Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Che qualcosa si potrà sistemare, qualcosa no. Che quel che è fatto è fatto ma si può fare ancora qualcosa. Che gli errori sono errori anche quelli che non sembravano tali. Ma sono stati fatti bene e senza pentimenti. Il resto non lo credo ma lo crederò.
Nessuno come me sa come si fa a saper far stare bene bene o male male una persona. Nessuno come me e con la mia stessa naturalezza e incoscienza. Mi chiedo cosa rimarrà di tutto questo bene e male che ho creato. Di tutta la felicità che ho promesso e mantenuto e del dolore che ho comminato con la stessa impertinenza leggera. Di tutte le persone che mi hanno chiesto di stare bene ancora o di non stare male più. Cosa ne sarà di tutte le proteste, delle lacrime che ho visto, dei musi lunghi che ho guardato senza imbarazzo. Delle porte sbattute, dei telefoni appese. Degli sms che ho mandato e ricevuti severi e vendicativi. Di qualcosa che volevo fare e non ho fatto. Non ho potuto fare. Di questo solo ho un breve pentimento.
Approfittando di due piccoli buchi in un viaggio di semilavoro e semifamiglia ho visto le belle mostre di Matisse a Brescia, Mimmo Paladino e Alberto Savinio (mi ha colpito un po' meno) a Milano. Alle volte mi trovo ad ammirare quegli scrittori e pittori (penso ora anche a Morandi) che scrivono sempre lo stesso libro o dipingono lo stesso quadro. Come fosse un'ossessione. Come fosse un accanimento esegetico. Così è Matisse con i suoi nudi femminili anche se il Matisse che amo di più è quello più arabescato tra oriente e occidente. Ma la frase che mi ha colpito e che qui vi riporto è di Savinio e la faccio mia: "Non si è artisti se non si è dilettanti. Se non si supera la parte faticosa dell'arte, se non si arriva al diletto".
“Nelle sue fantasie su altri uomini, via via che invecchiava, uomini diversi dal marito, non sognava più l’intimità sessuale, come faceva prima, forse per vendetta, quando era arrabbiata, forse per solitudine, quando era arrabbiato lui, ma sognava solo l’affetto e un profondo senso di comprensione, tenersi per mano e guardarsi negli occhi, spesso in un luogo pubblico come un caffè”. Questo è l’incipit del racconto Tradimento di Lydia Davis tratto da “Creature nel giardino” (brutto titolo) che ho acquistato andando sul sicuro (avevo letto Pezzo a pezzo) insieme a Mavis Gallant (Piccoli naufragi) andando sul sicuro anche qui (ho letto tutto quello che è stato pubblicato sinora). E siccome ho letto anche Doppio Sogno di Arthur Schnitzler (che si può in definitiva sussumere come una specie di exemplum sulla diversità del tradimento maschile e femminile) vi volevo parlare, in definitiva, di tradimenti. O del numero tre. Uno, lei, l’altro (e varianti). Che è anche il tema di uno dei racconti della raccolta della Gallant, intitolato “Sciarpe, sandali e collane” (un passaggio di matrimoni in verità abbastanza allegro). Vi volevo insomma parlare di quando cerchiamo altro da quello che abbiamo. Di quando troviamo (o speriamo di trovare) in qualcun altro quello che non troviamo in chi amiamo. Del fatto di amare qualcuno che non ci riami (e in questo magnificare la nostra libertà di dolerci). Di quando vorremmo essere amati da qualcun altro. Ma in realtà vi voglio solo parlare della felicità che cerchiamo. E di quella che non troviamo. Da cui definirei il tradimento: ricerca di un benessere impossibile. Ma anche questa definizione non mi soddisfa come non soddisfa un tradimento che poi in verità ristabilisce un equilibrio. Insomma. Forse non so bene di che parlare e così mi taccio. E consiglio questi due libri e il classico Doppio sogno.
Ha pensato a quelle inulili gelosie. Quelle di chi aveva pensato che avrebbe potuto insidiare una loro possibile preda, una specie di oggetto di desideri. Una cosa comunque sgradevole. Ha ripensato a quello strano imbarazzo di loro stesse (prede) che assistevano a tutte quelle schermaglie ma senza orgoglio. Eppure senza dissenso. Ha pensato a quelle faticose e necessarie manovre di tranquillizzazione. Tutto il tempo inutile speso per dissuadere il loro terrore. Gli torna in mente con dispetto e disappunto la parola "competizione".
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