Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Carvelli (del 23/07/2010 @ 09:07:15, in diario, linkato 1082 volte)
Vi segnalo sul sito della Treccani un mio contributo alla sinonimia del verbo-copula. In breve: Francesca Serafini a cui devo la postfazione del mio libro sul porno (e che qui ringrazio per il coinvolgimento nel progetto) mi ha sollecitato a pensare a una parola/verbo alternativa all'atto sessuale. Devo un sentito grazie alla mia editor Daniela D'Angelo per la conversazione che ha generato il pensiero della parola alternativa. La copincollo sotto e vi segnalo il resto dei contributi.
www.treccani.it/Portale/sito/lingua_italiana/speciali/eros/Glossario.html
stampare
A dispetto del carattere percussivo della parola, mi emoziona ricordare che con un gesto di semplice impressione vengano tradotti, in una concretezza che non svapora, fatti emotivi e immateriali. Succede così, in una stamperia o con l’Atto Primo. Anche questo ultimo, infatti, ha una sua meccanica che traduce e riproduce, con regole tipografiche sue, più o meno sofisticate, desideri, intenzioni e anche un po' di futuro. Effetto e causa di emozioni. I siciliani usano persino la locuzione “stampare un bambino” e tutto lascia pensare che, anche nella apparente serialità della parola, sia possibile riprodurre pezzi e idee uniche, non numerabili. Indimenticabili. (Roberto Carvelli)
V. ha detto "ora sono pronta" e voleva dire che non era più il caso di aspettare. Dopo ha preso un gelato alla pesca ha guardato un cane che aspettava fuori dalla gelateria con l'aria di compatirlo e ha detto "nessun guinzaglio più". Voleva dire, credo, che si sentiva libera. Voleva dire, credo, che qualcosa che c'era prima ora non c'era più. Era una corda che solo lei vedeva. Il gelato alla pesca, ha detto, è buono. Era lunedì.
Sono in bici. C'è questa canzone
">. Mi vibra il cellulare nella tasca del pantaloncino. E' C. che chiede se può passare da casa mia. Gli dico che sto in bici e che al limite mi può raggiungere. C'è questo mio amico C. marito di I. che ogni tanto mi chiama. Non so cosa pensa di me ma mi ha proposto di fare la voce recitante di un testo di musica-teatro, sinfonia da camera e voce. Una roba anche molto famosa. Non so cosa pensa e come gli è arrivata questa idea che dovrei fare questa cosa con lui ma gli ho detto di sì - in definitiva sono uno facile al sì io, a pensarci bene - e così parliamo di questa cosa e pedaliamo. Parliamo di cose che ci sono successe nella giornata e pedaliamo. Mettiamo fianco a fianco i nostri strani mondi. Il suo quello della musica, il mio un po' indefinibile a cerniera tra impiego e ragione (con un po' di diniego). Non riesco davvero a capire perché mi chiede di fare cose insieme. Ma mi diverte. Mentre lo aspetto che ho già fatto una mezz'ora di pedalate (poi ne faremo un'ora insieme) continuo a sentire il brano di prima e giro a tondo tra i villini per attenderlo. Il parco è un vorticare di sudore e cani, mi sembra tutto così stupidamente bello, indefinibilmente inutile il mio ragionare su cose irragionevoli, fatalmente intellettuale discettare di minchiate con C. che persino pedalare mi sembra un'attività creatrice e universale, profondissima. Anche quando all'improvviso la ruota è sgonfia di brutto (ho bucato a pochi passi da casa) mi rendo conto di quanto amo la vita degli insetti e dei rospi ma così senza ragione. Torniamo a casa mia, pedalo sul morbido del copertone svuotato. C. mi dice che andrà a casa a farsi una doccia. Anch'io farò la stessa cosa. Poi ognuno alla sua magnifica serata. Goodbye.
La vita cambia dalle piccole cose. Il citofono è uno solo. Se suoni una sola voce risponde. Un solo cancello si apre. Una linea dritta. Se suoni, se si apre, una sola via. Andare e basta. Non "sali", non "scendi". Se suoni è tutto semplice. Non ci sono pensieri in mezzo. Nessuna complessa comunicazione. Se decidi di venire qui dopo è solo entrare. Se decidi non ci si può perdere nei meandri delle scale, dei portoni, degli ascensori. Niente potrà più succedere in mezzo. Se suoni, vieni. Tutto qui, semplice.
E' incredibile il modo in cui usi le parole. Certe volte avrei voglia di abbracciarti, toccarti ma non faccio nemmeno in tempo ad avvicinarmi che tu hai già messo in mezzo delle parole e allora mi ritraggo. Tu usi le parole come se fossero del filo spinato. Sei quello che apparentemente accoglie gli altri, comunica, mette le persone a proprio agio ma poi separi. E' proprio una questione fisica: se mi avvicino per abbracciarti non posso sentirti. Tu parli e mi costringi ad allontanarmi.
Tu non ami nessuno, nemmeno te stesso.
Una volta mi ha fatto impressione. Ero a casa tua e ho visto che prendevi tra le braccia il gatto. Allora ho pensato "allora quest'uomo è capace di essere affettuoso, caloroso" e mi sono stupita. Lo avevo visto un'altra volta coi bambini.
E' strano perché io sento che sei una persona di corpo. Anzi sono sicura che sei una persona più di corpo che di idee. Sei tu che fai di tutto perché gli altri pensino il contrario.
Ho visto Predators, in programmazione nelle sale come si va a vedere un esperimento di reazione sociale. E' pomeriggio. Quindi sole. Entro al buio così passo dal sole più luminoso alla giungla più ombrosa. Ogni scena è accompagnata da sussulti e trasalimenti. Al mio fianco adolescenti e adolescentesse. Un ohhh continuo. La definizione è: primo tempo un ohhh ogni dieci minuti, ultima mezz'ora un ohhh ogni minuto. Ecco la mia recensione. Bello o brutto non so dire. Fuori è di nuovo luce. Mi sembra di essere uscito da un sogno un po' infatile e verde, autoconcluso. Film della paura vs film della commozione. Il tutto in uno scarto di sensazioni. Tremare contro piangere. Reggere il bracciolo contro guardare da vicinissimo i fazzoletti. Quale rappresenta meglio il reale?
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