Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Meno di uno non è zero. C'è tanto altro in quello scarto breve tra la prima cosa e il nulla. C'è uno scatto di piccole cose. Un'emozione. Colori. Meno di uno c'è il poco che molti devono farsi bastare. Meno di uno c'è uno senza qualcosa, magari un uno appena consumato ma quasi al completo. Meno di uno non è zero.
In piedi, alla Stazione, ho meditato silenziosamente, fumando il sigaro. Mi rendo conto di fare cose senza senso. Non questa ma quelle successive. Fissare senza timidezza persone troppo magre o troppo grasse. Squadrarle, pesarle. Ma senza giudizio. Osservare rapito un uomo che chiede l'elemosina. Sul cartone a pennarello c'è scritto AIUTATEMI SONO L'UOMO SENZA BRACCIO. Rimanere ad ascoltare la musica che esce fuori dalle vetrine (sembra che esca proprio da lì come una specie di irretimento all'acquisto...credo fossero i COLDPLAY). Chiedere a due signorette sui cinquanta passati che si stanno infilando a fatica e in carne in un ape (vi consiglio il bel librino dedicato da Franco La Cecla alla LAPA... nome palermitano per le tre ruote più famose al mondo...editore Eleuthera) se mi danno un passaggio. Camminare senza sapere dove andare mentre lo so benissimo. Sono giorni in cui scopro di non riuscire a comunicare. Non a parole almeno. Per presunzione mi stupisco. Poi rimango sfiancato dai processi linguistici come se fossero inventati lì apposta per prendermi in castagna e per confermarmi che non è come pensavo io. E' come se la testa non mi servisse più. Almeno per pensare. Magari è solo che non so cosa altro farci e quindi rimango lì come (economicisticamente) spaurito di un ingombro inutile. Forse bisogna solo andare più piano, come un ape o uno che gli manca un pezzo.
Sharm el Sheikh, Santo Domingo, Santo Stefano, Santa Maria di Leuca, Santorini (e altri santini)... Pregate per noi. Noi noi. Noi che non siamo andati in vacanza. Gli altri... ma sì, pure per loro. I marciapiedi in questi giori, i bar, i tavoli d'ufficio, sono tutti un rosario di località turistiche. Provo a pensare a un santo mio ma non ce l'ho. Eppure, mai come quest'estate, mi sento in vaso di religiosità. Sarà il mare. Quello che non ho visto. Sarà la mia colonna romana da cenobita...
Non so come si possa definire quella sensazione. Dovrebbe essere una parola tipo "ostacoli". Tu stai tutto concentrato a finire qualcosa o a sviluppare qualcos'altro e, all'improvviso, qualcosa si mette a congiurare contro te. Nella scrittura spesso. Per esempio il mio primo libro ha patito (come si legge nei ringraziamenti) una vicenda di carambole negative (dal file al cartaceo) che rischiavano di cancellarlo. La vicenda di ripete ora via USB. Che dire?! Che forse, proprio quando stai facendo qualcosa che è importante o bello o meraviglioso per te (e tu pensi che dato che sta succedendo qualcosa che è importante o bello o meraviglioso per te tutto deve andare per il verso giusto, di diritto e per definizione) qualcosa congiura contro. E allora che fai? Se ti spaventi crolli (se crolli vuol dire che ti sei fatto spaventare) se no rilanci, ti fai la punta come una matitae prosegui. Anche a matita.
E' una poesia... di questo bel tipo qua...un maestro: Samuel Beckett (Ho detto Beckett non Bekham)
I. cascando
I.
perché no semplicemente la deprecata occasione della effusione verbale?
non è meglio abortire che essere sterili? le ore dopo la tua partenza sono così plumbee cominciano sempre troppo presto a trascinare i rampini a artigliare ciecamente il letto della mancanza svellendo le ossa i vecchi amori orbite già riempite di occhi come i tuoi tutto sempre è meglio troppo presto che mai il nero bisogno spruzzato sulle loro facce di nuovo dicendo nove giorni mai fecero galleggiare l'amato né nove mesi né nove vite
2.
di nuovo dicendo se non mi insegni non imparerò di nuovo dicendo anche per le ultime volte c'è un'ultima volta ultime volte di mendicare ultime volte di amare di sapere di non sapere di fingere un'ultima anche per le ultime volte di dire se non mi ami non sarò amato se non ti amo non amerò il battiburro di parole stantie di nuovo nel cuore amore amore amore tonfo del vecchio pistone che pesta l'inalterabile siero di parole
di nuovo atterrito di non amare di amare e non te di essere amato e non da te di sapere di non sapere di fingere fingere
io e tutti gli altri che ti ameranno se ti amano
3.
a meno che ti amino
1936.
La forma dell'estate è il caldo, il calco di sudore, l'incapacità di pensare a lungo e in profondità. La forma dell'estate è il vuoto, l'economia dei movimenti, una stasi obbligatoria, la voce più bassa, il non contare, il non ricordare. La forma dell'estate è tutte le estati di prima, che non ricordi e tutte le estati dopo che non sai pensare. Forse per avere più pace dentro bisognerebbe avere più estati fuori. Caldo sudore e altre smemoratezze.
Come si dice se uno lavora anche se poi ha piacere di lavorare ma comunque non lo fa sulla spiaggia o in montagna ma nella sua casa? Ma la sera esce e in parte si diverte ma è lì per lavoro. E torna a casa e lavora. Come si dice? La parola giusta non è vacanza. Ma sei riposato e non sei invidioso delle vacanze altrui. la parola giusta non è nemmeno riposo (che chi riposa dorme). Ma anche se manca la parola è stata una bella estate.
Le mode iniziano in un certo modo. Un passaparola e si diffondono. Non so perché ma sono attratto dalla fase2. Quella in cui la stessa moda è fatta propria da chiunque. Per esempio il piercing o il tatuaggio o l'ombellico scoperto. Chi inizia ha tutti i requisiti a posto. Per esempio ventre piatto. E fin lì tutto bene. Per me il bello inizia quando tutto si corrompe e scadono le regole, le inibizioni, la prassi, i divieti, i "sarebbe meglio". Solo allora le mode si democratizzano e si corrompono. Solo allora sono interessanti.
Tutti i discorsi di questi giorni (amici, bar, ufficio echipiùnehapiùnemetta) vertono su una domanda precisa: dove vai in vacanza? Ma non finisce lì. C'è un seguito: con chi vai? Ma soprattutto: fino a quando? Al che interiezioni di ogni sorta...e uno (maschio adulto) che ha avuto il coraggio di dire "quest'anno solo tre settimane" e non aveva un'aria felice.
Il senso della misura. Meglio l'autocontrollo. L'essere presenti a se stessi. Tre come uno: mi sembra questa una delle caratteristiche più importanti di un essere umano senziente. Clonato o no che sia. Non intendo che uno non possa fare le cazzate che vuole. No no. Ma che abbia il senso del giusto. Direte voi...hai pensato tutto ciò in rilievo a quella povera mano di marmo amputata a Firenze? Dirò di no. L'ho pensato ieri sera osservando un tipo che intervistava un altro tipo dal vivo. Imbarazzato io, fischiati loro. Irritati tutti. Il perché era nell'ovvio ma chi appunto non ha il suddetto senso del limite, avvertimento di sé, rimane stupito, interdetto. Farsi qualche domanda in certi casi può servire invece di farle agli altri.
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