Cito una poesia dal libro che sto leggendo. Balistica di Billy Collins (Fazi). Presto citerò altri versi. Questi provengono dalla postfazione del traduttore, Franco Nasi. Sono versi, ci racconta lo studioso che nella prefazione intervista lungamente il poeta americano, letti da un amico al funerale della madre.
Lo scoubidou
L’altro giorno mentre rimbalzavo lentamente
tra le pareti azzurre di questa stanza,
saltando dalla macchina da scrivere al piano,
dalla libreria a una busta caduta sul pavimento,
mi sono trovato nella sezione S del dizionario
dove i miei occhi sono caduti sulla parola Scoubidou.
Nessun biscotto sgranocchiato da un romanziere francese
avrebbe spedito qualcuno più in fretta nel passato –
un passato dove io stavo seduto a un tavolo in un campeggio
accanto a un profondo lago dell’Adirondack
imparando a intrecciare strisce sottili di plastica
in uno scoubidou, un regalo per mia madre.
Non avevo mai visto nessuno usare uno scoubidou
né indossarne uno, se è a questo che servono,
ma questo non mi trattenne dall’incrociare
filo con filo, e poi di nuovo,
fino a farne uno scoubidou
quadrato, bianco e rosso, per mia madre.
Lei mi diede la vita e il latte dal seno,
io le diedi uno scoubidou.
Si prendeva cura di me, quand’ero a letto ammalato:
mi avvicinava alle labbra cucchiai di medicine,
mi appoggiava alla fronte freddi panni bagnati,
poi mi portava fuori alla luce ariosa;
e mi insegnò a camminare e nuotare,
io in cambio le regalai uno scoubidou.
Ecco qui migliaia di pasti, disse,
ed ecco i vestiti e una buona scuola.
Ed ecco il tuo scoubidou, le risposi,
che ho fatto con l’aiuto dell’istruttore.
Ecco un corpo che respira e un cuore che batte,
gambe, ossa, denti forti,
e due occhi chiari per leggere il mondo, sussurrò.
Ed ecco, dissi, lo scoubidou, che ho fatto in campeggio.
Ed ecco, vorrei dirle ora,
un dono più piccolo – non l’antica verità
che non si può mai ripagare una madre,
ma la triste confessione che quando lei prese
lo scoubidou a due colori dalle mie mani,
ero certo come certo può essere un bambino
che quell’oggetto inutile e senza valore, che avevo intrecciato
per pura noia, bastava per pareggiare i conti.
(traduzione di Franco Nasi)