Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Carvelli (del 16/11/2009 @ 16:50:50, in diario, linkato 1144 volte)
Sere fa rileggevo la bellissima raccolta di Giorgio Caproni - Il seme del piangere, dedicata alla mamma Annina. Tra le pagine più belle della nostr poesia italiana del Novecento.
L’uscita mattutina
Come scendeva fina e giovane le scale Annina! Mordendosi la catenina d’oro, usciva via lasciando nel buio una scia di cipria, che non finiva.
L’ora era di mattina presto, ancora albina. Ma come s’illuminava la strada dove lei passava!
Tutto Cors’Amedeo, sentendola, si destava. Ne conosceva il neo sul labbro, e sottile la nuca e l’andatura ilare - la cintura stretta, che acre e gentile (Annina si voltava) all’opera stimolava.
Andava in alba e in trina pari a un’operaia regina. Andava col volto franco (ma cauto, e vergine, il fianco) e tutta di lei risuonava al suo tacchettio la contrada.
Tratterò di seguito di alcuni fenomeni naturali recentemente occorsimi. Essi tutti hanno a che fare con il Magico Mondo Della Natura. A voi...
1 La capinera. Mi attende morta una capinera e non ho versi per lei. Una piccola pena. Per il suo essere finita nelle fauci di Google che vuole ingraziarsi me per averlo abbandonato nel suo triste e solitario week end.
2 La stella cadente. Ieri sulla Tuscolana (in quanti l'avremo vista?). E' impressionante. Un fascio di luce gialla in caduta dietro ai palazzi tuscolani. Una scia larga, un'impressione di festa. E' già Natale? Sono un re magio?
3 La pecora. Si aggiunge alla mia collezione di animali casalinghi una pecora di stoffa e pelle o non so cosa. Essa non bela ma guarda in tralice struzzi, mucche, tigri ed esserino che tutti accoglie nella casa. Nel mio piccolo zoo domestico c'è ancora posto.
Sere fa S. e F. mi rimproveravano di aderire all'uso eccessivo di "tesoro" che è un "romanesimo" particolarmente sgradevole (non so se diffuso altrove). In effetti anche io mi risento e non mi piaccio. In effetti mi capita da un po' un po' più spesso. E non so quando è successo. Quando ho iniziato e perché. Per fortuna non mi capita mai con "amore" (una reticenza opportuna anche in generale) ma è comunque sgradevole dare a chiunque del "tesoro". E, certo, se fossi fidanzato (se fossi nella mia fidanzata) non approverei. Il problema è che a Roma si deve essere simpatici, per definizione. Credo che scivoli su questa assunzione di responsabilità friendlistica il nostro incorrere nel continuo vezzeggiare, sedurre. C'è qualcosa della città in questo parlare in salsa operetta e fare che tutti si sentano benvoluti. Tipo una specie di manovra di conquista, una guerra con le armi della melassa. E, in definitiva, credo che venga dai banchi di mercato: ne sia la sua esatta trasposizione. Imbonire per avere. Alle volte io uso "cara" e anche questo punteggiare mi rende sgradevole alle mie stesse orecchie. Senza dirlo a nessuno da ieri ho giurato a me stesso di smettere. Sarà come fumare? Vedrò qualcuno che dà qualche tirata di "tesoro" e mi verrà voglia anche a me? Ci saranno degli automatismi da spezzare ma lo farò, gentili lettori.
Variabili
Felice/Infelice Oggi/Domani Ci vado/Non ci vado La persona che ti ama/La persona che non ti ama Essere/Fare Qui/Lì Adesso/Dopo Credo di farcela/Non credo di farcela Lo dico/Non lo dico Essere ricambiati/Non essere ricambiati Fare il lavoro che ti piace/Fare un lavoro che non ti piace Voler cambiare/Non voler cambiare Intuire/Sapere Capire/Non capire La persona giusta/La persona sbagliata La mia casa/La sua casa
Inserire nel rettangolo sottostante le definizioni scelte. Lasciar risposare e rileggere fra un anno verificando la validità delle risposte
La soluzione sarà pubblicata sul prossimo numero (fra un anno)
Pido Silencio - Pablo Neruda
Ahora me dejen tranquilo. Ahora se acostumbren sin mí.
Yo voy a cerrar los ojos
Y sólo quiero cinco cosas, cinco raices preferidas.
Una es el amor sin fin.
Lo segundo es ver el otoño. No puedo ser sin que las hojas vuelen y vuelvan a la tierra.
Lo tercero es el grave invierno, la lluvia que amé, la caricia del fuego en el frío silvestre.
En cuarto lugar el verano redondo como una sandía.
La quinta cosa son tus ojos, Matilde mía, bienamada, no quiero dormir sin tus ojos, no quiero ser sin que me mires: yo cambio la primavera por que tú me sigas mirando.
Amigos, eso es cuanto quiero. Es casi nada y casi todo.
Ahora si quieren se vayan.
He vivido tanto que un día tendrán que olvidarme por fuerza, borrándome de la pizarra: mi corazón fue interminable.
Pero porque pido silencio no crean que voy a morirme: me pasa todo lo contrario: sucede que voy a vivirme.
Sucede que soy y que sigo.
No será, pues, sino que adentro de mí crecerán cereales, primero los granos que rompen la tierra para ver la luz, pero la madre tierra es oscura: y dentro de mí soy oscuro: soy como un pozo en cuyas aguas la noche deja sus estrellas y sigue sola por el campo.
Se trata de que tanto he vivido que quiero vivir otro tanto.
Nunca me sentí tan sonoro, nunca he tenido tantos besos.
Ahora, como siempre, es temprano. Vuela la luz con sus abejas.
Déjenme solo con el día. Pido permiso para nacer.
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