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 lanzarote-letto... di Carvelli
 
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Per me l'amore è un puro concetto dotato di un corpo inadeguato, che passando attraverso cavi sotterranei, linee telefoniche ecc., riesce faticosamente a trovare il contatto. Una cosa terribilmente imperfetta. A volte ci sono errori di trasmissione. A volte non si conosce il numero. A volte ti chiamano, ma hanno sbagliato numero. Non c'è niente da fare. Finché vivremo in questo corpo, sarà così.

Haruki Murakami
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Carvelli (del 28/07/2009 @ 08:36:49, in diario, linkato 1208 volte)

Il gesto è un gesto piccolo. Distratto. Non confuso. Una carezza, una carezza piccola. Data senza malizia a uno che ti siede a fianco e che non hai mai visto. Un segno isolato. Chissà cosa le è passato per la mente... Forse pensava che quello era il suo di braccio. Un piccolo gesto. Come se fosse una scommessa. Con se stessa.


**
C'è sempre uno che sta peggio. Qualcuno che aspetta un piccolo cenno, una spinta e solo allora rialzarsi. Tenere la corda lenta: ha detto che è questo il segreto. Della sua felicità coniugale. tenere la corda lenta (sì corda ha detto).

**
Superbo concerto di Paolo Fresu e Omar Sosa ieri sera a Villa Pamphili. Decido all'ultimo (decido all'ultimo tutto di questi tempi, un po' un modo per fregare l'emozione la noia o non so cosa) e vado. Trovo un sacco di amici. Avevo un appuntamento che non sapevo? Il concerto è perfetto, sembra costruito attorno a un'emozione ritmica e sentimentale come se suonassero un sentimento che li accomuna e li coinvolge. Ci coinvolge.

**
Si chiede cosa ne sarà. Di tutto questo. Questo vuol dire quello. Quello di prima. Bisogna avere una stanza grande. Bisogna far prendere aria al tempo. Impedire che nulla ammuffisca con le cose succede, coi pensieri pure, coi ricordi anche. Prendi cura.

**
Nella notte il gatto ha dilaniato un uccello. In giro solo un po' di piume e un ciuffo attaccato a uno sparuto rotondo di carne. Subito dopo faccio colazione e taglio nettamente la pelle del dito, perfettamente, solo pelle. Appena un po' di sangue.
La colazione:
una decina di more appena colte (incredibile la produzione di more di questo anno di giardino)
caffè freddo
pane alle noci con marmellata di corniolo e mele (artigianale)
un pezzetto di formaggio.

">.

 

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Di Carvelli (del 27/07/2009 @ 08:46:59, in diario, linkato 1087 volte)

Non so quanti Matematici nel sole ci fossero ieri a lambire la spiaggia. Non certo io. Mi domando come mai mi avvicinino troppo di frequente libri con la parola "morte". Dentro. Con il tema centrale della morte. Faccio finta che è un caso. E non un segno. Sabato ho comprato e ieri ho letto Una perfetta stanza di ospedale di Yoko Ogawa. Ho letto il racconto dei due che dà il titolo al libro. Un racconto bellissimo che avevo scoperto a Ventotene leggendo le prime tre pagine. Ne ero rimasto in un certo senso folgorato. Anche se non c'erano folgori nell'incipit ma qualcosa di più duraturo: "Ogni volta che penso a mio fratello, il cuore mi sanguina come una melagrana scoppiata". Il racconto si incentra sulla morte di un fratello raccontata dal punto di vista della sorella. I due si conoscono poco e trovano nella "perfetta" algida pulizia di una singola stanza d'ospedale il punto d'unione di un passato che li ha messi a distanza. Infanzia, pausa, malattia terminale. Deve succedee così a molti. Ci si ritrova, ci si deve riraccontare a partire da un silenzio e in attesa della fine.

Avevo incontrato una morte parimenti giovane in libreria un mese fa (una donna che racconta la fine del compagno a seguito di un incidente di moto). E l'avevo letta tutta d'un fiato, in piedi. Era quella di Brigitte Giraud E adesso? Una domanda che sembrava rivolta a me in quel momento. E adesso? E l'ho letto. E adesso? Cosa leggerò?

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Di Carvelli (del 24/07/2009 @ 08:38:28, in diario, linkato 1072 volte)
Una mia amica mi racconta che è ormai fissata coi segni. Ogni cosa che le succede è un segno di altro. Insomma: vive una vita di premonizioni, anticipazioni, cose così. Dovrei interrogarla sul mio ieri. Torno a casa e la trovo aperta. Sono uscito presto e a parte aver chiuso la porta il resto è tutto aperto. La finestra. La porta del giardino. L'impianto di irrigazione. Il più divertito è Google, il mio gatto. Se la deve essere goduta tutta quella fontanaditrevi di schizzi. Miagoleggia: roba di appetito come al solito ma anche una specie di rimprovero. Sì, hai ragione, ho lasciato tutto aperto. Insomma me ne sono andato da casa quasi pensando che ci fosse rimasto qualcuno dentro. Un gesto di accoglienza? Di apertura? Chi può dire. Se è un segno è un segno positivo. O no? (Chiedere alla mia amica dei segni!) Riporto i libri in biblioteca con un paio di giorni di ritardo. La bibliotecaria: "Un po' più puntuale!" Lo stesso tono del miagolio di Google? Forse sì. Per me che controllo tutto (senza mai esplicitare tutta questa attenzione alle cose) non deve essersi trattato che di una buona cosa, ladri permettendo.
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Di Carvelli (del 23/07/2009 @ 10:32:35, in diario, linkato 1033 volte)
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Di Carvelli (del 23/07/2009 @ 09:30:01, in diario, linkato 1339 volte)

Strano il destino di certi libri. E di certi autori. Franco Stelzer mi è arrivato sempre accompagnato da mani amiche (diverse). In due parole non ho mai comprato un suo libro. E sono tre. Tre che ha scritto e che ho letto. Tre che mi hanno colpito anche se del n.3 (Matematici nel sole, il Maestrale) devo ancora fare il viaggio. Ieri, prima di andare a letto ci ho messo il piede sopra. Solo un inizio. Solo le prime parole. Dopo un prologo molto bello, l'inizio è

"La faccenda dei calzini spaiati li accompagna fin dall'inizio".

e non si poteva non pensare a Capossela.
"Sorride la mia sposa" è la dedica bella. Bella era la definizione di Stelzer nel Dizionario affettivo di cui già scrissi per mia definizione. Stelzer (che è un autore apparentemente piccolo ma importante, pregnante, a lunga conservazione) arriva a mano, lo porta qualcuno come se avesse bisogno di un accompagnamento. Ma poi, quando arriva, ecco che si fa spazio da solo (da solo a solo con il nuovo lettore). Poche pagine e sento che già è successo qualcosa dentro le sue parole. Che questo è un libro nuovo. Davvero nuovo. Ma ci ho solo messo un piede prima di prendere il volo prematuro dei sogni.

">.

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Di Carvelli (del 22/07/2009 @ 15:23:15, in diario, linkato 937 volte)

Viene da www.ilprimoamore.com insieme alle illustri premesse da cui è partita la suddetta meditazione che aggiungo

Editing e scrittura
Dario Voltolini
 
La figura recentemente salita alla ribalta, per qualche giorno, dell'editor merita non molte riflessioni, ma un sacco di precisazioni. Io vorrei farne qualcuna, di precisazione.
L'editing del testo letterario è importante. Serve a evitare che il testo scritto dallo scrittore abbia delle imperfezioni marchiane che lo minerebbero o almeno lo deturperebbero. In un certo senso il testo letterario è come un vetro soffiato: una piccola bolla d'aria indebolisce il tutto, lo rende fragile e prima o poi si rompe.
L'editing del testo letterario è importante. Serve a evitare che la nonna morta nel capitolo uno ricompaia gagliarda nel penultimo capitolo a dire qualcosa di decisivo.
L'editing del testo letterario è importante. Serve a evitare che la protagonista riempia il bagno di vomito la prima sera che va a cena dal fidanzato medico e che dopo un'ellissi narrativa che salta molti anni lui, ormai da tempo sposato con lei, si renda conto che lei ha disturbi alimentari per via delle sue strane mestruazioni.
L'editing del testo letterario è importante. Serve a evitare che lo scrittore dalla prosa alata e virtuosistica si lasci scappare un qualunque "evaquarono" nel momento topico del terremoto.
Quando una persona consiglia lo scrittore e gli dice che la protagonista non deve morire di stenti, ma al contrario vivere felice e fare sette figli con un magnifico uomo, non si chiama editing.
Quando una persona consiglia lo scrittore e gli dice "devi cambiare stile" oppure "i tuoi personaggi femminili sono troppo deboli", non si chiama editing.
Quando una persona consiglia lo scrittore di non scrivere racconti bensì romanzi e quindi consiglia di fondere insieme tutti i racconti fin lì scritti in un romanzo, non si chiama editing.
Quando una persona può costringere uno scrittore a 1) aggiungere o togliere personaggi, 2) modificare la disposizione dei capitoli, 3) cambiare l'inizio, 4) cambiare la fine, 5) cambiare la lingua, 6) cambiare la persona, 7) cambiare il tempo dei verbi, 8) cambiare il luogo dell'azione, 9) cambiare il tempo dell'azione, non si chiama editing.
Quando una persona può riscrivere quello che lo scrittore ha scritto, buttando via quello che gli pare, e aggiungendo le sue proprie stronzate, non si chiama editing.
Io non so come si chiamino queste cose che le persone fanno sulle pagine scritte da altre persone, per ognuno dei casi va trovato un termine adeguato.
Ma per l'ultimo caso, che è quello del povero Carver e del disgraziato Gordon Lish, la parola è facile facile: stupro.
Due considerazioni marginali. La prima: Gordon Lish, ahimè, opera il suo stupro su Carver non tanto e non solo come editor, ma purtroppo come scrittore. Valga questo come monito agli scrittori che si inventano editor sui testi di altri scrittori. Il pericolo (la tentazione) è quello di stuprare l'altro. Di inoculare nel suo testo il proprio codice genetico. Fate, facciamo, facciano attenzione.
La seconda: si dice che senza Lish non ci sarebbe stata la fortunata e importante corrente del minimalismo narrativo, in questo caso precisamente inaugurato dal Carver rivisto da Lish. Ma la risposta è banale: tanto peggio per il minimalismo.
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Di Carvelli (del 22/07/2009 @ 10:43:00, in diario, linkato 684 volte)
Nel suo racconto è successo qualcosa e se ne è accorto solo ora come quando ti torna in mente un sogno. All'improvviso. L'improvviso è il 31 dicembre. L'ultimo, quello scorso. Provava a telefonare a vuoto a un numero. Non era in Italia. Non riusciva a prendere la linea. Chiamava anche ogni tre secondi e nulla. Tipo 30 telefonate. Adesso, mi ha detto, so che non chiamavo il numero giusto. So che chiamavo altro. Non un telefono. Non una persona. Chiamavo me. Invitavo me ad altro. Non so come spiegartelo bene. Sono cose che non sai come dire queste. Poi c'erano stati i botti. Ci sono ovunque i botti la notte del 31 dicembre. Anche dall'altra parte del mondo. A quel numero apparentemente chiamato a vuoto in realtà aveva risposto qualcun altro. Senza saperlo. Dopo era stato ad una funzione - non capisco bene ma una cosa importante - ed è lì che è cambiato tutto. Da questo momento il racconto si fa confuso. Da adesso non so più trascrivere quello che mi dice il mio amico. Nel racconto qualcosa torna e qualcosa no. Siccome sono uno che non mette mai in ridicolo gli altri e tende naturalemnte a fidarsi credo per definizione alla definizione di questa nuova vita a cui solo ora riesce a dare un inizio. Ecco, mi dico, serve sempre un inizio. Per raccontare una storia. Per riprendere una vita. Che hai perso.
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Di Carvelli (del 21/07/2009 @ 12:02:17, in diario, linkato 754 volte)

Se solo avessi coraggio e soldi. Se solo avessi coraggio regalerei questo libro a chi voglio bene. E non ho detto che ho soldi. Dico solo che sono poche le persone a cui vogliamo veramente bene. Ma nell'ottica egualitaria dell'amore universale ne scrivo qui e racimolo quattrini e coraggio per gli altri. Mavis Gallant, l'autrice. Un fiore sconosciuto, il titolo. Rizzoli, l'editore. Vi prego leggetelo. E' quanto di più bello mi sia accaduto d'intercettare. Vorrei che le parole di questo libro mi entrassero dentro come una fiala di sangue. Vorrei un'emotrasfusione di tutta questa bellezza e vorrei anche darla. Provo a dirlo a parole sue.

"Sapeva già di poter vivere d'amore ventiquattr'ore di fila: sapeva anche che un uomo poteva pensare all'amore per un po', ma poi avrebbe iniziato a pensare a qualcos'altro. E se Roy non l'avesse mai fatto?"

e prima

"La mia povera Sarah, sembra che non ti interessi mai nessuno a meno che non sia
incapace sul lavoro
piccolo di statura; chissà perché?
marzista-leninista (visto che storci il naso davanti alla parola comunista e non vuoi che si usi in casa)
sposato o promesso sposo
in debito verso Dio e l'umanità.
Non dico che dovresti cercare il contrario di tutto ciò, ma magari una persona che non riunisca queste qualità tutte insieme".

Come vorrei avere più coraggio. Di soldi posso anche fare a meno.

">.

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Di Carvelli (del 21/07/2009 @ 09:32:49, in diario, linkato 674 volte)
Senza saperne spiegare bene il perché. Dei miei tanti difetti il numero non preciso. Dice di sé. Che è collerico, invidioso, troppo o troppo poco sensibile. Troppo o troppo poco attento. Che è vendicativo, che è permaloso. Delle mie tante fortune, la prima, dice però, è essere stato molto amato. Senza un perché. Senza davvero motivi. Lo spiega dicendo che ci combiniamo male e male ci conosciamo. Male ci raccontiamo. Dice che spesso un granello di niente fa tutto. Tutto quello che conta in questa vita qui. Senza dire altro. Che vita è? Come è? Chi lo sa. Non sa rispondere. E' un giorno. Uno in cui pensa queste cose e le dice a me.
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Di Carvelli (del 20/07/2009 @ 09:13:39, in diario, linkato 811 volte)
Ecco fatto. E' successo ancora. Che venga frainteso quel che scrivo. Che possa essere inteso in senso strumentale. Che possa avere a che fare con qualcuno. Che io dica tu pensanzo a tizio e caia. Che io dica io pensando a me. Mi ripeto alla noia: la clausola della scrittura dovrebbe essere "autobiografia sotto mentite spoglie". Perché di io/me non rimane che una muta, una pelle sgraziata, un calco riconoscibile ma senza vita. Sembra ma non è. Sembra molto ma non è. Né è stato, per la verità, così. Esattamente così. Per non sbagliare e non rischiare oggi cito nel mucchio. Al bar dell'ufficio, una mai vista che dice al suo compagno di caffè: "In realtà sono innamorata da sei mesi". Mi chiedo perché abbia aggiunto quel "in realtà". Forse era un modo per gonfiare un benessere troppo breve per essere credibile? Forse era un modo per concretizzarlo. E quel "in realtà" a che cosa seguiva? A un appunto? A un sarcasmo? Mi sarebbe piaciuto sapere il seguito della storia. Come si possono raccontare sei mesi. Con quale entusiasmo, con quale energia di futuro? ma i due si allontanano tazzinamuniti e io rimango lì a fare calcoli su "in realtà". In realtà e in fantasia, dunque. E ora sfido a trovare (o farmi trovare da) detta nuora!
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