Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
sono seduta in briciole, gli occhi accecati per pudore, secondo le istruzioni di un gioco di mattoni viene inserito il pezzo. Scosse che avvisano: i rottami planano come foglie.
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quando mi dormi in mente la stanza ha il tuo profilo ed ogni cosa un posto come le vene. Sei il figlio, e il piccolo animale fermo sulla terra annusata cercando la radice la traccia, la coda di una promessa che trattengo, fino a che è rotto questo bavaglio, e il pensiero si disegna nella linea aperta delle nostre mani.
Ho comprato e iniziato a leggere Le Correzioni di Jonathan Franzen. Poche pagine quindi è difficile dire. Ma intanto la conferma che una poltrona è un universo. E che spesso si dice di più di un personaggio quando lo si fa fare qualcosa anziché dirla. Poi ho letto la recensione di Laura Lepri sul Sole della Domenica) e ho regalato Lettera a un giovane scrittore di Claire DeLannoy. che è un editor e una scrittrice e scrive quindi nella doppia prospettiva di chi lavora con la propria e l'altrui scrittura. Sono suggerimenti e riflessioni sul tema angelo o professionista sotto le cui doppie mentite spoglie si raccoglie una delle figure preminenti della editoria in toto. In entrambi i casi - spiritualità o materialità - non è ,ale che si parli di e parlino gli artefici delle buone cose dei libri.
Rileggo un racconto di Vittorio Imbriani. C'è un certo Squillacciotti e mi viene in mente, non so perché, la saga di Scaramella. Intanto ecco una pagina dello scrittore.
Da Vittorio Imbriani - La bella bionda. Costumi napoletani
(...) Un giorno, facendo non so che scampagnata, capitammo a pranzo sul Vomero in lieta brigata; e, caduto il discorso sulle prossime nozze d'un nostro compagno, il quale si pretendeva innamorato, indispettendosi che non volessimo credergli punto punto, lo Squillacciotti parlò press'a poco così: «Qual'è il miglior amore, o più esattamente, l'unico amore possibile in Italia? L'adulterio: e vel dimostro. In quattro condizioni può trovarsi la donna: o sarà fanciulla, o vedova, o pubblica, o maritata; di qui non s'esce, altri stati non vi sono. Vediamo in quale stato possa meglio amare ed amarsi. La fanciulla pensa a collocarsi, a trovare un buon partito, ad uscire dalla dipendenza della casa paterna, ad acquistare quella personalità, che solo il matrimonio può darle; non vuole amanti, anzi pretendenti; non fa alle compagne la storia delle sue passioni, anzi il racconto de' matrimonî, che le sono usciti, delle occasioni che ha avute. Quindi sta sempre come un cacciatore in agguato. Simula e dissimula. Le opinioni, i gesti, le virtù, le parole, il carattere suo, tutto è convenzionale. Del resto, non hai l'agio di trattarla con quella confidenza ed assiduità, che ti permetterebbero di riconoscere la fisonomia sotto la maschera. E spesso, non c'è fisonomia: l'ignoranza e la soggezione, in cui l'hanno educata, ne hanno compresso ed impacciato lo svolgimento morale; atrofizzano in lei la passione. La vedova ha più valore: conosce il mondo, comprende gli affetti, sente; ma, per lo più, medita anche essa di risituarsi, e sarà capace di conculcare gli affetti vostri ed i proprî per asseguir codesto bello scopo; o, se vi fa delle concessioni amorose, le limita, le subordina alla cura di tanti riguardi, all'apparenza, alla riputazione. La cortigiana, quella non ha riguardi quando ti vuol bene, e lusinga altamente la tua vanità, poiché in piena cognizione di causa antepone te solo a tutto il pubblico. Poi non ha imposture; Orazio Flacco l'ha detto in versi bellissimi: mercem sine fucis gestat. Ma è malsicura e mutabile; non t'offre alcuna guarentigia di costanza; accanto a lei, sei consumato da gelosia (se non altro retrospettiva ed indeterminata, che mi sembrano le due peggiori forme della gelosia), anche quando lei non ti dà alcun appiglio. Inoltre arrossisci d'amarla e d'esserne riamato; ti senti ridicolo; la disprezzi; ti disprezzi di amarla. E quell'amore e quella gelosia ti corrodono il cuore, simili a due ulcere infami, dalle quali ti lasceresti mangiare le carni, per non aver l'umiliazione di mostrarle al chirurgo, di raccontargliene l'origine. Rimane la donna altrui: essa ti ama disinteressatamente; da te non può chiedere, desiderare o sperare se non corrispondenza d'affetto; quest'unico contraccambio vuole, non altro. Conscia bene di quel, che si è l'amore, ti antepone agli altri corteggiatori, ti antepone al marito. È sicura, perché i nostri costumi rendono i legami di questo genere patti d'onore, come l'obbligo di pagare i debiti di giuoco; si sacrifica, si compromette per te; arrischia la pace e la tranquillità, e spesso la vita, sempre che ti accorda un quarto d'ora di piacere... Ed ora, ditemi voi: quale preferireste di queste quattro donne, di questi quattro amori?» (...)
"Ci dovrebbero essere anche gli ospedali per i dispiaceri, con i convenienti reparti; dispiaceri amorosi, dispiaceri per affari". (Cesare Zavattini - Parliamo tanto di me) Sì ci dovrebbero essere. E cure adeguate e pene severe per chi li procura. Magari anche qualche senso di colpa se può servire anche se il senso di colpa non è mai servito a nessuno se non agli estensori dei pensieri religiosi. E colpa per colpa ecco un ritratto che ieri mi ha fatto ridere da solo in metro (non ridevo così dal film di Lars Von Trier -Il grande capo- una manciata di ore prima...ma proprio a crepapelle, anche se unico o quasi nella sala. Dicevo: ieri mi sono imbattuto (ultimo numero di Internazionale) in un simpatico profilo tratteggiato da Nora Ephron: "una cosa che Jane aveva fatto con un buon numero di promettenti giornalisti, editor e scrittori (andare a letto/ fare sesso/ farsi tresca NdR), il più famoso dei quali, al termine della unica notte insieme, le avea regalato una copia del suo libro. Ne teneva una scatola vicino all'ingresso e Jane raccontava che mentre stava per andarsene lui le aveva detto queste esatte parole: 'Prendine pure uno uscendo'." (anche ora non riesco a non ridere). Spero nessuno si dispiaccia.
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