Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Carvelli (del 27/08/2010 @ 08:23:11, in diario, linkato 1332 volte)
In una pausa di lettura di quello che ho letto e di cui presto dirò mi sono imbattuto in questo piccolo ma sorprendente resoconto di vita fuori città. Bello il tono di fondo. Consolante adattamento di un ozio oraziano con filosofia leggera, soffice mai dichiarata. Luisa Pulcher - Il tempo è un albero che cresce (Instar libri).Ci sono alberi - e va da sé - e ci sono fiori, giardini, colture. Due idee mi solleticano. Una - forse deriva mia - che gli uccelli abbiano finito per manifestare tanta difformità di specie in grazia del vantaggio del volo. Volando ci si preserva nella differenza e ci si salva. Volare potrebbe essere la soluzione a tante guerre di terra ma qui non stiamo parlando di guerre, né di ali. Stiamo parlando di uniformità della specie. Volere la difformità vuol dire lasciare il campo della contesa, sollevarsi dal bruto scontro di specie più rapaci di altre. Solo così è possibilie salvare l'individualità, la difformità. Creare nuovi habitat, ricavarli. In un altro passo del libro la Pulcher notando una fioritura anticipata fa una riflessione su come in Natura (e di nuovo viene da pensare a Noi, esseri umani) c'è chi fiorisce prima anticipando di un po' la fioritura altrui. Mi porto via queste due cose. Il libro rimane nella casa in cui era.
Di Carvelli (del 27/08/2010 @ 09:46:59, in diario, linkato 1159 volte)
Ancora una poesia di Pierluigi Cappello che ieri ha vinto il Campiello Poesia con l'ultima raccolta pubblicata da Crocetti e dal titolo Mandate a dire all'imperatore.
Piove
Piove, e se piovesse per sempre sarebbe questa tua carezza lunga che si ferma sul petto, le tempie; eccoci, luccicante sorella, nel cerchio del tempo buono, nell'ora indovinata stiamo noi, due sguardi versati in un corpo, uno stare senza dimora che ci fa intangibili, sottili come un sentiero di matita da me a te né dopo né dove, amore, nello scorrere quando mi dici guardami bene, guarda: l'albero è capovolto, la radice è nell'aria.
Guardo il tuo carrello della spesa come se guardassi te. Gli occhi sono lo yogurth. Lo prendi in confezione grande ma prendi quello magro - io no, quello intero. Conto i rotoli della carta igienica - anche tu prendi la confezione da 4? anche tu non sei consumista? anche tu non hai spazio per conservarla? - come se osservassi le tue ginocchia. Le gambe sono i detersivi per la lavatrice - piace anche a te il profumo della felce? ma dài! I piedi sono il formaggio tagliato a fette - fontina valdostana, gorgonzola, puzzone di moena (mmm come andremmo d'accordo noi, penso, ma come poco con gli altri! eh sì!). Le mani sono le saponette - neanche tu le compri qui eh già, non c'è molta scelta, le compreremo altrove dài. Guardo il tuo carrello della spesa come se guardassi ogni piccola parte di te. A ognuna do il senso del particolare e del tutto. Tutto ha senso di te. Lo spazzolino, i cotton fioc (che bello sapere che anche tu non li usi), le fette biscottate, le marmellate. Tiro una riga e faccio il conto. A modo mio. Come il calcolo delle affinità. Che bella parola "affini". Affini siamo. Già affini. Nelle corsie di un supermercato, dentro la griglia di un carrello, come in un test delle tolleranze.
Ora vorrei essere in Finlandia, guardare la gente che si stringe nei giacconi. Un pallido raggio di sole, uno un po' meno pallido. Una pioggi improvvisa. Ritornare in albergo per sentire un po' di caldo. Guardare dalla finestra fare buio e poi riscendere. Sentire le parole che suono hanno visto che già scritte sembrano strane forse a voce l'effetto sarà più straniante ancora. Se sono in città pensare a una gita. Se sono in gita ripensare al ritorno in città. Leggere un'insegna e immaginare di aver capito. Poi guardare dentro e scoprire di no. Tante altre cose che da qui non capisco e tante che mi pare di capire guardando la cartina geografica visto che non ci sono mai stato.
Lunedì scorso (ero a donare il sangue) ho letto la rubrica di Alberoni sul Corsera. La parola (Alberoni) so che evoca in molti immediata ripulsa ma io ho scelto per mestiere (e dovere di mestiere) di mettermi continuamente in dubbio sulle certezze acquisite e se voglio essere coerente mi devo esercitare spesso e anche con imprese e riprese difficili. Metti pure che il titolo proponeva la accattivante disamina fare l'amore/fare sesso... Non mi è piaciuto l'argomentare del sociologo specie nel suo precipizio per cui (fare sesso) non fa guardare in faccia (ops) nessuno e mentre uno sta lì ti potrebbero sostituire il partner bell'e buono lì sotto, in corso d'opera (non sono letterale ma quasi). Accampo miei personali dubbi e senza neppure offrirvi esempi plausibili e generosamente ovvi. Non è così e basta. Ma, a prescindere, non credo in una manichea distinzione degli atti e dei verbi. Credo in una specie di incongrua spartizione ma nell'inossidabile imperio estetico (e dopo o prima etico) del bene (in questo caso mi piace/non mi piace). Una imponderabile variabilità, d'accordo, ma retta sempre da quell'impulso (mediato dall'etica sì)
Ci ripenso oggi nel raccontarvi del nuovo (seminuovo, ce n'è un altro a Venezia) film di Ozon che è bello e fa dimenticare il non riuscito Ricky. Per chi non conoscesse Ozon...a voi! http://it.wikipedia.org/wiki/Fran%C3%A7ois_Ozon Con Il rifugio Ozon torna ai vertici del suo cinema più poetico. Sotto la sabbia che lo ha fatto conoscere a noi e il poco visto ma bellissimo Il tempo che resta (i produttori - e gli editori? - italiani odiano la morte ma forse è che il pubblico italiano ha più dimestichezza ed è più attrezzato ad altro che alla riflessione sulla fine). Il film mi ha fatto pensare a quell'articolo di Alberoni e non per la immediata promiscuità a cui si può pensare quanto per quanto essa possa vestire panni molto delicati e sentiti. Vi rinvio al film per non tradirne la bellezza. Qui la canzone-tema cantata dai due bravissimi e bellissimi protagonisti.
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Mansfield. Leggo - guarda caso - un racconto molto interessante (Istantanee), non il più bello dei suoi ma interessante da citare qui. Ecco Moss (nome simile a quello della protagonista del film di Ozon): pochi soldi, arretrati d'affitto, crisi lavorativa (cinema, canto...). Va in un caffè in cui spera di avere occasioni di lavoro. Immagina, proietta. Incontrerà nel suo film mentale qualcuno che magari le proporrà un film reale, o una audizione da contralto. E invece ecco lì pronto un gallo - pomposo e sconveniente - che la seduce. E lei? Si fa sedurre. E' giorni che il mio tema è "la sperequazione tra realtà e immaginazione". Credo che avrebbe dovuto essere il tema di confronto anche nel pezzo di Alberoni. Ozon non sfugge a questo confronto "terzo" e questo è ciò che lo rende grande.
Molise, Francesca, Tango. Tre parole si sono variamente incrociate nella mia estate. Con una ricorrenza quasi sospettosa. Casuale o causale? Casuale, per lo più. Solo raramente causale. Quando ad esempio sono andato in Molise e ho risentito un'antichissima amica o ho accompagnato un'altra a una milonga (solo per poco). Poi tutto casuale ma con frequenza e combinazioni impensate. Esiste nell'arte combinatoria una spiegazione numerica di questa ripetizione? Voglio dire: una sequenza di probabilità che la giustifichi e la renda più probabile di altre successioni?
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