Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Per Tess (Raymond Carver)
Giù nello Stretto le onde schiumano, come dicono qui. Il mare è mosso e meno male che non sono uscito. Sono contento d'aver pescato tutto il giorno a Morse Creek, trascinando avanti e indietro un Daredvil rosso. Non ho preso niente. Neanche un morso. Ma mi sta bene così. È stato bello! Avevo con me il temperino di tuo padre e sono stato seguito per un po' da una cagnetta che i padroni chiamavano Dixie. A volte mi sentivo così felice che dovevo smettere di pescare. A un certo punto mi sono sdraiato sulla sponda e ho chiuso gli occhi per ascoltare il rumore che faceva l'acqua e il vento fischiava sulla cima degli alberi, lo stesso vento che soffia giù nello Stretto, eppure è diverso. Per un po' mi son concesso il lusso di immaginare che ero morto e mi stava bene anche quello, almeno per un paio di minuti, finché non me ne sono reso conto: Morto. Mentre me ne stavo lì sdraiato a occhi chiusi, dopo essermi immaginato come sarebbe stato se non avessi davvero potuto più rialzarmi, ho pensato a te. Ho aperto gli occhi e mi sono alzato subito e son ritornato a essere contento. È che te ne sono grato, capisci. E te lo volevo dire.
(traduzione di Riccardo Duranti)
Colibrì (Raymond Carver)
Fai conto che io dica estate, scriva la parola “colibrì”, la metta in una busta, la porti giù per la discesa fino alla buca. Quando tu aprirai la lettera, ti verranno in mente quei giorni e quanto, ma proprio tanto, ti amo.
traduzione di Riccardo Duranti
Cito a memoria da Pagnol. Il tempo degli amori (Neri Pozza). Il motore della giovinezza è la vanità. E segue una serie di assurdità ascoltate in età giovanile tipo il vantaggio per le donne di camminare a quattro zampe per partorire in modo più agevole e amenità simili. In definitiva la trama della giovane età non è mai la creduloneria. Le stupidate funzionano perché ne rinfrancano la vanità. Il bisogno di credere per il vantaggio di sentirsi artefici di questa propulsione di scemenza. Purtroppo l'età come spesso accade non è indicativa. Spesso la vanità continua a essere il motore della nostra età matura. E crediamo alle scemenze che ci arrivano addosso, alle seduzioni, ora mi rendo conto, per questo male (grave ma curabile) che è la vanità. E' la vanità che ci strumentalizza e ci rende deboli e proni all'inganno. L'adultità è solo la disposizione a questo cambiamento. Spesso avviene per un passaggio crudele se non può accadere per maturazione. In definitiva: maturare vuol dire diventare meno vanitosi. Questa è la cosa che scrivo oggi.
Ho come sempre lasciato in sospeso due o tre discorsi. Uno era sul film di Moretti. Mi piaceva ripensando al film accendere una luce sul fatto che il papa esce dalla prigione del Vaticano per tornare in mezzo alla vita (i fedeli, la vecchia passione mai accolta in prima persona ma mediata dalla sorella per il teatro) mentre lo psicologo rimane imprigionato nel chiuso della quarantena in attesa del sì definitivo. E lui finisce invece per riportare nel gruppo le sue ossessioni (la pallavolo come necessità di sfida, la discussione del suo e altrui sapere). Lo scambio simbolico, sembra quasi uno scambio di ostaggi, ha come esito la liberazione (forse) dell'uomo di chiesa contro la riduzione all'immobilità e all'inanità dello psicologo. La teoria semplice della moglie di questi (psicologa anche lei) rende forse più leggera perché regressiva e quindi lontana nel tempo la diagnosi delle difficoltà del PapaNonPapa. In questo doppio stallo e in una piccola speranza nel lontano passato c'è forse tanto di questo film che non deve essere preso come un film anticlericale. Forse il finale un po' ad effetto (bandiere su-bandire giù, delusione) rinuncia a questo sguardo alto assecondando l'enfasi del fallimento (della percezione del fallimento). Mentre sappiamo che fallendo il Papa si nobilità e si ingrandisce nella fede. Così ci piace pensare (da non cattolici?).
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Non farei altro che ascoltare questa canzone di Leonard Cohen. Non ditelo ai miei capi. Oppure no, diteglielo, ma ditegli che mentre la ascolto in continuazione sto lavorando alacremente. Ah se vi chiedono cosa vuol dire alacremente, ditegli senza requie. O senza requiem.
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