Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Notte
Mi sono sognato un film intero. Bello. C'è una pistola, una pistola che spara. Una pistola che finisce in mani sbagliate. Un giallo involontario. Un film dell'amicizia.
Giorno
Mi sveglio con questa canzone di Vasco. Una delle sue rare cover. Da Creep dei Radiohead.
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Da quanto non sentivo questa parola, mi chiedo. Chi e a chi? Non riesco a ricordare. Che la parola è bella come tutte le parole obsolete. Eppure messa lì a fare giustizia, a riparare ad altro finisce per sembrare un giro di nastro adesivo attorno a un microchip. Che poi serviva un rattoppo? A quale guasto? Provo a cambiarle codice ma non funziona nell’ironia né altrove. Mentre finisce per sembrare denigratoria ed è pericoloso pensarla in senso retroattivo. Penso: 1 E' una parola. 2 E' solo una parola. 3 Una parola non è solo una parola.
Mi sveglio con mal di testa da cervicale. Ieri barbecue da solo. C’è un che da sopravvissuto nel farsi la carne alla brace tutta per sé. E anche po’ vizioso. Stamattina Google ha leccato uno per uno i miei sette ospiti del mattino tutti protesi a non farsi graffiare.
venerdì
Affaccia sulla mia casa. Che effetto salire lassù in alto e vedermi là sotto piccolo. Eccomi da un altro punto di vista. Mi torna in mente Wakefield quel racconto di Hawthorne in cui un uomo abbandona la famiglia e continua la sua vita di fronte guardando per tutto il corso della sua esistenza quello che ha lasciato per poi farvi ritorno. Con L. in due anni - da quando ci hanno presentati - ci siamo incontrati una sola volta. Davvero poco per 90 metri di distanza. . Visto Cherì. Niente che mi ricordi. Solo il pensiero che quando l'amore non è attivo diventa retroattivo. Ahi!
sabato
Andiamo a vedere (con C.) Baaria "al primo spettacolo - dice - così non troviamo gente". Non è una profezia no. Tornatore dice di sé - e senza torto - che lo rimproverano di essere eccessivo e ridondante. Ma nessuno che si chieda se in definitiva non sia quello il suo stile. Il film è bello, rara opera italiana di respiro epico. Parte farragginoso e certo cede al bozzetto (e all'eccesso, già!) però il finale vale tutto il film e in definitiva è bello che esista un regista così diversamente abile. Dice S.: "sai quando hai in mano il pezzo di un puzzle e cerchi a forza a farlo entrare in uno spazio solo perché è arancione?
domenica
Io A. e G. Ci dobbiamo dire delle cose. Pare che io e G. dobbiamo dirle ad A. E invece è A. che ci dà la sua lezione. Una lezione ingenua e diretta. Dice "vi auguro di vivere con il cuore aperto". Silenzio. Preparo il Giappone. Iniziando con vedere Hiroshima non amour. Terribile parafrasi di un incontro d'amore nelal devastazione postnucleare. Sì che ci si potrà ancora amare eppure succederà ancora la devastazione. Vado a dormire ridendo a crepapelle (chissà s etecnicamente fa bene al sonno).
Sei l’inverno che rifiuto
nel ricordo colpevole
della schiena dell’estate
come una fissazione
un oracolo
che allora non parlava
che ora finalmente dice
ora che il freddo
ci nasconde
dietro vestiti
più pesanti
pensieri
più semplici
notti più lunghe.
Si presenta a casa mia presto. Di lui so poco. So che è vedovo da poco. Nient'altro. Appena apro la porta ci guardiamo in faccia e ci diciamo che abbiamo facce conosciute. Niente di più. Che forse ci saremo visti da qualche altra parte. Dopo un po' mi rendo conto che forse potrebbe essere il marito di una mia amica da qualche mese scomparsa. E glielo chiedo. E' lui. In realtà la coincidenza è tutto sommato leggera. Non eclatante ma neppure molto casuale. Di lui so poco. Negli ultimi tempi ci eravamo visti poco con L. Lei si era sposata e aveva messo al mondo una figlia, M. In realtà viceversa. Ma siamo stati buoni amici. Addirittura un paio di giorni dormì a casa mia. Si svegliava presto e andava a parlare con mio padre. Erano giorni difficili e mi chiese di avere quel conforto di un'altra casa (vicina anche ad una nuova sede di lavoro). Un anno passammo anche un capodanno insieme con il suo primo marito. Poi un po' a intervalli. Mi torna in mente il suo modo di interpellarmi "robbibbello" e mi diceva cose dei suoi fidanzati. Qualche volta lamentosa, qualche volta preoccupata, materna. L'ultima volta che ci siamo visti - lei era consumata dal tumore - mi ha tagliato un ciuffo di capelli con il rasoio di lui e mi ha detto tutte le sue preoccupazioni per la salute. Di lui. Parlava al futuro - di sé e di lui - e pensava alla necessità che lui si occupasse della sua salute. Poi più nulla. Mi sembra di risentire la sua voce "robbibello...me lo segui... ti prendi cura di lui?" E a quanto pare la vita lo ha messo sulla mia strada tutte le mattine o quasi. Lasciato in un capo della città e ritrovato nell'altro. A sorpresa. Ma manco tanto: quando L. si metteva in testa una cosa era un kamikaze. Se può servire dirlo in realtà mi sembra che non abbia bisogno di nulla. Nemmeno di sorrisi che ha in abbondanza per tutti. Neppure di energia.
In attesa di andare a vedere la mostra a Siena di questa fotografa americana il cui lavoro adoro e di cui ho spesso qui parlato linko un bel video da youtube dei suoi scatti con musica di Cirque du Soleil.
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