Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Poi decideremo cosa farci dei calcinacci che rimangono. Per ora li mettiamo in delle buste con la tentazione di ritirare fuori tutto e rimettere come stava prima. Adesso appoggiamo le buste in un angolo. Dentro riconosco resti di cose che non mi va di lasciare del tutto. Faccio finta di non vedere. Le cose non sono più le cose. Quelle che abbiamo conosciuto. Quelle che ci sono servite. Di cui abbiamo pensato "non ne posso più fare a meno". Tutto ora sta in dei sacchi. Pronti ad essere buttati. Io sto davanti a loro. Con la persuasione del nuovo. E nella cautela verso il vecchio comunque non c'è nessuna paura.
“Ah, se la gente cominciasse a bruciare le staccionate e lasciasse vivere le foreste! Ho visto staccionate a metà distrutte, con le estremità disperse nella prateria, e un qualche miserabile avaro verificare con un agrimensore i propri confini, mentre il cielo viveva ovunque intorno a lui, ed egli non vedeva gli angeli volteggiare, ma cercava un vecchio buco per piantare un palo in mezzo al paradiso. Guardai ancora, e vidi l’uomo ritto nel mezzo di una palude infernale, assediato da demoni, e aveva di certo trovato i propri confini, tre piccole pietre con un palo rizzato al centro, e guardando più attentamente vidi che l’agrimensore era il Principe delle Tenebre.” (“Camminare” di H.D. Thoreau).
Se tu dici "sombrero" io non penso al Messico, come dovrei. Né a un gelato, se esiste. A una rivoluzione, come in fondo mi piacerebbe. Se tu dici "sombrero" io conto il numero delle dita. Iniziando dalle mani. E poi continuando con i piedi. E mi ritrovo bambino, in un letto da cui non vorrei scendere. Il letto di un bambino è alto - lo è per un po' e più di quel che sembrerebbe a guardarlo da adesso - ed è difficile venirne fuori. Specie d'inverno. Soprattutto di domenica. Ma dipende dalla scuola, dalle pagelle, dai genitori. Se tu dici "sombrero" io vedo quelle dita piccole, quella pelle bianca che un calzino ha rivelato all'improvviso in tutto il suo candore tiepido. Ecco: "sombrero" è la parola delle dita, dell'infanzia, di oggi.
La domenica specialmente quando non c'è nessuno in casa e siamo là verso la fine di giugno, vado fuori sul terrazzo per stare a sentire che al di là dei muri la città sta zitta.
Di Carvelli (del 30/11/2012 @ 09:10:43, in diario, linkato 1338 volte)
Su Internazionale di oggi una poesia di Kurt Marti, poeta e teologo evangelico, che qui posto in un'altra versione:
Voi chiedete cos'è la risurrezione dei morti? io non lo so
voi chiedete quando è la risurrezione dei morti? io non lo so
voi chiedete c'è una risurrezione dei morti? io non lo so
Io so soltanto quello che voi non chiedete: la risurrezione di coloro che amano
Io so soltanto a che cosa Egli ci chiama: alla risurrezione qui e ora.
http://alsolcodellavita.blogspot.it/2012/04/risurrezione-qui-e-ora.html
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