Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Ho fatto una "ospitata" a un corso di scrittura tenuto da un'amica. Non sono abituato a parlare più di tanto della mia scrittura in pubblico, né tutto sommato in privato. In privato parlo di più di quello che farei se... Che è sempre un modo di parlare di scrittura. la cosa divertente che mi è successa leggendo alcuni brani dei miei libri che un'allieva mi abbia chiesto (con aria di approvare la scrittura ma non capacitandosi di alcuni passaggi arditi nel senso di contratti o "sperimentali" (?)): "Ma la leggono? La recensiscono?. In effetti...
La mia collega scrittrice che tiene il corso si chiama Daniela Gambino e ha scritto di recente un libriccino che consiglio. Si intitola LE CATTIVE ABITUDINI ed è edito da Drago www.dragoedizioni.it Nel racconto, molto bello, che dà il titolo alla breve raccolta leggo: "Penso che ognuno spacci per il sentire dell'intera umanità quella manciata di sentimenti che sono le sue, limitate, percezioni. (...) Le donne non credono agli uomini e viceversa, proprio quando non credono in loro stessi. (...) Ho capito che una cattiva abitudine è comunque considerata migliore di un'altra da assumere ex novo. Ho capito che comunque, è solo limitato alla mia personale percezione".
Di Carvelli (del 10/05/2010 @ 10:19:29, in diario, linkato 1166 volte)
Prima che il libro finisca nelle mani giuste ancora una poesia di Francesca Serragnoli da Il rubino del martedì
Tu li sbagli spesso i momenti della vita le carezze troppo forti, i baci che svegliano, le domande che irritano. Ma io non li voglio cambiare quei tratti di violetta nel muro slabbrato quello sbagliarsi così limpido del vento che non distingue il cappello dalla polvere. Non avere paura di me tiro i sassi per vedere volare gli uccelli e ricadere la rotta verso di me. Dopo l'esplosione della mia voce ascolto il cinguettio non più mio oh mio sole tiepido d'ottobre che ritorni sempre come se fossi una vetrata trasparente.
Sontuoso (ma forse sì, difficile) concerto ieri dei Kronos Quartet con il gruppo di Quasimov. Purtroppo ho avuto difficoltà a piazzare il secondo biglietto nonostante la gratuità. Deve essere che la parola Azerbaigian sviluppa naturalmente repulsione o terrore. Ecco una interessante lezione per il futuro. Dirò Azerbaigian ogni volta che vorro sfuggire a un assalto o agli autoinviti. Vado a vedere un film dell'Azerbaigian. C'è un concerto di musica dell'Azerbaigian. Quest'estate? Vado in Azerbaigian. E di subito il vuoto si farà.
Ma intanto vale la pena conoscere i propri (o altrui) mostri. http://it.wikipedia.org/wiki/Azerbaigian
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Mentre leggo Roth nuovo con poca passione, ho letto con piacere curioso Ryszard Kapuciński, Autoritratto di un reporter. Mi piace quando spiega l'importanza della lingua per conoscere un paese e le strade, scorciatoie necessarie per appropriarsi dei segreti senza quella. I dettagli di cui parlavo volte fa. Lui per esempio, in Iran, non sapendo la lingua guardava un negoziante come apriva o meno la serranda, da come la chiudeva e altre cose così. Da quello capiva che ci sarebbero state manifestazioni. Scrive Kapuciński: "Mi baso soprattutto sulle impressioni. Comprendere il mondo attraverso lo sguarso aguzza la vista. Sono stato in paesi di cui ignoravo la lingua, mentre dovevo fornire informazioni su quanto accadeva e interpretare i fatti che vedevo. Con un po' d'esperienza si arriva a percepire il mondo con mezzi diversi da quelli linguistici, anche se si tratterà sempre di una conoscenza limitata".Provo a fare lo stesso. Anche con le persone.
Di Carvelli (del 13/05/2010 @ 08:46:09, in diario, linkato 1141 volte)
Ho mancato di parlarvi di un meraviglioso libro che ho letto da poco. Per molti l'invenzione dell'acqua calda. Per me la scoperta dell'acqua calda. S'intitola I racconti della Kolyma lo ha scritto Varlam Salamov e lo trovate ne Gli Adelphi quindi tra l'altrio di questi tempi anche a prezzi stracciati. per ora cito. Poi ci ritorneremo.
"Affamato e inferocito, sapevo che nulla al mondo mi avrebbe costrtto al suicidio. Proprio in quel periodo avevo cominciato a capire l'essenza del grande istinto di conservazione, la qualità dui cui l'uomo è in sommo grado dotato. Vedevo i nostri cavalli sfiancarsi e morire - non posso esprimermi in altro modo, utilizzare altre parole. I cavalli non si distinguevano in nulla dagli uomini. Morivano a causa del Nord, del lavoro troppo gravoso, del cibo cattivo, delle botte - e anche se subivano tutto ciò in misura mille volte inferiore agli esseri umani, i cavalli morivano prima. E capii la cosa più importante: che l'uomo è diventato uomo non perché è una creatura di Dio, né perché nelle mani ha quella cosa straordinaria che è il pollice. Ma perché è FISICAMENTE più forte, più resistente di tutti gli altri animali, e poi perché in seguito ha saputo costringere il proprio spirito a servire con successo il corpo".
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