Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
E' probabile che ci siano film belli e brutti, riusciti o meno. Film difficili o facili. In breve, ci sarà anche una categoria "film da vedere" (mentre non immagino, per quanto spesso sono in dissenso con qualche pellicola, esistano "film da non vedere"). A questo gruppo iscrivo L'amore buio di Antonio Capuano. Un film che credo mi rimarrà addosso per un po' con tutta l'involontarietà dei racconti forti, senza forma e senza troppa narratività ma con molta significazione emotiva. Con due attori (non attori?) bravi. Irene De Angelis (qui in foto)
e Gabriele Agrio. Entrambi bravissimi. E' bello (anche se difficile per chi è abituato a consumare tv e cinema di tv) lo sguardo di Capuano. In particolare quello dall'alto su una Nisida raggiungibile e irraggiungibile (sede del carcere minorile del film) e quello in soggettiva (vedi ancora foto) di Irene sui muri dei vicoli. Vivere la vita che viviamo, vivere la vita che non vorremmo vivere. E' in questo scarto la profonda pietas di Capuano che mastica bassi ed emergenza in una pasta con la volontà di liberazione che pare impossibile eppure così naturale. C'è salvezza? C'è la possibilità di salvezza? Capuano pare dire di sì ma senza retorica. Un pericolo sempre incombente quando si analizza "la caduta". Quella altrettanto naturale determinata da contingenze difficili da immaginare per chi ne è distante. Quella chehai addosso senza sapere fin dove ti porterà e quando e quella che senza che tu lo sappia ti sta per intruppare contro. E poi ci sono le conseguenze, la diliera degli effetti, il domino dell'ineluttabilità ripetuta dell cadute. E' un dono raro per un regista avere tanta lievità nel male. Un distacco pietoso, difficile da cercare davanti al male e alla sua rappresentazione.
Recensione di Mario Andrea Rigoni (Corriere della Sera 20 settembre) su recente pubblicazione da Aragno di Biglietti del mattino di Piovene. Scriveva Piovene: "Chi s'occupa di letteratura e di letterati, in Italia? Il popolo no, questo si sa: la borghesia che lavora, nemmeno. Se n'occupa solo un piccolo giro di borghesia disoccupata; la quale però, pur divertendosi, qualche volta, se ne infischia altamente di letteratura e di idee".
Mentre si annuncia una raccolta delle poesie di Claudio Damiani per Fazi vi linko una delle sue poesie più belle, anche se l'avrò già linkata.
Che bello che questo tempo
è come tutti gli altri tempi,
che io scrivo poesie
come sempre sono state scritte,
che questa gatta davanti a me si sta lavando
e scorre il suo tempo,
nonostante sia sola, quasi sempre sola nella casa,
pure fa tutte le cose e non dimentica niente
- ora si è sdraiata ad esempio e si guarda intorno -
e scorre il suo tempo.
Che bello che questo tempo, come ogni tempo, finirà,
che bello che non siamo eterni,
che non siamo diversi
da nessun altro che è vissuto e che è morto,
che è entrato nella morte calmo
come su un sentiero che prima sembrava difficile, erto
e poi, invece, era piano.
A mio modo di vedere il racconto più bello del libro che vi ho spottato giorni fa, ovvero Visera di Varlam Salamov, si intitola Nel lager nessuno è colpevole. Datemi un'antologia scolastica che ce lo butto dentro paro paro. A voi cito questa frase iniziale, strepitosa. Premessa: il narratore spiega perché non ha mai chiesto consiglio a nessuno né ha raccolto confidenze altrui "Per amore del prossimo. Un segreto altrui è gravosissimo, insopportabile per chi sta nel lager, per il farabutto e il vigliacco che si celano in fondo a ogni uomo". E dopo: "Non sono abituato ad ascoltare gli altri e a seguire i loro consigli, non l'ho mai imparato. Per quanto buono, un consiglio è inevitabilmente pessimo per il fatto di essere un consiglio altrui".
Un mio caro amico mi ha fatto dono di un numero di Vita monastica, pubblicazione di Camaldoli. Il numero contiene nell'ottica di un "Avvicinarsi al buddhismo" un saggio del professor Craveri che ho trovato interessante. Scrive il professore: "Ma il dolore esistenziale (come sapete tutto il pensiero buddista parte dalla meditazione e dall'azione sulla sofferenza, sulle sofferenze, quelle fondamentali - nascita vecchiaia malattia morte Nota di Carvelli) non è assoluto. Questo è il messaggio di speranza. Il dolore ha una causa, ha un'origine, quindi è relativo: ha avuto un inizio, può avere una fine, può essere vinto". Facendo un salto dal lager all'India, all'Italia, all'Ovunque mi preme pensare, mi spremo per pensare, che questo viaggio a ritroso nelle cause è un viaggio personale, con guide sì, ma senza compagni di viaggio - se non nel senso morbido della parola. Credere che qualcuno farà per noi (non con noi) è l'ennesima illusione che va dissolta. Nostro è il viaggio. Nostra la causa: speciale, unica, riservata. Non c'è spazio per l'altrui anche se l'altrui va ascoltato. Ma poi, subito, dimenticato.
La mia tartare contiene - al di là del macinato di vitella ben scelto - cipolla bianca, prezzemolo riccio, capperi (tutto tritato fine), senape, salsa worchester, tabasco, sale pepe nero, due tuorli. E' la mia tartare. Non l'altrui. So che l'altrui è diversa. Ma è la mia e mi piace così.
Una delle pagine che leggo con più piacere su Repubblica delle Donne è quella delle domande. Sull'ultima un quesito invitava a scegliere tra una mano sulla schiena e un braccia attorno al collo (ricordo bene?). Mille volte meglio una mano sulla schiena: dare e ricevere. Quanto spesso mi pento invece di aver girato un braccio sul collo di qualcuno/a. C'è un che di offensivo con una parentela ma così lontana dalle esternazioni adolescenziali da meritare una pronta cancellazione. Pentita per improprietà.
Faccio ammenda per la risposta di ieri. Non credo che la successione di amore mangiare e preghiera fosse corretta. Credo, in definitiva, che noi preghiamo per riuscire ad amare. Se amassimo - parlo di un amore davvero diffuso e non egoistico - con la naturalezza che le è propria non avremmo bisogno di pregare. la preghiera è un mezzo per provare ed (ad) espandere l'amore. Del mangiare che dirvi...
">.When you were here before, Couldn't look you in the eye You're just like an angel, Your skin makes me cry You float like a feather In a beautiful world I wish I was special You're so fuckin' special But I'm a creep, I'm a weirdo What the hell am I doin' here? I don't belong here I don't care if it hurts, I wanna have control I want a perfect body I want a perfect soul I want you to notice when I'm not around You're so fuckin' special I wish I was special But I'm a creep I'm a weirdo What the hell am I doin' here? I don't belong here, ohhhh, ohhhh She's running out again She's running out She run run run run... run... run... Whatever makes you happy Whatever you want You're so fuckin' special I wish I was special But I'm a creep, I'm a weirdo What the hell am I doin' here? I don't belong here I don't belong here...
Ennesimo brutto film. Ama mangia prega. C'è qualcosa di imperativo che già mi disturba nel titolo. L'aria manichea è riaffermata nella quasi studiata successione dei verbi, delle azioni. L'episodio (ma non è un film a episodi) più brutto è "mangia" che è ambientato in un'Italia-macchietta. Una mancanza di mezzi tecnici fa trasalire il mio cinema alla visione di tanta romanità sciatta. Quasi un orgoglio. Si salvano alcune meditazioni sulla meditazione (cose ben dette anche se fuori contesto sembrano a barzelletta anche queste). Alcune cose dell'amore. Alcune. L'amore è ipotetico o affermativo? Entrambe. O: un po' e un po'. Ho visto la risposta a pag.46, invertendo la copia del mio giornaletto. Dunque, ancora un brutto film su cose belle. Alla fine solo un po' di fame, solo un piccolo languore alimentare a casa sparito. Beh anche qualche idea a prescindere sull'esatta successione degli imperativi (con un po' di ipotesi). Mangia prega ama è la mia risposta ma la soluzione è sul prossimo numero. Se ci sarà un prossimo numero.
">.
Possibile che uno faccia gli stessi gesti di venti anni fa? Che venti anni non abbiano creato una discontinuità? Forse sì. Mi domando cosa serva per cambiare piccole abitudini distratte come toccarsi in un certo modo la bocca o piegare la testa da una parte. Forse serve qualcosa che rompa in maniera definitiva un codice naturale. Qualcosa di innaturale.
">.
|