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Il giorno di pasqua, così, per ossequio alla tradizione abbiamo visto Habemus papam e ci è piaciuto. Addiritttura si è detto dopo: il miglior film di Moretti. ma è presto per dirlo. Io sinceramente avrei resistito al clamore del finale. ma è una scelta estrema che rispetto. Il film è bello: è un film sulla perfettibilità della debolezza di contro alla imperfezione della forza. A ben vedere è un film sulla bellezza della fallibilità. Essere fallibili vuol dire essere umani molto umani. E essere molto umani è garanzia del divino. O la sua spinta naturale. Ma il punto è sempre nella trascendenza. Siamo noi che ci muoviamo verso il cielo cupo del mondo o il divino si cala in noi e ci rende degni di rischiararlo. Io la penso number one. Ma in tutti i casi immagino che il film possa aver irritato mettendo, apparentemente, in discussione la dotazione perfetta della fede. Non credo sia così. Mi scoccia pure un po' dire che è un "fuilm profondamente religioso" come occorre in certe barbose attestazione assopigliatutto di molti sedicenti fedeli. Ma di sicuro è un film da meditare più che da repellere.
Tre sono le cose che servono per essere felici. La seconda è il sonno. Ma anche la prima. Erano un po' di giorni che ero intrattabile come dicono gli osteopati, i fisiokinesicomesidice, i chiropraticamentenonricordo. Insomma. Intrattabile pure da me. Ma stanotte ho dormito dieci ore - tanto che ho pensato per un attimo di essere morto - e oggi va decisamente meglio. Tre sono le cose che fanno la felicità, la prima o la seconda, ora non so dire, è dormire.
A casa
Quando passi da solo la notte, e hai un po' bevuto, ma non sei ubriaco, in mezzo a neve, polverio e faville, Dio sa da dove, prendi la via di casa,
la casa dove ci si stende e si fissa il vuoto, ma riempirci, naturalmente, si potrebbe di reminiscenze, chiacchiere, omelie di parole, con cui si pavoneggia il tempo come presente,
eppure dietro e davanti ad esso sono l'avo e i pronipoti, avvicendantisi e divisi: pensi tu che non sia la secolare illusione ad indugiare in te sguardo ed immagine?
Gottfried Benn (Traduzione di Ferruccio Masini)
Di Carvelli (del 21/04/2011 @ 08:30:53, in diario, linkato 1842 volte)
Aprèslude Devi saperti immergere, devi imparare, un giorno è gioia e un altro giorno obbrobrio, non desistere, andartene non puoi quando è mancata all’ora la sua luce. Durare, aspettare, ora giú a fondo, ora sommerso ed ora ammutolito, strana legge, non sono faville, non soltanto – guardati attorno: la natura vuoi fare le sue ciliegie, anche con pochi bocci in aprile le sue merci di frutta le conserva tacitamente fino agli anni buoni. Nessuno sa dove si nutron le gemme, nessuno sa se mai la corolla fiorisca - durare, aspettare, concedersi, oscurarsi, invecchiare, aprèslude.
Gottfried Benn
Mancando di tv ogni volta che mi ricapita di finirci davanti rimango sorpreso e contrariato dalla pubblicità. Specie da quella cosiddetta "messaggio promozionale in calce". Quella in cui un testimonial finge di essere nella sua casa a mangiare conversando con amici. Che brutte case penso (anche se sono belle)! Che amici noiosi penso (ma forse lo pensa anche il testimonial o forse lui stesso non è un gran conversatore)! In tutti i casi pare che davvero non abbiano nulla di interessante da chiedersi. Ma poi che succede? Ecco che arriva una ragazza fascinosissima che mostra una possibilità di dessert. La mostra e basta. Ne parla sempre il testimonial con l'aria "fidatevi di me". Ma la ragazza ha un suo perché e il perché è: mentre il testimonial esalta il prodotto lei indica la "pratica confezione" con un dito che la indica e insieme la carezza voluttuosa. Questo è quanto. Quanto ho visto. Quanto perdo everyday senza TV.
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