Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Bicicletta, bambini (tanti bambini, tutti nello stesso posto e ad età diverse: -7, -5, 1 mese, 2 anni...e non era una clinica né un asilo), parlare di cose mie con parole di altri, parlare di altri con parole mie, l'insieme "cose ingestibili", il sottogruppo "cose indigeribili", il sottosottogruppo "cose idealizzate" nel gruppo "cose ideali" (lo scambio pernicioso tra i due gruppi), salire e scendere da un tram che non si ferma del tutto, zucchine (sapore reale e sapore immaginario), un pomeriggio caldo di agosto in una Roma vuota e assolata, più ciliege l'anno prossimo, V.Hugo, Adele H., ricordo di te e del tuo appassionato cinismo, l'ideale e il reale quando non viaggiano insieme, quando viaggiano insieme, quando non viaggiano, essere cauti o incauti, essere freschi, essere, la limonata, la marmellata, la rivoluzione francese, la mia rivoluzione, tu, il canotto, la spiaggia, idealtipo (una parola che vorrei usare non so per dire cosa), il modo in cui certe volte mi ha guardato, uno sguardo vuoto, uno pieno, soffice, sapone, vellutata di verdure, vellutata di qualsiasi cosa, anche di te, la parola "emergenza", la parola "stitichezza" (usata a proposito, come dal farmacista o all'interno di una conversazione), cose a cui ho accennato, altre cose che non ho detto.
Stamattina mi è ritornato in mente Intimacy di Chereau. Non ricordo se il film fosse bello. Certe volte non so neanche che pensare di Chereau. Mi piacciono i suoi film (purtroppo non l'ho mai visto in teatro o in allestimenti) senza che riesca a dirlo non fermezza, nettezza. Ma mi arriva, mi coinvolge, mi dice qualcosa di personale. Come in questo film (e nell'ultimo credo ancora non uscito in italiano). Mi succede spesso con libri o film che stenterei a definire capolavori e che pure vedo e rivedrei molte volte: deve essere questa la versione "oggettiva" dell'aggettivo "personale". Questa che linko è la sequenza finale sulle note di Bowie, The motel. Con il bellissimo verso finale Me exploding you.
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Ho citato spesso negli ultimi tempi Luciano Erba, il grande poeta milanese della cui morte vengo a conoscenza ora. Cito una poesia ancora. Oggi. In forma di tributo e, insieme, il link a un bel (ben noto) blog di poesia.
Quando dietro le nuvole sbaglia
Quando dietro le nuvole sbaglia il sole (ma non sarà stato il vento a fargli strada?) quella luce inattesa non sperata improvvisa non vorrà dire qualcosa? una cosa in attesa? ma quale? di fatto a qualcuno viene voglia di vivere a un altro di morire.
http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2010/08/04/luciano-erba-1922-2010/
Mi chiede se ho presente questo e quello? Sì che ho presente. E poi hai presente quando? Sì. Fa un'infinità di premesse a cui non dà alcun seguito. Mi chiedo se alla fine avere presente tante cose non sia poi d'altronde un limite. Se non ci sono conseguenze. Se tutto rimane uguale. Se niente succede. Questo il limite di noi essere razionali. Siamo animali scientifici e questo ci nuoce. Meglio sarebbe essere animali animali. Magari un po' scientificamente ma animali. Il pensiero di oggi è una dedica all'animalità. Quella che è in noi e quella fuori di noi. Avete presente?
Di Carvelli (del 04/08/2010 @ 08:29:51, in diario, linkato 1166 volte)
Ieri sera - era tanto che non andavo - sono andato al giapponese. Stavo lì e mi guardavo attorno. E' una cosa che faccio con un po' più di circospezione rispetto ad anni fa quando mi poteva accadere di estranearmi persino in una fissazione visiva. Mi domandavo se mangiare giapponese ha in sé qualcosa di snob. Mi chiedevo, in definitiva, se io e gli altri lo eravamo. Ho fatto anche un salto indietro. Nei tempi in cui mangiare cinese rappresentava (ha rappresentato) un salto nel vuoto, una vera rottura che nessuno di noi ha lasciato uguale. C'erano molte coppie, ieri. Qualcuna male assorbita. Nessuna tavolata conviviale alla "cinese". Da cui ho ricavato una mia piccola legge: che mangiare giapponese sia uno snobismo a due o quattro. Ma, dunque, ho accettato di classificarlo nel girone degli snobisti? Non so. Forse mi sono chiesto se mi piaceva davvero quello che mangiavo e se davvero piaceva agli altri. Poi mi sono chiesto se avrei digerito bene. Poi se era stata una bella serata. Se il conto era salato. Se ce la facevo a guidare la moto così lontano. Ed ecco che era finito tutto il mio snobismo. In un colpo di sushi.
Stamane, per rimanere al vizio capitale di cui sopra, mi viene da pensare se possa considerarsi del pari snob l'attendere i titoli di coda dei film al cinema. In fondo - faccio l'avvocato del diavolo - che ce ne frega dell'ultimo runner, dell'accompagnatore della diva. Mi sono trovato delle attenuanti non generiche nell'attesa delle musiche e delle locations. Dove è stato girato? Quale comune, vallata, lago, albero deve essere gratificato di un saluto? Ovviamente ho omesso la possibilità di secondi fini - tipo evitare qualcuno che si è visto e non si vuole per qualche ragione salutare, essere in buona compagnia e attendere il vuoto della sala per avere l'impressione di una visione privata, sentimentale. Qui non ho una legge se non la mia: non sto lì per inseguire nomi come se sfogliassi un paginebianche a rullo, né come se leggessi le infinite clausole di un contratto in corpo2. Sto lì solo per sapere dove passerò una vacanza o quale CD mi comprerò. Ed ecco che anche qui tutto il mio snobismo è capitolato. In un colpo di coda.
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