Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Conto fino a 4. A 5 arrivi tu e mi dici "conta ancora". Ma dopo 5 non è più contare. Tanto valeva dire un giro di parole e dove finisce il fiato, basta. E' tempo di chiudere i conti. 10 massimo e via. Bisogna essere leali: decidiamo un limite. Decidiamolo insieme e poi basta. Anche per me è tempo di andare.
Sono tante le domande a cui non so rispondere. Tanti i quesiti a cui mi sento chiamato a rispondere. Vorrei leggere nella mente degli altri, piegare i cucchiai con la forza del pensiero e sempre con la forza del pensiero far fare agli altri quello che voglio io. M’impegno all’uopo a essere morigerato e non approfittarne. Prometto di non sfruttare il mio fantasmagorico potere per far scoppiare guerre o far soffrire alcuno, in generale per scopi negativi. Vorrei sapere come si smacchiano le macchie indelebili, come non si soffre per amore come concentrarmi forte forte e far segnare la squadra per cui tengo. Come aiutare nella strada della felicità me e gli altri. Trovare una vernice che non scolorisce, una lana che non spela né fa quei fastidiosi pallini. Imparare a cucinare piatti afrodisiaci per fare il cuoco in casa altrui e poi lasciare il campo alla festa (altrui) dell’amore. Vorrei sapere in questo momento in quale parte del globo la mia presenza è attesa o temuta. Allontanarmi dalle persone che non vogliono il mio bene, tenere a distanza gl’inganni (oddio sta finendo per essere una canzone di Battiato, la faccio finita). Fine della lista infinita delle domande a cui vorrei trovare risposta. Fine, per ora.
Di Carvelli (del 19/09/2008 @ 14:26:02, in diario, linkato 1598 volte)
Dolce amica, alla tua stanzetta, Per l'ultima volta verrò. Un'ultima ora d'amore Felice con te spartirò. Ma d'ora in poi languida e ansiosa Non aspettarmi notti intere Fino alle mattutine luci - Troppe candele bruci.
(1821)
ALEKSANDR PUSKIN - Viaggio d'inverno (a cura di Giudici e Spendel)
Una delle cose che mi ha sempre entusiasmato è come, senza che uno se ne renda conto, si possa passare da un'emozione a un'altra, da un dolore a una gioia, da una sofferenza a un sorriso. Senza che uno se ne renda conto o senza che uno lo decida (anche se forse si può fare qualcosa per provare a deciderlo). Parlo di ieri sera. Di sei persone a casa mia. Parlo di uan serata che si sarebbe a buona ragione potuta e dovuta spostare. Parlo di una inspiegabile successione di sensazioni. Non un'altalena: prima male poi bene, poi male, poi bene ad libitum. Parlo davvero di "prima male pi bene". E basta, solo questo. Né un miracolo, né una buona notizia. Provo a capire alla moviola il passaggio da uno all'altro. Non trovo il momento x. Rivedo una specie di salita. Un crinale ed ero senza fiato. Mi fermo, riparto. Penso: questi si apettano qualcosa non posso deluderli. Questa è la mia casa gli devo qualcosa. Penso a loro. Mi dimentico per un momento di me. E salgo le ultime pietre. Poi sono in cima e dico "salite, è bellissimo da quassù". E ancora non ho visto bene e loro salgono e guardiamo insieme. E sì c'era una bella vista. Tutto qui.
La strada è tutta curve. la strada sale e scende su dei poggi e attorno è tutta campagna. La campagna di adesso, di questa stagione. Un po' mietuta e un po' secca (tanti campi secchi di mais: mai visti così tanti). Terra smossa, rossa. trattori che ancora la sollevano. Campagna senza case per chilometri, senza campo al telefonino, senza altre macchine o persone. Un ciclista ma per sbaglio. Cornacchie. Un tempo lì mi ricordavo le ghiandaie, l'upupa. E niente. Appena una gazza. E la strada, un po' rattoppata ma neanche molto e questa stagione bella.
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