Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Scrivo dentro un cerchio delle parole che penso mi serviranno o da cui mi vorrei separare. Le metto con onestà in questo tondo e ora che le vedo e le conosco penso che potrò spostarle come si monta un puzzle, come si risistema un oggetto rotto. Le parole sono:
PAURA DOLORE CERTEZZA DUBBIO CREDERE PROVARE GIOIA ORA NO SOSTENERE FARSI SOSTENERE FARE DA SOLO ESSERE SOLO VINCERE
Ho letto un libro di/su Tonino Guerra - Un po' di brodo e due pere - dove un racconto (Akaki) inizia dicendo che l'anno russo inizia il 14 gennaio. Anche il mio anno inizia da lì. Come un anno russo.
Mi piacerebbe tenere una rubrica di "Cosigli amorosi". Sì proprio io che sono un campione (o un campionario) di errori, di tempo speso male, di dolori subiti, dati, autoimpartiti, di amori incompleti, di debolezze e durezze. Io che in teoria so cosa dire. Io che in pratica saprei cosa fare. Forse proprio per tutta questa debolezza, per tutti questi scomodi sentire. Una e una sola cosa so e la scrivevo a un'amica che si lamentava del fidanzato suo. Questo ho capito che se noi stiamo nelle situazioni, se ci continuiamo a stare anche soffrendo, anche non volendo, anche separandoci e continuandoci a stare dentro a distanza è perché ci appartengono... quando cambiamo cambiano anche loro o spariscono le situazioni che non ci rappresentano più o che ci fanno soffrire. Il punto è, dicevo, che cambiare è difficile e mandare via le persone che hanno ancora a che fare con la nostra vita altrettanto. E che alla fine costa meno soffrire e rimanere quello che si è. Perché cambiare è come quegli eventi così grandi e sommoventi (non dico terremoto perché domani è 11 maggio e vivo a Roma). Così ci sembra, almeno. Così dicevo. Nella mia non pagata, non sponsorizzata, non richiesta e non plausibile rubrica del cuore. E di implausibile (se si dice) è che il cuore non ha rubrica. E neppure io (rubrica).
Non voglio fare pubblicità, neppure occulta. Per cui non dico la marca. Dico solo che compro costantemente l'anticalcare. Proprio quello lì in cui un idraulico mostra la serpentina della lavatrice trattata con o senza quel prodotto. Non ho la televisione per cui il mio acquisto costante non è un cedimento all'enfasi pubblicitaria. L'altro giorno ne parlavo con un'amica che non solo ha negato di averlo mai usato ma è giunta persino a negare di aver mai conosciuto qualcuno che lo usava. Questo ha fatto di me agli occhi suoi quel soggetto di accuratezza estrema che non sono. Ma ai miei occhi la scoperta di questa cura solitaria si è mischiata alla tanta naturale e spartana semplicità che mi distingue, alla paura di aver vissuto in una illusione concettuale (e direi religiosa), qualcosa che alla fine somiglia alla caduta di un tabù e alla rabbia di aver sprecato denari. La domanda ora è: ma sono io l'unico in questo porcomondo a comprare l'anticalcare per la lavatrice?
La stessa persona di cui prima mi ha chiesto se lavo il bianco a parte e la risposta ovvia è stata no. Perché ho poco bianco, penso io. Perché sono pigro, suppongo. Beh, la sua conclusione è stata: (letterale) "A casa tua, dunque, il bianco non esiste". E il senso (letterale) era che non ho più il vero bianco. E ora, ripensandoci, mi sembra come se mi avesse diagnosticato una malattia della vista.
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