Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Dentro questa bolla, nel rumore dei tuoi pensieri, nel rumore dei miei pensieri. Dentro i pensieri che stanno facendo altri vicino a noi. Come un fumetto, tu metti parole. Io metto parole. Scriviamo frasi che non sappiamo. Immaginiamo. Scriviamo aria e premonizioni. Ora, a un passo dal niente e a uno da tutto, come in un baratro metti nel balloon il mio nome e un ricordo che io ho già dimenticato. O uno che forse può ancora succedere e succederà. Succederà, sì, succederà.
Aspetti che arrivi qualcuno a prenderti. Come se non avessi quasi quarant'anni. Come se aspettassi il suono della campanella. Come se qualcuno si fosse dimeticato che la scuola è finita e che ore sono. Ma che ore sono? Non ce l'hai mica un orologio tu. Ci deve essere stato un contrattempo, qualcosa. Stai seduta. Con la borsa sulle ginocchia e scalci - i piedi non toccano terra. Prima o poi qualcuno arriverà. Si tratta solo di aspettare, pensi. Mentre il tempo passa. La borsa che pesa. Un piccolo vento ti scompiglia i capelli. Pensi a che farai un momento dopo. Pensi a quello che succederà.
Delle sei parole che mi hai prestato solo con due ho saputo farci qualcosa. La prima era responsabilità. La prima che ricordo. L'altra era "piano piano" che sono due. Due o una. Boh. Delle sei parole che mi hai dato ne ho perse quattro. Oggi provo a ricordarle.
Non esistono punti morti, ti dico, in questo piano cartesiano senza fine dove tu hai segnato piccoli spostamenti (tu dici, "piccoli"). Non esistono fermi infiniti. E' sicuro che dopo riparti. E' certo che non finisce qui la tua strada, che non dura questa stasi, che non muore questo viaggio. Mi guardi perplesso. Mi chiedi come si muove il primo passo. Ti dico come. Sei ancora perplesso. Mi spiego. Ma nulla. Il primo passo è quello più difficile, lo sappiamo. Facciamo finta che non saremo noi a farlo ma qualcuno dentro di noi. Facciamolo.
Di Carvelli (del 07/09/2009 @ 14:40:41, in diario, linkato 1454 volte)
Linko questa bella intervista a Edgar Morin apparsa su laRepubblica delle Donne (sabato scorso).
Morin e LA FOLLIA NECESSARIA di Carlotta Mismetti Capua
Il mondo così com'è non va. Non vanno le città, aliene e malsane. Non va l'educazione, che manca di comprensione degli altri e conoscenza del pianeta. Non va l'economia, lontana dai nostri bisogni e dall'ecologia. E i rapporti umani sono solitari, senza poesia. Ma anche il nostro futuro non se la passa meglio: è fermo agli anni Sessanta e non ce ne siamo accorti. Secondo il sociologo francese Edgar Morin è tempo di reinventare tutto, partendo proprio dall'amore. E la crisi è l'occasione perfetta per ricominciare. "È necessaria una metamorfosi planetaria", ci spiega. "Abbiamo creduto che lo sviluppo tecnologico ed economico sarebbe stato la locomotiva della democrazia e del benessere. Ma oggi bisogna sostituire l'egemonia della quantità con quella della qualità, e mettere al centro beni immateriali come l'amore e la felicità". Edgar Morin, 88 anni e una carriera intellettuale tra le più brillanti del secolo scorso - direttore del Cnrs (Centre national de la recherche scientifique), presidente dell'agenzia per la Cultura dell'Unesco e accademico onorario in più di 15 università in giro per il mondo - si è occupato di etnologia, televisione, cinema, linguaggio della cibernetica, teoria dei sistemi, pedagogia e materie che erano snobbate dagli intellettuali degli anni Cinquanta. Tanto che la sua biografia, uscita quest'anno in Francia e firmata da Emmanuel Lemieux, lo definisce fin dal titolo L'indisciplinato. Ma oggi Morin si interessa soprattutto di ecologia. Nei suoi libri e nel dibattito pubblico propone "l'eco-sofia politica", e invita le sinistre (compreso il Pd) ad adottarla per trasformare il mondo. Come può il pensiero ecologico aiutare la politica? "La politica del risparmio energetico per esempio è anche una politica che lotta contro le intossicazioni consumistiche delle classi medie. È necessario che comprendiamo, e cominciamo a calcolare, anche l'ecologia della natura umana. La sofferenza, la felicità, l'amore, insomma tutto quello che è importante nelle nostre vite e che sembra extra-sociale, strettamente personale, non entra a far parte del Pil di un Paese. Tutte le soluzioni sono quantitative: ma quando la politica prenderà in considerazione l'immenso bisogno d'amore degli uomini?". Nel Metodo ha scritto che l'amore è la sola autentica religione dell'iper-complesso. Nella sua vita cosa ha imparato dell'amore? "L'amore per degli esseri iper-mammiferi come noi è la possibilità di rinascere, di ricominciare. Come cantava Bob Dylan, quello che non sta per nascere sta per morire: non c'è che l'estasi degli incontri per rigenerarci. E questo vale anche a livello collettivo: ho avuto la fortuna di vivere la liberazione di Parigi, nel maggio del 1968, e altri momenti di estasi della storia. Oggi mi pare sia uno di questi: non è straordinario che Barack Obama guidi gli Stati Uniti? L'imprevisto ci sorprende sempre, non bisogna mai dimenticare che è l'imprevisto a muovere il mondo". E invece, che cosa ci intossica? "Le idee semplificatrici. I pensieri chiari e distinti, che rifuggono l'oscurità, l'incertezza, la complessità. Quei pensieri che credono di possedere il mondo ma sono posseduti dal fantasma folle della lucidità". Qual è un pensiero sano? "Un pensiero ecologico è necessario ma non potrà essere sano se non accetta la propria follia. È nel dialogo tra ordine e disordine che sta l'anima del mondo. Nella nostra specie, particolarmente iper-psichica, iper-emotiva, il dialogo tra la misura e l'eccesso, tra la parte sapiens e quella demens, è indissolubilmente legato. Un vero pensiero ecologico deve avere orrore del sano: perché il migliore dei mondi possibili è anche il peggiore". La nostra società sembra più solitaria che solidale, per dirla con Camus. Come ricostruire quel che si è spezzato? "Camus, ecco, non separava il personale dal politico: negli anni Cinquanta, quando questo comportamento era visto con sospetto. Adesso è vero che abbiamo più solitudine che solidarietà: e devo ammettere che non siamo ancora riusciti a elaborare un pensiero politico che metta insieme l'ideale e l'esistenza di tutti i giorni, l'amore e la solidarietà". Lei afferma che le città sono oggi luoghi poco umani. Come è cambiata la sua Parigi? "Non è la stessa città dove sono cresciuto. Nuove solitudini, nuovi antagonismi, desideri frustrati e l'arresto di una prospettiva europea: tutto ciò ha reso la vita paralizzante. Ma io abito un mondo molto più grande di Parigi. Il Mediterraneo, per esempio, con i gusti musicali, gli odori, i piaceri". L'incertezza di oggi è sostenibile psicologicamente dagli esseri umani? "Siamo, come disse Heidegger, nel buio fondo della notte. Ma siamo anche al principio di un'alba, la seconda preistoria dell'uomo mondializzato. Non dobbiamo scordare che la vita è fragile, incerta e nello stesso tempo molto aperta: le potenzialità umane sono immense, dobbiamo usarle". Da oltre un secolo le malattie psichiche sono viste come malattie sociali. Come gestirle? "La follia fa profondamente parte della condizione umana: è solo il culto della ragione, dell'ordine, che non la considera umana. Ma è il culto stesso a essere demens, perché la parte irrazionale e oscura di noi uomini non è solo distruttrice o asociale. Genera anche la tenerezza, l'eros, l'estasi, la gioia, la fraternité. È molto utile costruire un dialogo con la nostro parte incosciente, senza volerla dominare". Secondo lei la sinistra non ha idee: come arrivare a giustizia e felicità? "La sinistra ha sempre coltivato lo spirito del cambiamento, ma oggi lo fa in forme frammentate. È necessario che la politica veda nell'incertezza radicale di questi tempi non tanto, o non solo, una minaccia di disordine e quindi una necessità di ordine (l'istanza della destra) ma la nascita, dolorosa certo, di una nuova società-mondo". Come possiamo superare "la nostra barbarie interiore"? "Abbiamo vissuto tanti disastri e tragedie, dal nazismo alla bomba atomica. Cosa altro ci serve per comprendere che siamo tutti perduti su questo pianeta? Per scoprire che non ci resta che amarci, fraternizzare, sentirci in una sola comunità di destino?". Che cosa la incanta ancora? "Piangere, amare, ridere, comprendere. Mi sento sempre in cammino, e nello stesso momento un vecchio, un adulto, un adolescente e un bambino. La curiosità e la passione hanno "fatto" la mia vita. Una curiosità onnivora e una infinita passione".
Sebbene usi poco la parola "sebbene" stamattina ho voglia di usarla. Sebbene... non sappia bene cosa farci cercherò di dirla almeno un paio di volte. Prima mi faccio un giro sul de mauro/paravia. Ecco:
sebbene sebbène cong. AU Sinonimi FO nonostante AU benché, malgrado CO anche se, ancorché, per quanto, quantunque, seppure BU checché lett. , contuttoché.
E ora, dato che ci sono, mi esercito un po'. Sebbene io non sia questa ottima persona... Sebbene io non sia alto... Sebbene io non sia particolarmente intelligente... Sebbene io non sia poi così coraggioso... Sebbene io non sia particolarmente bello... Sebbene non abbia poi tutti questi soldi.... Sebbene la mia città (varianti: la mia Nazione, il mio quartiere)... LE FINISCO DOPO CON CALMA.
Sebbene non andassi al cinema da tempo ieri ho vinto ogni resistenza e ci sono andato. E mal me ne incolse. 7eurovirgola50 e uno dei film più brutti non della sola stagione ma della storia forse del cinema italiano d'autore. Chiudo qui (poi magari ci ritorno riflettendo sull'autorappresentazione della sinistra tra retorica e compiacimento... altrove). Per liberarmi dal pesante fardello dei soldi e del tempo spesi male, di conseguenza e come spesso accade, mi è toccato andare a cena subito dopo. E somma altri soldi. Insomma rifletto qui sul danno conseguente di un brutto film. Sebbene nessuno ci paghi per tutta questa sfortuna (sebbene, ho detto) a pioggia ecco che siamo noi che paghiamo e per ben 2volte2. Sebbene non sia giusto.
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