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Di Carvelli (del 24/03/2011 @ 12:26:56, in diario, linkato 2868 volte)
Sollevare un'obiezione. Perché si dice così? E' pesante un'obiezione? Da sola non si alza? Serve una mano? Due mani? C'è uno sport? Sollevatore di obiezioni? Conoscete dei campioni?
Stamattina mi vengono in mente due versi di due canzoni abbastanza popolari. Una è di Grignani che a un certo punto (lasciato dalla lei) chiosa "decisione discutibile". Ogni volta che la sento mi vengono in mente le cronache post-partita, le analisi delle azioni, la moviola. Insomma: il calcio e gli arbitri. L'altro verso è di Paolo Conte e dice "lo spettacolo d'arte varia di uno innamorato di te". Mi è tornato al ricordo giorni fa quando assistevo all'approccio di un amico con una. A un certo punto ho sentito la parola "letterario". Mi è venuto un brivido. Perché lo conosco aduso a commenti calcistici, rari sprazzi di analisi - senza analisi - politiche, gerghi vari, contrarietà. C'è da dire che io sono quel genere di persona che non crede alla manifestazione del contrario di sé persino nell'atto mistificatorio e funambolico della conquista. E, ne convengo, anche il mio è un genere. Ma se proprio devo scegliere dal corteggiamento (anche altrui) mi aspetto - al corteggiamento chiedo - che sia davvero vario. E davvero artistico. Ma è un genere. Anche questo. Un genere che dovrebbe essere artistico e non similtale.
Felice come sono stato felice oggi a notare che non ero felice per niente mi rende felice per tutti i giorni che felice non sarò davvero e non potrò pensare che possa cambiare (deve essere una sensazione così)
Credo che una delle cose più interessanti che ho sentito da Franzen l'altroieri sia stata quella che vado a dire. Spiegava di come fino a Le correzioni (compreso!) abbia scritto pensando al lettore - cosa che si accordava con uno dei suoi comandamenti barra consigli di scrittura a non considerare quella col lettore una guerra - "che mi legga chi vuole leggermi" e insieme ad altri autori con cui confrontarsi. Il meglio che possa capitarti nella vita è scrivere quello che sei. Tirando fuori il meglio da te. Quello che solo tu sai e puoi dare. Quello che tu sai fare. Che alla fine è un buon consiglio in genere. Una frase buddista recita (cito a memoria): "finché non percepirai la natura della tua ultima essenza la vita sarà un'infinità e dolorosa austerità".
"Cosa fa di un uomo un uomo?" è la domanda di Leboski ricco a Leboski povero. La rivolto. Di una donna il punto di forza maggiore è la capacità non di vincere ma di saper convivere con le sconfitte. Generalizzo ma credo che, a mia esperienza, sia questo tema della capacità di sopravvivere con orgoglio alle alterne fortune della vita a rendermi il mondo femminile misteriosamente affascinante. E invidiabile. Nel recente D di Repubblica le domande non mi hanno colpito stavolta. Più interessante il servizio di Lorella Zanardo sul difficile rapporto degli uomini col corpo delle donne (meno quello dei giovani, della generazione più giovane della mia, poco incline alla sofisticazione dell'immaginario viziato dall'industria seriale del piacere). Generalizzo ma direi che il rapporto da facilitare e capire e apprezzare e, in certi casi, ammirare sia quello con l'intimità delle donne (che comprende e trascende il corpo, che riguarda la sensibilità intera). Un universo oscuro che senza sapere cerchiamo di fare nostro per la strada breve della conquista. Un avvicinamento di una inconsapevole calamita che ci rende solo apparentemente consapevoli della grandezza.
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