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Ho visto Il rosso e il blu. E mi è piaciuto. Molto, direi. Giuseppe Piccioni è bravo (il film precedente era un po' lacunoso nell'organizzazione narrativa pur se ricco di immagini di novità e tributi truffauttiani) e la corda della commedia gli giova più di quello che si possa pensare. Lo alleggerisce e lo premia nella varietà di corde che allentano la morsa della malinconia. Il film è ben scritto e gioca con leggerezza tra i cliché (l'unico che mi suscita un po' di stridore è quello della prostituta orientale di un puccinismo un po' impanato e fritto). Ma, a mia memoria, e a memoria del genere, si inscrive in una bella tradizione dei film sulla scuola con onore (traendo ispirazione dalla narrativa sulla scuola di Marco Lodoli). Gli attori - bravi - sono ben diretti. In particolare eccelle Lucia Mascino nella sua piccola ma preziosa parte di cesura tra vecchio e nuovo, inizio e fine, vita e morte (la più bella trovata di scrittura scenica). Mentre troneggiano il solito enorme Herlitzka, la Buy mai così a fuoco e nelle righe e fa la sua bella figura anche Scamarcio. Mi spendo su questo film nel timore che possa passare inosservato nelle tante uscite e nella percezione di una cinematografia italica valida (negli ultimi anni il giudizio è ragionevole) solo nella commedia più commedia. Qui i piani si confondono e questo rende il film riuscito. Riuscito spaccato sociale, riuscita visione dell'insegnamento, riuscito racconto del dolore e del bello che la scuola attraversa a volte con inconsapevole centralità generazionale.
Devo dire tutte le parole che non dici tu. Le parole che iniziano per io, quelle che finiscono per tu. Devo dire tutte le parole che non dici tu. Devo fare tutto io insomma. Ma tu devi avere l'impressione che stai facendo tutto tu. Poi devo fare come se fossi te e come se fossi io. E anche lì devo fare tutte le cose che non fai tu. E quando tu dici "tocca fare tutto a me" dire pure di sì. Sembra una cosa un po' tristemente ministeriale. Eppure nel destino di qualcuno esiste questa piccola forma di spersonalizzazione e raddoppiamento. Alla fine anche un attore nasce così. Alla fine anche una star muore così. E tutti la piangono due volte. Una per lui o lei e una per tutti gli altri che sono stati o state. E anche per sé (come se loro che piangono fossero quello o quella che è pianto, pianta). Un po' come piangere due volte: una fuori e una dentro di sé. Così alla fine siamo fortunati... Così alla fine sono fortunato a essere due volte me. Una per me e una per te.
Mi piace il mio corpo quand'è col tuo corpo. È una cosa tanto nuova. Muscoli meglio e nervi di più. Mi piace il tuo corpo. Mi piace quel che fa, e il come. Mi piace sentir la sua spina dorsale, le sue ossa e il tremolante -liscio-sodo che bacerò ancora ancora e ancora di te mi piace baciare questo e quello, mi piace, lentamente accarezzare, il folto elettrico pelo, e quel che viene a carne che si separa... E occhi grandi briciole d'amore,
e forse mi piace il brivido
di sotto me te così nuova
Appartamento ad Atene è un film girato in Puglia. Il regista (Ruggero Dipaola) è italiano. E' tratto da un libro scritto da un autore americano (Glenway Wescott). Gli attori (tranne uno solo, mi pare) non sono greci. A parte questo è una riuscita opera prima dove Atene sta lì nel titolo come un "greciainminiatura" da mirabilandia. Potenza della fantasia di location a Km0, lontani da sé.
L’uomo di neve
Si deve avere un animo d’inverno Per contemplare questo gelo e i pini Con le rame incrostate dalla neve;
E avere avuto freddo lungo tempo Per guardare i ginepri irti di ghiaccio I rudi abeti nel brillìo remoto
Del sole di gennaio; e non pensare D’alcun duolo nel gemito del vento, O nel suono di queste poche foglie,
Voci di una regione visitata Da quel vento che sempre Sibila sullo stesso nudo luogo
Per chi ascolta, chi ascolta nel nevaio, E nulla in sé medesimo, contempla Là quel nulla che è e che non è.
Traduzione di Renato Poggioli
http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2007/07/23/tradotti-dal-silenzio-4-wallace-stevens-parte-prima/
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