Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
India il cane del mio amico S. sta per morire. All'improvviso una tac a fronte di un comportamento strano del cane (un molosso) ha dato segni di metastasi ovunque. Il punto è come ovvio come regalargli una morte dolce. Non farlo soffrire. Il punto come ovvio separarsene e farlo separare dalla vita nel modo meno doloroso. Per lui e per lui, S. Il punto è sempre come finire. E ritorno al ritorno. Qual è la decisione più difficile? Quale la migliore? Quella giusta (possiamo usare questo aggettivo?)?
Due gattini (ne ho già parlato?) tutte le mattine si fanno trovare davanti alla porta della mai casa. Non sono miei. Vedono le ciotole (di Google) e vorrebbero essere parte di questo desco. Come un desco condiviso. Il desco di Google che - è capitato - se si avvicinano alla sua razione li lascia mangare e si ritira (comprensivo? paterno - non è il padre naturale se il veterinario ha fatto bene quel che doveva). Come se obbedisse ad un istinto. Un giorno hanno mangiato. nei giorni successivi ho fatto mangiare G. in casa. Qual è la decisione giusta - se non la prendono i miei vicini? Farli mangiare e cercare qualcuno che se li prende o... C'è una decisione "pietosa" una dura?
Dunque. Riproviamo. Dicevo di Bennett, di Una vita come le altre. Ma prima faccio una concessione al presente. Ci metto Google il mio gatto e rimescolo. Dopo averne prese tante per avermi morso in faccia all'improvviso è diventato quieto (si fa persino invitare a entrare a casa). Ci metto dentro un articolo del Time dove si espande in libro in cui una signora, cinese ma di vita americana, difende l'educazione severa delle mamme cinesi. Che ne pensate? La severità aiuta? Dà risultati? Negli USA la tesi della Amy Chua ha scosso le coscienze anche perché evidenzia i contrasti con i metodi più americani e morbidi del marito, americano. In Bennett c'è una difesa dell'elettroshok e anche qui ce n'è per scatenare polemiche. Ma salto questa debolezza (debolezza?) curativa e vi cito un episodio bellissimo del libro. Il padre e la madre di Bennett si sono sposati una mattina all'alba. Non ci sono foto dell'evento. Forse era buio. Ed era buio perché il papà non poté prendersi tempo per il matrimonio, per mancanza di permessi dal lavoro. Ecco cosa scrive il figlio.
Nella vita ci sono occasioni, spesso di scarsa importanza, in cui le persone si mostrano per quelle che sono. Dieci giorni prima che io finissi il mio servizio di leva, una mattina un sergente dei corpi d'intelligence mi fece pulire un orinatoio grattando a mani nude; un'altra volta un medico in ospedale parlò del mio corpo nudo davanti ai suoi studenti dal sorrisetto affettato; e sebbene sia accaduto anni prima che nascessi, un altro momento topico è quello in cui nel vicariato di St Bartholomew mio padre, sconfitto su tutti i fronti, riferisce che no, non può perdere un quarto d'ora di lavoro per sposarsi. Non c'è logica, non c'è educazione che possa modificare momenti come questi. Sono l'espressione più pura della persona.
Che splendida conclusione. L'espressione più pura della persona. Ma che vuol dire? Dare il proprio peggio. E' questo? Quanto e quando bisogna essere severi. Qual è una severità giusta? Quale è severità inutile. Fermezza che non ferma? Il campo è aperto. Anche per Bennett verrebbe da dire. Trovare una parola per sostituire "pura".
Riemergo da 3 gg di febbre, calcetto e letto. Poca forza (residua alle pedate). Quella di leggere un po' di Bennett, il libro di cui vi avevo parlato un po' di tempo fa. Una vita come le altre. Quella dei genitori dello scrittore.
Ci sono due giorni importanti nella mia vita. Uno è il 14 gennaio. Ed è il giorno in cui sono nato. L'altro è il 17 marzo ed è il giorno in cui sono nato una volta ancora. Dal punto di vista del primo giorno quest'anno ho 43 anni. Dal punto di vista del secondo quest'anno faccio 20 anni. Mi conviene più citare il secondo, direte voi. In tutti i casi fra un po' più di un mese, salvo ripensamenti antiunitari, sarà festa nazionale. Due volte festa, quindi. Riguardo al primo giorno. Il 14 gennaio. Sta diventando una tradizione del magazine del Corriere della Sera di chiedere a molti fotografi di ritrarre a scatti molteplici e autoriali questa giornata. Ogni volta che lo vedo mi sorprendo. Un po' di compiacimento. Un po' un brivido. Quello che danno le coincidenze. Quelle che non capisci.
1 Il film a cui accennavo di Chabrol è la storia di una magistrata battagliera e dedita con abnegazione al suo officio come a una passione civile. Ha un marito che la ama ma a cui lascia poco spazio e poco tempo (lui le dice qualcosa tipo "sei bravissima ma c'è una cosa che ti manca e non le dice cosa"). Ha un nipote (adulto, quasi coetaneo) acquisito con cui ha un rapporto molto bello, quasi sentimentale. Un rapporto che però rimane nei binari di una bella amicizia e a me sinceramente piace - non per bacchettonismo, lo sapete - quando in un libro o in un film il sesso non diventa un facile rimbalzo di qualsiasi relazione tra un uomo e una donna. Ma è così anche nella vita. Ma non bisogna neppure esagerare, intendiamoci. L'indagine avanza e si ferma brutalmente - il solito problema di relazioni troppo strette tra politica economia magistratura - lei accusa il colpo. Colpo che raddoppia con il tentato suicidio del marito (che la lascia lì in ospedale a chiedersi, mentre decide di abbandonare l'indagine, cosa le voleva dire il marito con "quel che ti manca") con cui si chiude il film. E ve l'ho raccontato tutto: odiatemi ora.
PS Una legge di sceneggiatura dice che se compare una pistola in un film prima o poi sparerà. Chabrol la avrà saputa questa legge e la ribalta. La pistola non sparerà. ma perché si domandano gli inquirenti. La verità è detta dalla magistrata: perché forse non voleva morire del tutto.
2 La differenza tra me e google, una delle meno evidenti, è che a me i croccantini non me li da (lo stesso) nessuno. E non è così piccola a pensarci bene.
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