Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Cerco un sostituto per tutto quello che non mi va di fare: salutare chi devo, disconoscere i miei valori (quando non riesco a farlo e non posso non farlo), mangiare quel che non mi va, vestire bene se non ho voglia, andare dove devo andare se ci devo andare. Per il resto vado io. Per il resto sono io.
Visto We want sex. Suona come una protesta morbida un po' retorica, di quella retorica tutto sommato accettabile per chi vuole dichiarare uno scopo. Nobile. Eppure al cinema quasi solo donne e qualche maschio illuminato o convinto solo dai trailer "simpatici". Sembra di stare all'8marzo. Autocoscienza in salsa "divertissement". Sometimes ci si emoziona. dall'inizio alla fine si trema di freddo. Maestoso senza riscaldamenti. Nel cine (a ricalco del film) tutti ci parliamo con fare politico e/o sedizioso. Protestiamo per chi ha scritto in corpo 8 e in laterale che non funzionano i caloriferi. E mentre stiamo con alcune amiche e amici ragionando sul pensiero della differenza mi domando con il film in cosa consista la differenza di genere. Non in un'omologazione (anche se necessaria lo è stata e lo sarà ancora)? In cosa allora? Non basta dire. Non basta approvare. Non basta gridare. Sia detto per inciso non basta nulla nel breve. Serva che cambiamo tutti insieme mentalità. Che ci aiutiamo a farlo. Un fatto culturale che forse ci sopravviverà. Ma lo facciamo ora.
Mi sembra più ricco, diversificato e leggibile il nuovo Domenicale del Sole24Ore. Apprezzo la visione di Roberto Escobar del film di Allen che a me non è piaciuto (banale, facile, semplicistico) e a lui sì. E' raro sperimentare un disaccordo e questa volta però faccio tesoro della sua critica "seconda". Ci sono cose da scoprirci dentro. Anche se a me è sembrato uno spreco la disponibilità di tanti grandi attori per una storia piccola dove la gente ride appena entra nel fotogramma la bonazzona fortemente caricaturata (a somiglianza di tanti film di serie B). Curiosamente scopro di un Cameron stmithsiano (hard times!) e apprezzo molto la recensione di Nicola La Gioia al libro di Celli. Approvo le sue titubanze generazionali. O approvo il fatto che un giornale aziendale e aziendalista dia voce a voci di controcanto rispetto all'indiscussa autorialità di un operatore che la fa da padrone sul tema e ne vive la leadership. Diciamo che in generale approvo l'ingresso di valide voci giovani e argute (l'articolo di Raimo sulla mascolinità se non esaustivo è problematizzante e utile alla discussione come già provocò sull'impegno politico in letteratura). Un atto coraggioso - questo reclutamento - verso la movibilità del pensiero di cui si sentiva il bisogno in questo austero inserto. Da sempre interessante ma ora variegante.
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Dicono che sono sempre la stessa ma non mi va bene. Si dovrebbe sempre riuscire a cambiare. vero o falso o
Nessuno può salvare nessuno. Ognuno si perde e si salva da solo. vero o falso o
Non discriminare vuol dire apprezzare sempre le differenze degli altri. vero o falso o
Quattro parole che userò
LENTICCHIE SCIVOLARE PIANO ORA
Quattro parole che non userò
SUGNA VALLETTA MALINCONIA BALERA
Mi accorgo che c'è un tratto che mi è particolarmente caro nei libri che leggo ed è quello che Jean Rousset chiama suite a una voce. E così la spiega: "La suite a una voce: una sola persona scrive, di solito a un solo destinatario". Come dovremmo chiamarlo? Romanzo confessionale? Romanzo confidenziale? Non so. So invece che non è importante se quell'io coincide con l'io di chi scrive. Ma chi siamo? Siamo io? Siamo noi (tanti)? Siamo quello che vorremmo essere? Vi/mi sto facendo troppe domande.
Nel libro di Forest di cui negli ultimi giorni il racconto ultimo è dedicato al fotografo post-atomica di Nagasaki, Yamahata Yosuke. E vi segnalo che a breve uscirà un'intervista da me fatta a una esperta di icone, L'intervista uscirà nel prossimo numero di Buddismo e Società. Ne riparleremo.
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