Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Guardarsi allo specchio vedendo la faccia di un altro è un'opportunità che tocca solo ai più fortunati. Spesso dura poco. A volte finisce in terrore. Se rinizia è per un calcolo di probabilità così raro che è un peccato non saper contare o prevedere. Tutte le visioni meritano una caduta abissale.
Di Carvelli (del 27/03/2013 @ 09:33:29, in diario, linkato 2098 volte)
Pronomi personali
Lui gioca al treno Lei gioca al fischio Loro partono
...
Lui gioca al filo Lei gioca all'albero Loro dondolano
...
Lui gioca al sogno Lei gioca alla piuma Loro volano
...
Lui gioca al generale Lei gioca all'esercito Loro perdono
Dunya Mikhail, da La guerra lavora duro, 2011 Traduzione di Elena Chiti
Di Carvelli (del 29/03/2013 @ 09:09:06, in diario, linkato 1108 volte)
…E dunque, dunque questa sensazione, questa percezione d’altro, d’oltre, di al di là. Di un di più. Questa pregnante percezione. Questa stupita, quasi incredula, vibrante percezione. Questo sospetto di. Questo sobbalzo, questa speranza. Tutto questo sentire. Non è solo mio. Ma come potrebbe, d’altra parte? Presunzione, bella mia! No. No, invece. Felicità. Felicità che non sia solo mio. Felicità. Condivisione. Possibilità.
Philippe Jaccottet - Da "E, tuttavia" - Marcos y Marcos - 2006
C'è chi
C’è chi meglio degli altri realizza la sua vita. E’ tutto in ordine dentro e attorno a lui. Per ogni cosa ha metodi e risposte. E' lesto a indovinare il chi il come il dove e a quale scopo. Appone il timbro a verità assolute, getta i fatti superflui nel tritadocumenti, e le persone ignote dentro appositi schedari. Pensa quel tanto che serve, non un attimo in più, perché dietro quell’attimo sta in agguato il dubbio. E quando è licenziato dalla vita, lascia la postazione dalla porta prescritta. A volte un po’ lo invidio - per fortuna mi passa. da "Basta Così" di Wis³awa Szymborska
Il nuovo film di Giorgio Diritti ("Un giorno devi andare") - regista per cui ho qui speso molto entusiasmo - mi ha un po' deluso.
L'aspettativa era alta. L'obiettivo era notevole. La storia si dipana tra Italia (poca) e Brasile (molto). C'è l'Amazzonia (bella specie in traghetto). Ci sono due mondi che non si sfiorano e confliggono a distanza. L'idea era molto interiore - quella di raccontare cosa succede nel cuore di una giovane ragazza (una Jasmine Trinca poco convincente e troppo convinta) che cerca un senso al suo tormento esistenziale (aborto e separazione). Sparire da se stesssa è la soluzione. Lo fa rifiutando il primo passaggio verso la sua verità. Nella verità di un'altra - una suora amica della madre che fa da tratto d'unione con il mondo italiano conventuale e separato quanto quello del mondo selvaggio che attraversano come cacciatrici da safari d'anime (il tema dell'evangelizzazione è veritiero ma forzoso). Il mondo delle certezze della religiosa non la convince. E non convince neppure noi. Che pure sì sappiamo di uan religione aggressiva e forzata ma qui davvero messa in scena con didascalia troppo marchiana per risultare più che credibile efficace al senso leggero della ricerca interiore che il regista vorrebbe imprimere alla vicenda. Poi il film diventa una favela (e il racconto urbanistico lo è bello) e un robisoncrusoe che convince sempre meno. Peccato. Non ritiro la mia idea di un regista, Diritti, vera scoperta di questo giro di anni. Però mi dispiaccio di questa ambizione svilita in una inconcludenza che poteva limitare se non abbattere. Anche a giochi fatti.
|