andare a lato del proprio destino, quello dell'autore, quello dell'imponente avo, quello di lui con se stesso. A fianco ma con la tentazione di un balzo, sulla sua soma nel tentativo di cavalcarla.
Ps Ahimé (secondo ahimé della giornata) il libro lo ricorderò per l'insonnia dentro cui è proseguito. Come se la tigre, la mia trigre di oggi fosse questo poco sonno o quello per cui questo poco sonno sta. E che io non so.
Adesso che il tempo sembra tutto mio e nessuno mi chiama per il pranzo e per la cena, adesso che posso rimanere a guardare come si scioglie una nuvola e come si scolora, come cammina un gatto per il tetto nel lusso immenso di una esplorazione, adesso che ogni giorno mi aspetta la sconfinata lunghezza di una notte dove non c’è richiamo e non c’è più ragione di spogliarsi in fretta per riposare dentro l’accecante dolcezza di un corpo che mi aspetta, adesso che il mattino non ha mai principio e silenzioso mi lascia ai miei progetti a tutte le cadenze della voce, adesso vorrei improvvisamente la prigione.
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