Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Rimasto indietro sulle visioni recenti inizio da ieri sera. Anche se con poca emozione e dico sì andate al cinema ma non per forza a vedere On the road. Perché fotografia a parte si tratta di un film che manca un po' lo scopo accontentandosi di una visione parziale e di strada. Senza riuscire ad approfondire più di tanto il viaggio della vita di cui è metafora quella strada che attraversa gli States. Bravi gli attori ma in se stessi. Come esercitazioni di uno stile che tiene in piedi questo tributo mal riuscito a una grande opera narrativa USA (vedi anche Chiedi alla polvere: dimostrazione che è meglio punire di sorvegliare quando si ha a che fare con un talismano, epocale o assoluto che sia). Andate al cinema a vedere Reality perché sì questo è forse il film italiano migliore del momento. Certo si allunga un po' nell'attesa dell'ingresso nella casa e nelle manie di persecuzione che avvelenano il sogno del successo ma alla fine è un'opera importante e riuscita nelle sue ambizioni di trascesa sociologia. Contrariamente a The Truman Show il protagonista in fine entra nel invece di uscire dal sogno di realtà (edulcorata). E lo fa nel solo modo che conosce: di soppiatto, fondendo tristemente aspirazioni di cui si nutre (malamente) e mezzi di cui disponde (inconsapevolmente). Una favola cruenta con un fine lieto solo nelle intenzioni di chi si condanna alla propria sconfitta di realtà. Andate al cinema a vedere Tutti i santi giorni perché Virzì è riuscito a fare un film sull'amore partendo dal suo frutto(?) più immediato e quintessenziale divertendoci amaramente sulla incolpevole necessità di aggrapparci a qualcosa per dire di esistere affettivamente. Effettivamente. E' in questo sostanziale - e strutturale - sbilanciamento che l'amore opera e dispone. Il cupido più vero crea lacci e cordate e in questi tiene assieme personalità diverse, aspirazioni inappagate. Dove c'è amore c'è una salita che magari non arriva mai alla sua vetta. Un'aspirazione, una ossessione e un bisogno. E' il suo bello, direbbe qualcuno. Questo tentare. Delle volte anche questo frustrato non riuscire. C'è a chi piace. E c'è che ogni tanto finisce per piacere un po' a tutti. E per dispiacere. Ma si gioca così.
Andate al cinema. Perché i cinema sono vuoti. Perché i ristoranti sono sempre pieni. Perché al cinema si sta zitti. Perché la persona che vi sta al fianco, vi piaccia o non vi piaccia, è lì al fianco vostro nella sua più completa nudità. Quella del silenzio. Andate al cinema perché dopo avrete qualcosa di cui parlare. Perché davvero lì saprete come la pensa quella persona, fuori dalle frasi fatte dei brindisi, dai complimenti gratuiti che danno il ritmo ai bocconi. Andateci anche per capire come si siede. Dove si siede. Dalla postura capirete tante cose: l'imbarazzo per il vostro corpo, l'imbarazzo del suo corpo. Se parla troppo o troppo poco. Se il silenzio e la concentrazione conservano un po' di attenzione per voi. Per sapere quanto potrete contare nei momenti difficili o di apnea di un pensiero che sia costante e che non vi faccia sentire soli o vedovi o in pausa. Perché non esserci per un altro è il peggio che possa capitare quando le cose sono in salita e qualcuno - anche voi sì - rimane indietro. Andate al cinema. Anche soli. Sedetevi dove state comodi. Allontanatevi da compagnie chiassose. Prendete le distanze dai masticatori, dai chattatori, dagli esseemmessatori, dai commentatori. Andate al cinema allo spettacolo che preferite. A quello in cui potete. Ma provate a farlo di pomeriggio. Quando il mondo si rivolta dalla parte sbagliata del tempo. Se vi capita di andarci troppo tardi addormentatevi senza imbarazzi. Se siete soli qualcuno vi sveglierà. Se siete insieme a qualcuno e ve lo farà pesare saprete qualcosa in più di quella persona. Andate al cinema e proponete ad altri di andarci come un insegnamento porta a porta di una religione che è sempre più iniziatica. Andate al cinema come per officiare un culto d'insieme che un giorno non sarà né un culto né un insieme e questo, se provate a pensarci, non sarà per niente bello.
La struttura dell'idiozia
La struttura dell'idiozia. Un eroe che sorride perché nessuno lo conosce, nonostante sia proprio lui il centro. Con indolenza si fa portare dalla corrente sulla sua barca a remi. La follia è il suo fiume. Tutto è aperto.
Rubare pensieri, legare il fazzoletto per dimenticare e ridere. Cose che fai nel mio nome. "Sono qui e qui rimango". Cose che dici a nome mio. Come se io non fossi io. Cosa che è, in parte, vera. Come vero è, in parte, che non sarai mai me. Cavare ragni dai buchi è il mio sport. Il tuo è rimetterceli. Nel mio nome e ancora nel mio nome. E - dici tu - in nome nostro. "Nostro" lo pronunci ancora con troppa poca convinzione. Poi passi da un lato all'altro della barricata (una barricata che solo tu vedi). Vai per una strada da cui sai che tornerai. E prima di andare dici cose che non pensi. O, dovrei dire, che non sai. Ma sono io che parlo. Mentre tu, come sempre, non ascolti.
capo good evening
fuori qui amano i loro piccoli cani dimessi. e qui non è tanto lontano dal divano al recinto come in america. e la sera quando la luce si spegne su, tra gli alberi si appoggia una piccola ombra dimessa al portone e dice: fuori qui sono amato, capisce, amato
wilhelmshorst, 17 giugno 1994
Trad. di Paola Del Zoppo da Lutz Seiler - La domenica pensavo a dio - Del Vecchio editore
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