Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Mi accorgo che di questa poesia mi piacciono in modo particolare i primi quattro versi. Di fatto è 1/7 della poesia originale. Li leggo come se fossero una verità inconfutabile su cui mi devo fermare a riflettere prima di leggere il resto. Che poi spesso finisco per non leggere. E così questa volta faccio lo stesso anche con voi. Un settimo anche per voi.
Nulla due volte (Wislawa Szymborska)
Nulla due volte accade Né accadrà. Per tal ragione Nasciamo senza esperienza, moriamo senza assuefazione.
Di Carvelli (del 10/01/2012 @ 14:27:02, in diario, linkato 1348 volte)
Tutte le lettere d'amore sono ridicole |
Todas as cartas de amor são ridículas. Não seriam cartas de amor se não fossem ridículas.
Também escrevi em meu tempo cartas de amor, como as outras, ridículas.
As cartas de amor, se há amor, têm de ser ridículas.
Mas, afinal, só as criaturas que nunca escreveram cartas de amor é que são ridículas.
Quem me dera no tempo em que escrevia sem dar por isso cartas de amor ridículas.
A verdade é que hoje as minhas memórias dessas cartas de amor é que são ridículas.
(Todas as palavras esdrúxulas, como os sentimentos esdrúxulos, são naturalmente ridículas). |
Tutte le lettere d'amore sono ridìcole. Non sarebbero lettere d'amore se non fossero ridìcole.
Anch'io a mio tempo scrissi lettere d'amore, come le altre, ridìcole.
Le lettere d'amore, se c'è amore, devono essere ridìcole.
Ma, infine, son le creature che non han mai scritto lettere d'amore ad essere ridìcole.
Beati i tempi in cui scrivevo senza accorgermene lettere d'amore ridìcole.
La verità è che oggi son le mie rimembranze di quelle lettere d'amore ad essere ridìcole.
(Tutte le parole sdrùcciole, come i sentimenti sdrùccioli, sono naturalmente ridìcole).
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Álvaro de Campos (pseudonimo di Fernando Pessoa) - 1935
da http://suitetti.blogspot.com
Recessione in Galleria di Roberto carvelli
“Tutti al mare a mostra’ le chiappe chiare” cantava Totti dopo il 2 a 0 col Bologna. Meno allegramente quest’anno noi e altri che come noi, peggio di noi, subiscono, intuiscono o paventano i segni della crisi, le chiappe preferiscono non mostrarle. Diremmo – con facile gioco di parole – che scelgono di tenerle ben coperte immaginando che le fasi 2 o 3 o 4 della nuova recessione in generosa cura governativa le metteranno a repentaglio e sarà bene coprirle cospicuamente. E così il nostro “tutti al mare” è “tutti alla Galleria Alberto Sordi” ma ben attenti a non finire nella spirale dell’acquisto selvaggio e compensativo.
Vi siete mai chiesti, ad esempio, come mai i centri commerciali nei giorni di Ferragosto o poco prima sono presi d’assalto? Io la definisco la Sindrome degli Sfigati. Spiego. Per non incorrere nell’autocommiserazione si cerca di esorcizzarla in acquisti controbilancianti. Il sottotesto è: ho risparmiato sul viaggio e mo’ mi concedo questo regalo. L’esito alla fine è quantomeno dispendioso se non omologo di imprese turistiche di questi tempi fortemente incentivate.
Così il mio invito in questo tempio degli acquisti deve essere cauto. E, come si legge nel bugiardino farmaceutico, preceduto da avvisi tipo “leggere con attenzione modalità d’uso e controindicazioni”. È vero che Zara promette tanto con poco e Feltrinelli è una buona area di sosta per curiosità a gratis o piccole spese anche rinfrancanti. Ma al fianco ci viaggia il lusso o l’inutile a caro prezzo, il non necessario, il di più. Un genere facile da definire ma meno da riconoscere.
E però già fa bene guardarsi attorno. Fissare estaticamente la scultura di plastica che ci ricorda i gadget di chi è partito e torna con le sue palle di vetro con effetto neve. Orientarsi nella bellezza crociata della galleria, assumere un po’ di calore mentre fuori fa rigore e gelo. Ricordarla anni fa lasciata all’incuria. E prima santificata da Verdone, De Sica e la Giorgi – in una pellicola non cinepanettona – in cui la bella attrice romana piroettava coi suoi pattini a quattroruote (non ancora in linea) sognando Lucio Dalla. Eh sì, beata ingenuità di qualche anno fa!
Oggi le rotelle sarebbero impossibili se non quelle dei ragazzini incorporate nelle suole delle scarpe da ginnastica. Forse neppure ammissibili. Forse sanzionate. Di certo ardue alla “libera” piena di paletti in forma di pedoni. Ma la tentazione di lanciarsi su questi marmi sontuosi non ci lascia indifferenti.
Certo a guardarla bene la Galleria – tappatevi le orecchie voi impenitenti antimeneghini – non ha nulla a che vedere con la bellezza anche conservativa della Galleria Vittorio Emanuele II di Milano. Un po’ per bellezza e grandezza su cui c’è poco da fare confronti. Un po’ per la capacità di mantenere (quella) il suo senso storico anche nelle griffe e nei locali storici che da noi è andata riccamente perduta. Chi di voi si ricorda lo storico Caffè Berardo di quella che allora e ancora oggi ci piaceva chiamare Galleria Colonna (con tutto il rispetto per Albertone!)? Inciso finito.
L’appuntamento da Feltrinelli rimane il più gettonato (nonostante la palla di neve e il rumore assordante e monotono del suo motore) direi guardando tutti questi singoli che si guardano speranzosi intorno. Perché centrale e a prova di malintesi di uscite. Il bar coi suoi tavolini ha una sua aria glamour ma non troppo sofisticata. Insomma non sembra di essere in un tempio dello spendo dunque sono. Vale un caffè e vale pure un aperitivo che allunghi la sosta in una pausa.
Per concludere: per chi non si può permettere il “tutti al mare” di Totti, buon “chiappe coperte” alla Galleria Alberto Sordi. O Colonna. Chissà che il prossimo anno le cose non vadano al contrario. Non ce l’ho con Totti, sia chiaro. È solo un invito, un po’ ingenuo si dirà, a un 2012 che risparmi le nostre già magre fortune e ci tolga l’impressione di essere finiti in una palla di neve claustrofobica per quanto festosa.
Oggi sono fuori uso. Fuori quasi tutti gli usi. Quando l'uso dello sguardo mi rimane leggo. E siccome mi rimane per ora, oggi, leggo. E leggo, oggi, anche se poco da Mandate a dire all'imperatore di Pierluigi Cappello la poesia che dà il titolo alla raccolta. E la leggo tutta come tutta dovreste leggerla voi. Io scrivo solo tre versi attorno a cui voi dovete disegnare il resto. Ecco la semplice enigmistica di oggi. "come i semi dei fiori, portati, come una nevicata leggera/ ho sognato di raggiungere i miei morti/ dove sono le cose che non vedo quando si vedono".
Anche oggi inabilitato scelgo di parlarvi delle Ombre di Cappello da cui erano tratti i versi enigmistici di ieri. Il titolo della raccolta è il kafkiano Mandate a dire all'imperatore. Il tema della raccolta è l'ombra del passato. Un'ombra famigliare come nei versi di ieri che raccontavano del padre come quelli della successiva I vostri nomi che dicono: "i vostri nomi sono andati via/ voi che siete stati popolo e ombra/ remissione e forza". Ma spesso è l'ombra dei luoghi e delle persone che li hanno abitati. Oggi vi scrivo (e vi cito) di matite (per me anche un regalo fuori sacco di questo Natale). Sempre da Pierluigi Cappello, stessa raccolta. La poesia è Poesia scritta con la matita. Vado: "L'anima di grafite non conosce soste, esitazioni:/ nel suo stesso procedere in avanti/ ci chiama alla possibilità del ritorno,/ nel suo segno scuro riposa la dolcezza del bianco". Il resto è, come al solito, enigmisticamente demandato a voi.
TRASGRESSIONI Mi espando e vivo illegalmente in aree che gli altri non riconoscono reali. Là mi fermo ed espongo il mio mondo perseguitato, lo riproduco con amarezza e renitenza, là lo affido ad un sole senza forma né luce, immobile, personale. Là accado. A volte però Tutto questo s'arresta. E mi restringo, a forza rientro (rassicurante) nell'area ammessa e legale, nell'amarezza terrena. E mi smentisco.
Kikì Dimulà Dall'antologia Per un'introduzione alla poesia greca contemporanea, a cura di Paola Maria Minucci (1992)
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