Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Andate al cinema. Perché i cinema sono vuoti. Perché i ristoranti sono sempre pieni. Perché al cinema si sta zitti. Perché la persona che vi sta al fianco, vi piaccia o non vi piaccia, è lì al fianco vostro nella sua più completa nudità. Quella del silenzio. Andate al cinema perché dopo avrete qualcosa di cui parlare. Perché davvero lì saprete come la pensa quella persona, fuori dalle frasi fatte dei brindisi, dai complimenti gratuiti che danno il ritmo ai bocconi. Andateci anche per capire come si siede. Dove si siede. Dalla postura capirete tante cose: l'imbarazzo per il vostro corpo, l'imbarazzo del suo corpo. Se parla troppo o troppo poco. Se il silenzio e la concentrazione conservano un po' di attenzione per voi. Per sapere quanto potrete contare nei momenti difficili o di apnea di un pensiero che sia costante e che non vi faccia sentire soli o vedovi o in pausa. Perché non esserci per un altro è il peggio che possa capitare quando le cose sono in salita e qualcuno - anche voi sì - rimane indietro. Andate al cinema. Anche soli. Sedetevi dove state comodi. Allontanatevi da compagnie chiassose. Prendete le distanze dai masticatori, dai chattatori, dagli esseemmessatori, dai commentatori. Andate al cinema allo spettacolo che preferite. A quello in cui potete. Ma provate a farlo di pomeriggio. Quando il mondo si rivolta dalla parte sbagliata del tempo. Se vi capita di andarci troppo tardi addormentatevi senza imbarazzi. Se siete soli qualcuno vi sveglierà. Se siete insieme a qualcuno e ve lo farà pesare saprete qualcosa in più di quella persona. Andate al cinema e proponete ad altri di andarci come un insegnamento porta a porta di una religione che è sempre più iniziatica. Andate al cinema come per officiare un culto d'insieme che un giorno non sarà né un culto né un insieme e questo, se provate a pensarci, non sarà per niente bello.
La struttura dell'idiozia
La struttura dell'idiozia. Un eroe che sorride perché nessuno lo conosce, nonostante sia proprio lui il centro. Con indolenza si fa portare dalla corrente sulla sua barca a remi. La follia è il suo fiume. Tutto è aperto.
Rubare pensieri, legare il fazzoletto per dimenticare e ridere. Cose che fai nel mio nome. "Sono qui e qui rimango". Cose che dici a nome mio. Come se io non fossi io. Cosa che è, in parte, vera. Come vero è, in parte, che non sarai mai me. Cavare ragni dai buchi è il mio sport. Il tuo è rimetterceli. Nel mio nome e ancora nel mio nome. E - dici tu - in nome nostro. "Nostro" lo pronunci ancora con troppa poca convinzione. Poi passi da un lato all'altro della barricata (una barricata che solo tu vedi). Vai per una strada da cui sai che tornerai. E prima di andare dici cose che non pensi. O, dovrei dire, che non sai. Ma sono io che parlo. Mentre tu, come sempre, non ascolti.
capo good evening
fuori qui amano i loro piccoli cani dimessi. e qui non è tanto lontano dal divano al recinto come in america. e la sera quando la luce si spegne su, tra gli alberi si appoggia una piccola ombra dimessa al portone e dice: fuori qui sono amato, capisce, amato
wilhelmshorst, 17 giugno 1994
Trad. di Paola Del Zoppo da Lutz Seiler - La domenica pensavo a dio - Del Vecchio editore
la domenica pensavo a dio
la domenica pensavo a dio mentre giravamo la città in autobus. alla pozza per gli incendi sulla strada una cabina elettrica & quaranta & tre cavi correvano dall’aria in quella cabina di compatti mattoni cotti; là nella cabina sulla strada abitava dio. lo vedevo accovacciato nel suo nido di cavi in mezzo ai muri di mattoni senza finestre al fondo nel buio della strada dietro una porta d’acciaio sedeva il buon dio; era infinitamente piccolo & rideva o dormiva
Lutz Seiler - La domenica pensavo a dio - Del Vecchio editore
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